La distribuzione dell'onere della prova sulle operazioni inesistenti

in caso di contestazione di operazione inesistente relativa a costi documentati da regolari fatture, l’onere della prova dell’inesistenza spetta all’ufficio finanziario

Nel caso di costi documentati da fatture relative ad operazioni ritenute inesistenti, l’onere della prova spetta all’ufficio finanziario.

La Suprema Corte, con la sent. 24 luglio 2013, n. 17959, ha affermato che incombe all’ufficio finanziario l’onere di provare l’inesistenza delle fatture per potere contestare l’illegittimità della detrazione Iva operata dal contribuente.

La norma che prevede l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è contenuta nell’art. 8 del D.lgs. n. 74/2000, dove emerge che il reato è punito con la reclusione da un anno e sei mesi fino a sei anni, mentre il successivo art. 9 prevede un’esimente per coloro che concorrono con il soggetto che si avvale di fatture o altri documenti falsi, escludendo la configurazione del reato di emissione di fatture false.

La giurisprudenza di legittimità ritiene che i reati in materia fiscale di cui agli artt. 2 e 8, D.lgs. n. 74/2000, sono speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato di cui all’art. 640, c. 2, n. 1, c.p.. In materia di IVA la “frode” è data dalla presenza del dolo specifico consistente nella finalità di consentire a terzi (soggetti utilizzatori delle fatture o dei documenti falsi) l’evasione delle imposte, l’indebito rimborso o il riconoscimento di un credito di imposta. Non si realizza tale figura criminosa quando la società destinataria della fattura irregolare non la contabilizzi perché relativa ad un operazione non imponibile ex art. 8 Dpr n. 633/1972. (Cass. 19234/2005).

Nel caso di specie la società, esercente attività di costruzioni di motocicli e motoveicoli, ha presentato istanza di rimborso del credito Iva al concessionario sulla base di due fatture relative alla cessione di beni destinati alla rivendita. La CTP accoglieva il ricorso mentre la CTR annullava gli avvisi di accertamento e il contribuente ha proposto ricorso per cassazione eccependo che il giudice di appello aveva ritenuto di far gravare sul contribuente l’onere di comprovare l’esistenza del diritto per l’Iva per le due fatture

La Suprema Corte ha affermato che nel caso di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione sia effettiva, atteso che lo stesso ha l’onere della tenuta delle scritture e dei documenti contabili i cui dati sono indicati nella dichiarazione dei redditi. L’ufficio, invece, ha l’onere di dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è stata mai posta in essere ovvero che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie. Tale prova potrà essere raggiunta anche attraverso presunzioni semplici di cui all’art. 54 Dpr n. 633 del 1972, che rappresentano una prova completa a cui il giudice di merito può far riferimento, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale.

Il giudice dovrà valutare, singolarmente o complessivamente tutti gli elementi probabili forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio. Solo nel caso, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità. precisione e concordanza, dovrà valutare la prova contraria fornita dal contribuente, che ne risulta obbligato ai sensi degli artt. 2727 e 2697 c.c..

L’orientamento espresso dalla Suprema Corte nella presente sentenza è senza dubbio positivo per il contribuente, risultando conforme ad altri precedenti pronunciamenti.

In tal senso si richiama la sent. n. 1110/2013 in cui si afferma analogamente che in tema di accertamento, nel caso di costi documentati da fatture che il fisco ritiene relative ad operazioni inesistenti, la prova non spetta al contribuente ma all’amministrazione finanziaria che adduce la falsità del documento. Tale onere sussiste anche in caso di presunzioni semplici ex art. 39 Dpr n. 600/1973 purchè siano gravi, precise e concordanti (cfr. Cass. n. 15741/2012).

14 dicembre 2013

Enzo Di Giacomo