La rimessione della causa al giudice di primo grado

la Corte Costituzionale è recentemente intervenuta sulle possibilità di rimessione della controversia tributaria alla commissione di primo grado e non preclusione in appello della possibilità di esame del processo nel merito: analisi di tale problematica processuale

Rimessione

La causa è decisa nel merito dal giudice d’appello salvo i casi, tassativamente previsti dall’articolo 59 del D.Lgs. 546/92, di rimessione alla CT Provinciale, al fine di rispettare il principio del doppio grado ed il principio del contraddittorio Al di fuori delle ipotesi contemplate dal comma 2 dell’articolo 59 del D.Lgs. n. 546 del 1992 il giudizio devoluto alla Commissione tributaria regionale assume natura di mezzo di gravame con conseguente sostituzione della decisione di prime cure. Ciò comporta per il giudice l’obbligo di pronunciarsi compiutamente su tutte le questioni allegate e prospettate (Cass. civ. Sez. V, 03-08-2007, n. 17121).

La Commissione tributaria regionale rimette la causa alla Commissione tributaria provinciale che ha emesso la sentenza impugnata, quando:

dichiara la competenza «declinata» (perché la Commissione tributaria provinciale era effettivamente competente per territorio) o la giurisdizione «negata» (perché la materia controversa effettivamente rientrava nella giurisdizione delle Commissioni tributarie) dal primo giudice; si evita, in tal modo, di perdere un grado di giudizio;

riconosce che nel giudizio di l grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato: a condizione, però, che «sia stato dal contribuente correttamente individuato l’Ufficio della Amministrazione cui spetta la legittimazione passiva al giudizio, non nel caso in cui sia stato evocato in giudizio un Ufficio non legittimato a contraddire, essendo mancata in radice, in tal caso, la rituale instaurazione del rapporto processuale e non essendosi determinata una mera irregolarità del contraddittorio, cui porre rimedio con la regolarizzazione dello stesso innanzi al primo giudice»; né, tale fattispecie, si verifica nel caso di omessa comunicazione dell’avviso di trattazione da parte della segreteria della Commissione tributaria provinciale, che «costituisce causa di nullità della sentenza, ma non legittima il rinvio della causa, da parte del giudice di appello, alla suddetta Commissione, non rientrando in alcuna delle tassative ipotesi elencate nel D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 59; ed in particolare della lettera b). che fa esclusivo rifirimento alla mancata costituzione o integrazione del contraddittorio»;

per gli stessi motivi, nel caso di mancata fissazione, da parte del giudice di primo grado, del termine per consentire al ricorrente di munirsi della assistenza tecnica obbligatoria, la riforma della sentenza di prime cure dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso ad opera della Commissione tributaria regionale non consente a quest’ultima di procedere direttamente all’esame del merito, ma impone la rimessione della causa alla Commissione la cui Sentenza viene appellata, affinché inviti il contribuente a munirsi della prescritta assistenza tecnica e, nel caso di inottemperanza all’invito, dichiari l’inammissibilità del ricorso;

riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il processo (in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale);

riconosce che il collegio della Commissione tributaria provinciale non era legittimamente composto;

manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado.

 

Se si verificano fattispecie diverse (da quelle appena indicate), la Commissione tributaria regionale non può rinviare(1) la causa al giudice di primo grado, ma deve decidere nel merito, ordinando, se occorre, la rinnovazione degli atti nulli. L’articolo 59 del D.lgs. n. 546 del 1992, qualora non ricorra una delle ipotesi di rimessione alla commissione tributaria di primo grado elencate al comma 1, non preclude in appello la possibilità di esame del processo nel merito, a condizione che l’appellante abbia correttamente riproposto, insieme alla censura di erroneità delle dichiarazione di inammissibilità, le relative censure di merito. Nel contenzioso tributario il giudice di appello chiamato a decidere su questioni di inammissibilità rilevate dalla Ctp, può decidere anche nel merito della controversia se gli viene richiesto tale intervento. Non è quindi incostituzionale la norma sul processo tributario che non consente un rinvio della causa, in questi casi, al giudice di primo grado. Anche sulla base delle varie interpretazioni nel tempo fornite dalla Corte di Cassazione, in queste ipotesi non rientranti in uno dei casi tassativamente previsti dalla norma che consente il rinvio al giudice di primo grado, è necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, l’appello fondato esclusivamente su vizi di rito, senza contestuale gravame contro “l’ingiustizia” della sentenza di primo grado, deve ritenersi inammissibile, oltre che per difetto d’interesse, per non rispondenza al modello legale dell’impugnazione. Costituisce principio giurisprudenziale univoco l’ammissibilità dell’impugnazione con la quale l’appellante si limiti a dedurre unicamente i vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole, solo se i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice.

