La fallibilità delle società partecipate

novità per le società partecipate dagli enti locali, fra cui spicca il caso del fallimento della società a partecipazione pubblica, coi riflessi sulle azioni di responsabilità verso gli amministratori

Fallibilità delle società partecipate e giurisdizione sulle responsabilità degli organi sociali

Il tema della presunta fallibilità o meno delle società partecipate dagli enti pubblici impegna da tempo la giurisprudenza che ancora sulla questione non è giunta a conclusioni univoche e spesso resa protagonista di sentenze dalle conclusioni contrastanti.

Sulla dibattuta questione si segnala la sentenza n. 22209 del 27 settembre 2013 della Sezione I della Cassazione civile che riconosceva la fallibilità delle società partecipate dagli enti pubblici.

Alla base dell’interpretazione veniva richiamata la natura di soggetto privato della società che non poteva venir meno solo per il solo fatto che un ente pubblico ne possedeva, in tutto o in parte, il capitale.

Si faceva presente che proprio dall’esistenza di specifiche normative di settore che, negli ambiti da esse delimitati, attraggono nella sfera del diritto pubblico anche soggetti di diritto privato, può ricavarsi a contrario, che, ad ogni altro effetto, tali soggetti continuano a soggiacere alla disciplina privatistica.

La scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, ad avviso della Sezione, comportava anche che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza.

Le medesime motivazioni vengono riproposte nel Decreto del 14 gennaio 2014 del Tribunale di Pescara, che consente ad una società in house l’ammissione al concordato preventivo, asserendo che il contemperamento fra tutela dei creditori e necessità di efficiente gestione del servizio non va cercato nell’applicazione di istituti di privilegio, tipicamente previsti per enti pubblici, che operano sul piano dell’attività (come l’esenzione dal fallimento).

L’orientamento giurisprudenziale delineato dalla sentenza della Cassazione civile era stato confermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza del 25 novembre 2013 n. 26283, in cui si puntualizzava che le società di capitali costituite da enti pubblici per il perseguimento delle finalità loro proprie non cessano di essere delle società di diritto privato a causa della partecipazione pubblica; e la disciplina alle quali sono sottoposte, salve espresse deroghe legislative, è quella dettata dal Codice Civile.

Le Sezioni Unite a questo punto, basandosi su tale prospettiva, illustravano un ampio quadro della giurisdizione sulle responsabilità derivanti da azioni di mala gestio imputabili ai componenti degli organi sociali alle società partecipate dagli enti pubblici.

Le Sezioni Unite sostengono che la responsabilità nei confronti della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere che grava sugli organi sociali, assoggettati alle medesime norme sia quando designati dai soci secondo le regole generali dettate in proposito dal codice sia quando eventualmente designati dal socio pubblico in forza dei particolari poteri a lui spettanti (art. 2449 cit., comma 2), opera sempre nei termini stabiliti dall’art. 2392 C.C. e ss., non diversamente che in qualsivoglia altra società privata, con la conseguenza che il danno cagionato dagli organi della società al patrimonio sociale, che nel sistema del codice civile può dar vita all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non è idoneo a configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti.

Le Sezioni Unite colgono tuttavia l’occasione per approfondire, partendo dal quadro generale, il quadro giurisdizionale specifico delle società in house. Sulla base delle caratteristiche peculiari delle gestioni in house, che si configurano di fatto come una longa manus dell’amministrazione pubblica, la Cassazione indaga l’inquadramento giuridico delle società in house, che

«hanno della società solo la forma esteriore ma, come s’è visto, costituiscono in realtà delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi».

Le Sezioni Unite concludono pertanto sostenendo che alla luce delle considerazioni sopra esposte gli organi sociali delle società in house sono soggetti per i danni recati alla società stessa alla giurisdizione della Corte dei conti, in virtù di un rapporto di servizio che li lega direttamente all’amministrazione pubblica controllante.

Riferimenti giurisprudenziali

Cassazione civile, Sezione I – sentenza n. 22209 del 27 settembre 2013

Tribunale di Pescara – Decreto del 14 gennaio 2014

Cassazione, Sezioni Unite – sentenza del 25 novembre 2013 n. 26283

Servizi di igiene ambientale e mancata istituzione degli ATO

La Sezione Lombardia della Corte dei conti nella Delibera n. 20/2014/PAR del 17 gennaio 2014 riprende le conclusioni della sua precedente prassi (si richiamano le Deliberazioni n. 531/2012, n. 362/2013 e n. 457/2013), che, nelle more dell’istituzione degli ATO, lascia in capo ai Comuni la potestà di gestione del servizi di igiene ambientale.

Si precisa tuttavia che l’affidamento in concreto di detto servizio (anche nell’ipotesi di gestione già instaurata) non potrà comunque che avvenire secondo i principi di trasparenza, parità di trattamento e concorrenza e, in ogni caso, tramite procedure di selezione comparativa, escluso ogni automatico rinnovo in favore degli attuali affidatari.

Nomine di rappresentanti dell’ente pubblico nella Fondazione

Il TAR Lombardia, Sezione Brescia, nella sentenza del 23 gennaio 2014 n. 68 attribuisce al giudice ordinario la giurisdizione sugli atti di nomina o revoca dei rappresentanti di un ente pubblico nell’organo amministrativo di una Fondazione costituita come ente di diritto privato.

Errato contenuto delle buste

Il Tar Puglia, Bari, Sezione I, nella sentenza del 21 gennaio 2014 n. 72 reputa legittimo il provvedimento di una stazione appaltante che aveva escluso da una gara di affidamento un soggetto che, in violazione della lex specialis del disciplinare di gara, aveva erroneamente inserito la dichiarazione sulla sicurezza nella busta destinata ai prezzi.

12 febbraio 2014

Marco Catellani