Il finanziamento soci è necessariamente a titolo oneroso? In quali casi scatta la presunzione fiscale di maturazione degli interessi?

il TUIR presuppone (a fini fiscali) che il finanziamento erogato dal socio alla società sia a titolo oneroso, in realtà nella grande maggioranza dei casi tali finanziamenti sono erogati dai soci a titolo gratuito: analisi delle implicazioni fiscali

L’art. 46 del TUIR contiene una presunzione di dazione a mutuo delle somme erogate dal socio alla società ove dalle scritture contabili non risulti un diverso titolo:le somme versate alle società commerciali …, dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo”.

A questa disposizione, si affianca, poi, l’art. 45 c. 2 del TUIR, che pone una serie di presunzioni aventi ad oggetto la percezione, la competenza, nonché la misura degli interessi relativi ai capitali dati a mutuo.

In particolare, secondo quest’ultima disposizione fiscale, gli interessi sui capitali dati a mutuo si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuita per iscritto e nell’ammontare maturato nel periodo d’imposta se non è stabilita una diversa scadenza in modo scritto. Peraltro, la citata disposizione precisa che gli interessi sul finanziamento devono computarsi al saggio legale se una diversa misura non è determinata per iscritto. L’assetto fiscale dell’operazione di finanziamento soci soggiace, quindi, a specifiche presunzioni che devono essere accuratamente valutate al fine di scongiurare possibili contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Sul punto, si rammenta che, secondo la Norma di comportamento n. 107 del 1990 dell’Associazione Dottori Commercialisti la presunzione di onerosità del finanziamento deve applicarsi quando il contratto di finanziamento non sia redatto per iscritto, ovvero in tutti i casi in cui dal contratto non risultano le scadenze a cui l’interesse è dovuto. Secondo la giurisprudenza di legittimità, invece, la presunzione di onerosità dell’apporto del socio può essere utilmente superata solamente attraverso l’indicazione dell’infruttuosità del versamento nei libri sociali senza che possano essere utilizzati altri mezzi di prova (sentenza n. 2735 del 4 febbraio 2011).

Partendo dall’orientamento giurisprudenziale espresso nella richiamata sentenza, l’Assonime (approfondimento n. 11/2013) ha fornito la propria interpretazione in merito alle presunzioni fiscali riguardanti i finanziamenti soci.

In primo luogo, l’Associazione delle Spa osserva che la mancata indicazione nei libri sociali di un titolo all’apporto effettuato dal socio determina solo che le somme versate a favore della società si presumano corrisposte a titolo di mutuo: la mancanza di ogni indicazione del titolo del finanziamento non determina, a priori, anche la fruttuosità del finanziamento stesso. Peraltro, viene osservato che l’art. 45 del TUIR nulla dice in merito alla onerosità o meno del finanziamento, il quale pone soltanto una serie di presunzioni aventi ad oggetto la percezione, la competenza, la misura degli interessi relativi ai capitali dati a mutuo ove esso sia oneroso. Per le suddette ragioni, si dovrebbe fare riferimento, in merito alla fruttuosità o meno del finanziamento, soltanto alle regole generali previste in materia dal codice civile e, in particolare, alle disposizioni civilistiche relative al contratto di mutuo: “salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante (art. 1815 c.c.). La norma civilistica in esame stabilisce, in estrema sintesi, il diritto agli interessi sulle somme date a mutuo (presumendo, in via di fatto, la sua onerosità) fatta salva, ovviamente, la diversa volontà delle parti.

Per tale ragione, secondo Assonime, il socio potrà dimostrare la non onerosità dell’apporto, anche se effettuato a titolo di mutuo (e non di versamento a titolo di capitale) utilizzando tutti i mezzi di prova consentiti dal codice civile: “la gratuità del mutuo deve comunque risultare dall’accordo delle parti, ma non necessariamente deve essere provata mediante specifici mezzi di prova, né tantomeno attraverso una pattuizione scritta; essa al contrario potrà persino essere ritenuta tacita quando per le circostanze del caso e per la qualità dei contraenti si può desumere la volontà di escludere il corrispettivo”. Sempre nell’approfondimento in esame, Assonime rammenta, inoltre, che l’omessa pattuizione degli interessi sulle somme mutuate non determina il mancato perfezionamento del contratto di mutuo, trattandosi di elemento non essenziale per l’esistenza del contratto stesso, come si desume dal disposto degli artt. 1815 e 1817 c.c..

Peraltro, l’interpretazione fornita da Assonime sembra trovare conferma nell’evoluzione storica della normativa fiscale. In origine, infatti, l’art. 43, c. 2, del DPR 597/1973 prevedeva una regola analoga a quella civilistica, che è stata modificata con l’introduzione del vigente art. 46 del TUIR. In particolare, la disposizione, ora abrogata, prevedeva che “per i capitali dati a mutuo si presume il diritto agli interessi, nella misura stabilita dall’art. 1284 del codice civile, salvo prova contraria, anche se dal titolo gli interessi non risultano convenuti o risultano convenuti in misura inferiore”. Nel passaggio dal D.P.R. n. 597 al Testo Unico delle imposte sui redditi, la citata disposizione è stata modificata: l’attuale art. 46 del TUIR prevede, come detto, solamente una presunzione di dazione a mutuo delle somme erogate dal socio alla società, ma nulla dice riguardo alla natura onerosa del mutuo stesso.

Secondo Assonime, la cancellazione della presunzione di onerosità delle somme erogate dal socio alla società a titolo di mutuo è stata operata semplicemente al fine di evitare una inutile sovrapposizione tra la disciplina fiscale e quella civilistica.

Riassumendo, in estrema sintesi, il pensiero di Assonime, si desume che se nei libri sociali non è indicato un titolo diverso, l’apporto del socio alla società si deve intendere effettuato a titolo di mutuo. Per stabilire, invece, se il mutuo ha natura onerosa o meno, occorre fare riferimento unicamente alla disciplina civilistica. Solo nel caso in cui sia accertato, alla luce delle prescrizioni civilistiche, che il mutuo ha natura onerosa, potranno operare, salvo prova scritta contraria, le presunzioni poste dall’art. 45 del TUIR riguardo alla percezione, alla competenza e alla misura degli interessi.

 

14 novembre 2013

Sandro Cerato