Nelle ipotesi in cui, invece, il vizio non rientra in uno dei casi tassativamente previsti per il rinvio al precedente grado di giudizio, è necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, altrimenti l’appello deve ritenersi inammissibile (Corte Costituzionale ordinanza n. 166 del 27 giugno 2013). Anche nel processo tributario, al pari del rito ordinario, il vizio di omessa pronunzia, come quello di pronuncia “ultra petitum”, non rientra fra quelli tassativamente indicati dall’art. 59 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come suscettibili di far insorgere i presupposti per la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente, ma comporta la necessità, per il giudice d’appello che dichiari il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale (Cass. civ. Sez. V, 30-08-2006, n. 18824). La remissione della causa alla Commissione tributaria provinciale prevista dall’art. 59, c. 1, lett. b, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per l’ipotesi di non regolare costituzione o integrazione del contraddittorio nel giudizio di primo grado non può trovare applicazione quando, per la mancata notifica all’ufficio tributario del ricorso, semplicemente presentato alla Commissione adita, neppure sia stato costituito il contraddittorio, ove si consideri che in tale caso, ai sensi degli artt. 21 e 22 del medesimo decreto, l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce, con la conseguente definitività dell’atto impugnato (Cass. civ. Sez. V, 19-05-2003, n. 7814).

 

Conclusioni

Nella predisposizione di un atto di appello occorre , nel redigere i motivi, valutare se sussistono o meno le tassative ipotesi di rimessione alla Commissione Tributaria Provinciale. Pertanto, se sussistono le suddette condizioni, i motivi di appello possono limitarsi ad enunciare il mancato rispetto delle norme processuali; invece, se le suddette condizioni non sussistono, occorre nell’atto di appello specificare sia le questioni di diritto sia le questioni di merito.

 

Note

1) Le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi d’impugnazione. Il Giudice d’appello che rilevi un vizio di motivazione della sentenza di primo grado deve decidere la causa nel merito e non può rimetterla al primo Giudice, posto che le ipotesi di rimessione tassativamente previste dall’art. 354 c.p.c., si riferiscono solo ai casi di vizio nell’instaurazione del contraddittorio o di inesistenza della sentenza per mancata sottoscrizione del Giudice (Cass. civ. Sez. V, 31-05-2013, n. 13776). Nelle controversie tributarie di valore superiore a £ 5.000.000 (ora € 2.582,28), per effetto dell’interpretazione adeguatrice dell’art. 12, c. 5, e art. 18, cc. 3 e 4, del D.Lgs. n. 546/1992, fornita dalla Corte costituzionale con sentenza n. 189 del 2000, l’inammissibilità del ricorso presentato senza l’assistenza di un difensore abilitato può essere dichiarata soltanto qualora la parte privata non ottemperi, nel termine all’uopo fissato, all’ordine di munirsi di assistenza tecnica, impartitole dal Presidente della Commissione tributaria; costituendo l’assistenza tecnica una condizione di ammissibilità della domanda, detto ordine non può che provenire, con carattere di pregiudizialità, dal giudice di primo grado, e la mancata fissazione del relativo termine si traduce in un vizio attinente alla regolare instaurazione del contraddittorio: in tal caso, la riforma della dichiarazione d’inammissibilità da parte della Commissione tributaria regionale non consente a quest’ultima di procedere direttamente all’esame del merito, ma impone, ai sensi dell’art. 59, c. 1, lett. b, del D.Lgs. n. 546/1992, la rimessione della causa alla Commissione provinciale, perché inviti il ricorrente a munirsi della prescritta assistenza tecnica, con declaratoria d’inammissibilità in caso d’inottemperanza (Cass. civ. Sez. V Ordinanza, 16-09-2010, n. 19636). In tema di contenzioso tributario il vizio della decisione di primo grado, consistente nell’avere omesso la previa audizione delle parti nel procedimento di autorizzazione del sequestro conservativo in favore della Amministrazione finanziaria, non incidendo sulla integrità del contraddittorio, non rientra fra quelli tassativamente indicati dall’ art. 59 lett. b, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quale presupposto per la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente; esso comporta, invece, la necessità per il giudice d’appello che lo rilevi di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito, senza a che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, privo di rilevanza costituzionale (Cass Sez. V Sent., 19-03-2008, n. 7342). Nel contenzioso tributario l’omessa comunicazione alle parti dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione costituisce causa di nullità del procedimento e della decisione della Commissione tributaria per violazione del diritto di difesa e del principio di contraddittorio; trattandosi di nullità della sentenza che deriva da un vizio processuale idoneo a configurare l’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice per violazione dei principi sull’integrità del contraddittorio, in base al disposto dall’art. 354, c. 1, c.p.c., tenuto conto dello svolgimento dell’udienza di discussione nel giudizio di primo grado senza la preventiva instaurazione del contraddittorio nei confronti della parte intimata, la causa deve essere rinviata ad altra sezione del giudice di primo grado, come previsto dall’art. 383, u.c., c.p.c. (Cass. civ. Sez. V, 14-07-2004, n. 11014).

 

5 luglio 2013

Ignazio Buscema