Accertamento sintetico e rogiti notarili

La dichiarazione di pagamento di una somma da parte del contribuente, desumibile da un rogito notarile, pesa molto nella ricostruzione sintetica del reddito.

Con la sentenza n. 20800 dell’11 settembre 2013 (ud. 10 luglio 2013) la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del vecchio sintetico.

 

La sentenza

E’ stato affermato da questa Corte, con orientamento che qui si condivide, che

sentenza corte di cassazione“in materia di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione del D.P.R. 29 settembre 1913, n. 600, art. 38, la sottoscrizione di un atto pubblico (nella specie: una compravendita) contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito da quello posseduto, in base all’applicazione di presunzioni semplici, che l’ufficio finanziario è legittimato ad applicare per l’accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto e quello ignoto, senza che possa ravvisarsi, nella disposizione che consente l’esercizio di tale potere, una violazione del principio costituzionale della capacità contributiva, di cui all’art. 53 Cost..

In tale caso, infatti, è sempre consentita, anche se a carico del contribuente, la prova contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, essendo questa meramente apparente, per avere, l’atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anzichè quella onerosa apparente’ (Cass. 8665/2002, n. 5794/2001, n. 11300/2000)”.

 

Le presunzioni di maggior reddito formulate ai sensi dell’art.38, del D.P.R. n. 600 del 1973, “sono presunzioni semplici, contestabili dunque con mezzi di prova riferiti o alla esenzione di tale maggior reddito da imponibilità o alla esistenza di ritenuta alla fonte su di esso il tutto comprovato da ‘idonea documentazione'” (art. 38 comma 6 cit.).

Nel caso di specie,

“in presenza di documenti qualificati quali i rogiti notarili, il contribuente si era limitato ad opporre presunzioni di segno contrario relative alla assenza della propria capacità contributiva, in quanto la spesa per incrementi patrimoniali era inesistente, trattandosi per lo più dell’acquisto di immobili da padre a figlio, senza effettiva corresponsione di denaro, presunzioni queste che non soddisfacevano, di per sè sole, le precise richieste di prova documentale contraria (cfr. Cass. 14778/2000; 20588/2005; 17202/2006; Cass. 22218/2008), derivanti dalla norma citata”.

Tuttavia, la Corte respinge il primo motivo del ricorso, potendo il contribuente contrastare le presunzioni

“gravi, precise e concordanti” dell’Ufficio “attraverso una prova documentale, che, nella specie, è consistita anche nell’allegazione di operazioni di dismissione patrimoniale e del contratto di mutuo, stipulato per l’acquisto di uno degli immobili, quello adibito ad abitazione, pure valutati dal giudice”.

 

 

Accertamento sintetico – Brevi note

Lo strumento dell’accertamento sintetico (vecchio regime), applicando i coefficienti di reddito che ne stanno alla base, sul possesso di beni-indici, a cui vengono ricollegati redditi presunti, permette di trovare soluzioni accertative, sul piano operativo, che possano determinare l’ottimizzazione delle risorse disponibili per il perseguimento dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità nell’azione amministrativa.

Il metodo di controllo segue un ragionamento logico che spesso è convincente già di per sé per verificare, così come affermava l’Amministrazione finanziaria già nel lontano 19811,il “trend di vita del contribuente e delle altre persone fisiche che risultano a suo carico” e risponde alla domanda che qualsiasi comune cittadino si fa: come è possibile che Tizio, con un reddito di 20.000 mila euro annui possa permettersi un’autovettura di grossa cilindrata, una casa al mare…?

Come affermato dalla più autorevole dottrina2,

“… un maggior reddito viene perciò presunto in base alla spesa per consumi o investimenti attinenti alla sfera privata della persona fisica, a prescindere da una individuazione delle fonti di produzione del reddito stesso, quali potrebbero essere l’impresa, il lavoro, il capitale, etc.; la norma utilizza cioè un procedimento logico a ritroso, presumendo – salvo prova contraria – che le spese siano state finanziate prima di tutto con il reddito del periodo d’imposta”.

Nella precedente formulazione (ante modifiche apportate dal D.L. n. 78/2010), l’art. 38, c. 4, del D. P. R. n. 600/1973, permette all’ufficio finanziario, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39, del citato D. P. R. n. 600/1973, di determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente, quando il reddito accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato.

Il successivo comma 5 dispone che qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.

Il contribuente ha facoltà di dimostrare, attraverso idonea e probante documentazione, sia prima che dopo la notificazione dell’avviso di accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

Con appositi decreti ministeriali sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d’imposta.

Gli elementi indicativi di capacità contributiva, inclusi nella Tabella allegata al D.M. 10 settembre 1992, ed a quelli successivi, rilevano come disponibilità da parte del contribuente persona fisica.

La circolare n. 101/E del 30 aprile 1999, nell’offrire agli uffici chiarimenti ed indicazioni di carattere operativo sull’utilizzazione dell’accertamento sintetico, aveva già posto in risalto che “in sede di valutazione delle prove giustificative addotte dal contribuente“ occorre attenersi

“ai necessari principi di ragionevolezza, al fine di pervenire a determinazioni reddituali convincenti e sostenibili, secondo gli ordinari canoni probatori“ e “considerata l’inevitabile imprecisione dello strumento presuntivo attualmente in vigore … si sottolinea l’esigenza di un suo attento e ponderato utilizzo da parte degli uffici, soprattutto nei casi in cui la ricostruzione presuntiva del reddito sia essenzialmente fondata su fatti-indice che costituiscono soddisfacimento di bisogni primari o che sono caratterizzati da elevata rigidità (in particolare, spese per l’abitazione e spese per mutui immobiliari)“.

