è inammissibile l’espropriazione forzata, in seguito a procedura di riscossione esattoriale, della quota di un bene del debitore ancora indiviso in quanto si è aperta una successione
E’ inammissibile l’espropriazione forzata della quota di un bene ancora indiviso del debitore se la massa ereditaria in comunione comprende anche altri beni.
La Suprema Corte, con la sent. 19 marzo 2013, n. 6809, ha affermato che la procedura di espropriazione non può avvenire sulla quota di conto corrente bancario ricevuto in eredità del debitore se lo stesso risulta titolare di altri beni caduti in successione.
In tema di pignoramento l’art. 599 c.p.c. stabilisce che possono essere pignorati beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore ovvero quando il creditore faccia valere il titolo esecutivo nei confronti di alcuni dei contitolari. Il secondo comma stabilisce, inoltre, che in caso di pignoramento il creditore pignorante notifica un avviso agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice. L’eventuale mancata notifica del predetto avviso costituisce condizione di improcedibilità, per cui il soggetto interessato potrà proporre opposizione agli atti esecutivi.
Nel caso di beni indivisi, per espropriare la sola quota del debitore occorre scinderla dal resto dei beni mediante separazione, la quale può essere realizzata in tre modi: separazione naturale, divisione o vendita della quota indivisa. Infatti i successivi articoli del Codice di procedura civile prevedono tre diverse modalità espropriative (separazione della quota in natura; vendita della quota indivisa; divisione). Solo dopo aver individuato la quota di spettanza del debitore è possibile procedere alla vendita e poi fissare l’udienza per la relativa autorizzazione che è importante per l’intervento dei creditori ex art. 563 c.p.c..
Nella fattispecie in esame, a seguito dell’ordinanza di assegnazione disposta dal giudice dell’esecuzione, il contribuente ha proposto opposizione eccependo l’inespropriabilità di un singolo bene indiviso facente parte di una comunione ereditaria. Il Tribunale ha respinto l’opposizione e il coerede interessato ha proposto ricorso per cassazione.
La Suprema corte, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, ha ritenuto che l’espropriazione forzata dell’intera quota spettante ad un coerede è possibile ma limitatamente ai beni indivisi di una singola specie (beni immobili, beni mobili o crediti). Inoltre, iniziata l’espropriazione delle stessa quota, il giudice dell’esecuzione può disporre la separazione in natura della quota spettante al debitore esecutato, ove possibile, o, in caso contrario, ordinare che si proceda alla divisione, oppure disporre la vendita della quota indivisa. Ciò che comunque non è ammissibile è “l’espropriazione forzata della quota di un singolo bene, quando la comunione ereditaria comprende più beni della stessa specie, in quanto può accadere che sia assegnato al debitore una parte di un altro bene facente parte della massa intera, e in tale modo il pignoramento potrebbe non conseguire i suoi effetti, per inesistenza nel patrimonio del debitore, dell’oggetto dell’esecuzione” (cfr. Cass. 17 maggio 2004, n. 10334)
Sul tema la giurisprudenza ha affermato che se in una procedura esecutiva iniziata ai sensi dell’art. 599 c.p.c. (sottoponendo a pignoramento un bene indiviso), si sia ritenuto che non è possibile disporre la separazione della quota di comproprietà del debitore da quella dei terzi estranei all’esecuzione, il giudice dell’esecuzione può ordinare l’inizio del giudizio divisorio ex art. 600 c.p.c. (da proporsi con citazione ex art. 181 disp. Att. c.p.c. a cura del creditore interessato), sospendendo la procedura, al fine di pervenire alla separazione della quota spettante al debitore sottoposto ad esecuzione forzata (cfr. Corte d’Appello di Roma, Sez. 3, 7 febbraio 2012, n. 652).
23 luglio 2013
Enzo Di Giacomo