 

Lo stesso documento di prassi del 1999 segnala, altresì,

“come lo strumento dell’accertamento sintetico assuma una particolare utilità per la determinazione dei redditi nei confronti dei soggetti coinvolti in fenomeni di criminalità organizzata e dei soggetti sottoposti a misure di prevenzione patrimoniale (sequestro, confisca), sulla base degli elementi e delle circostanze di fatto comunque acquisiti“.

In ordine alla cd. prova contraria, la citata circolare n.101/1999 evidenzia, “in primo luogo la necessità di permettere al contribuente di provare preventivamente che il reddito determinabile sinteticamente trova giustificazione, in tutto o in parte, nel possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, ovvero in altre circostanze di fatto quali, ad esempio, disinvestimenti patrimoniali, percezione di indennizzi che legittimamente non hanno concorso alla determinazione del reddito, atti di liberalità degli ascendenti.

Tale prova potrà essere richiesta in fase istruttoria (questionario, verbale di colloquio) ovvero con l’invito di comparizione previsto, ai fini dell’accertamento con adesione, dall’art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 218 del 1997”.

 

Quindi, antecedentemente o successivamente all’emissione dell’atto, a secondo dei casi, in sede di contraddittorio in senso lato, il contribuente, al fine di modificare, ridurre o annullare la pretesa impositiva, può dimostrare che il bene o il servizio è nella disponibilità di altri soggetti titolari di reddito, ovvero che la disponibilità del bene o del servizio non si è avuta per l’intero anno di imposta, ovvero che il reddito o il maggior reddito accertato sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o già assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, ovvero da regalie o prestiti comunque documentati (attraverso assegni o bonifici bancari, per esempio), ovvero da disinvestimenti patrimoniali.

 

Si ricorda che il citato documento dell’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 101/E del 30 aprile 1999)

“sottolinea, inoltre, la necessità di procedere sempre ad un esame complessivo della posizione reddituale dell’intero nucleo familiare del contribuente, essendo evidente come frequentemente gli elementi indicativi di capacità contributiva rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico possano trovare spiegazione nei redditi posseduti da altri componenti il nucleo familiare. Particolare rilievo, ai fini dell’applicazione dell’accertamento sintetico, assumono le spese per incrementi patrimoniali (acquisti di immobili, investimenti finanziari) che, secondo quanto stabilito dal co. 5 del citato art. 38, si presumono sostenute, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui sono state effettuate e nei cinque precedenti. Parimenti, significativo rilievo possono assumere altre eventuali manifestazioni di agiatezza diverse da quelle specificamente considerate nel decreto ministeriale del 10.9.1992“.

 

Successivamente, la circolare n.49/2007, nel riprendere sostanzialmente le precedenti istruzioni operative, invita gli Uffici ad esaminare esaminare “la documentazione prodotta dal contribuente, valutandone la probatorietà in relazione al possesso ed effettivo utilizzo nello specifico periodo d’imposta, nell’ambito del biennio oggetto di controllo, di:

  • redditi esenti;

  • redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta;

  • somme riscosse a titolo di disinvestimenti patrimoniali nonché vagliare eventuali diverse giustificazioni, anche riferibili ai componenti il nucleo familiare, dello stesso tenore documentale, che pur non essendo espressamente considerate nel sesto comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 sono tuttavia suscettibili di apprezzamento, quali ad esempio: – utilizzo di finanziamenti; – utilizzo di somme di denaro derivanti da eredità, donazioni, vincite, ecc.; – utilizzo di effettivi redditi conseguiti a fronte di importi fiscali convenzionali (ad esempio, i redditi agrari tassati non in base al reddito effettivamente prodotto, bensì alle rendite catastali aggiornate); – utilizzo di somme riscosse, fuori dall’esercizio dell’impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale”.

 

In sede di accertamento sintetico si realizza, a nostro avviso, una inversione dell’onere della prova, che passa sul contribuente.

La prova contraria (nei casi in cui l’amministrazione finanziaria proceda all’accertamento dei redditi del contribuente in base alla presunzione secondo cui l’acquisto di beni di ingente valore è indizio del possesso di un reddito adeguato a sorreggere l’acquisto stesso) può essere fatta valere dal contribuente con qualsiasi mezzo.

L’accertamento sintetico consiste nell’applicazione di presunzioni, in virtù delle quali l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (per esempio, l’esborso di rilevanti somme di denaro per l’acquisto di beni) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva).

La suddetta presunzione semplice genera, peraltro, l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà (Cass. n. 14778/2000), o darne comunque una diversa valutazione.

Il thema decidendum rimane perciò circoscritto alla questione della sufficienza della prova, che il contribuente deve offrire, sul fatto che l’elemento posto dal Fisco a base della presunzione di reddito non è invece dimostrativo di capacità contributiva.

La giurisprudenza, più volte, si è occupata della questione, affermando, in pratica, che in tema di accertamento sintetico è sufficiente che vi siano elementi e circostanze di fatto certi che, provando un determinato ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito globale, senza la necessità di conoscere i cespiti certi dai quali il reddito stesso possa derivare, restando a carico del contribuente l’onere di provare l’inesistenza della capacità reddituale. Il possesso di alcuni beni (auto, immobile, mutuo, premio annuo di assicurazione) che costituisca elemento di fatto e circostanza certa, vale a giustificare il ricorso all’accertamento sintetico ex art. 38, D.P.R. n. 600/1973 da parte dell’Amministrazione finanziaria.

 

1 ottobre 2013

Gianfranco Antico

 

1 Circ. n. 27 (prot. n. 7/2648) del 14 agosto 1981 – Dir. II.DD.

2 R.Lupi, Manuale giuridico professionale di diritto tributario, III edizione, Milano, 2001, pag.591.