Contabilità di condominio: principio di cassa o di competenza?

la contabilità di un condominio può essere tenuta sia secondo il criterio di cassa che secondo il criterio di competenza: analisi di vantaggi e svantaggi derivanti dalla scelta della tipologia contabile

Il numero 1) dell’articolo 1130 del codice civile prevede che l’amministratore deve eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130-bis e curare l’osservanza del regolamento di condominio mentre il numero 7) del medesimo articolo prevede, tra l’altro, che nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate.

Il succitato articolo, tuttavia, non stabilisce le modalità ed i criteri che devono essere rispettati per la compilazione del rendiconto condominiale, infatti, il seguente art. 1130-bis c.c. statuisce che il rendiconto condominiale contiene le voci di entrate e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Tale documento si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario nonché di una nota esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti:

a) registro di contabilità: tale registro è equiparabile, per contenuto e forme, al registro di cassa. In questo registro dovranno essere annotate tutte le voci in entrate ed in uscita in ordine cronologico e seguendo un metodo analitico per la rilevazione contabile degli eventi di gestione economica rilevanti;

b) riepilogo finanziario: per struttura e caratteristiche, si può qualificare come lo stato patrimoniale del condominio, in quanto definisce lo stato delle attività e delle passività enucleando crediti, debiti ed eventuali fondi di riserva;

c) la nota sintetica esplicativa: è un documento preliminare in quanto ha la finalità di descrivere sinteticamente l’intera gestione annuale dando conto non solo dei rapporti in corso ma anche delle questioni pendenti.

Questi tre documenti costituiscono il rendiconto condominiale che deve essere sottoposto all’esame dei singoli condòmini previo invio di copie allegate all’avviso di convocazione dell’assemblea. Nessuna indicazione è pertanto rilevabile nei predetti articoli circa le modalità ed i criteri da adottare per la redazione del rendiconto condominiale. L’amministratore di condominio, pertanto, salvo specifiche previsioni contenute nel regolamento condominiale, non ha l’obbligo di seguire nella redazione del rendiconto un criterio specifico per la registrazione delle spese e delle entrate potendo adottare indifferentemente il principio di cassa o il principio di competenza. L’assemblea di condominio tuttavia può sempre pretendere dall’amministratore, come presupposto per il conferimento dell’incarico, il sistema ritenuto più opportuno.

Il principio di cassa tiene conto soltanto delle entrate e delle uscite effettivamente avvenute nel periodo dell’esercizio contabile (individuato nei termini previsti dal regolamento di condominio o, in mancanza di questo, coincidente con l’anno solare) e non già delle somme che si riferiscono a tale periodo che sono, rispettivamente, ancora da corrispondere, o ancora da incassare (un esempio sono le bollette delle utenze la cui fattura è emessa con la data dell’esercizio contabile precedente mentre la scadenza di pagamento ricade nell’esercizio successivo).

Il principio di competenza tiene conto di tutte le voci di entrata e di uscita che si riferiscono all’esercizio contabile a prescindere, rispettivamente, dall’avvenuto incasso o pagamento. Seguendo tale principio i preventivi di spesa sono più precisi e, in caso di subentri, il nuovo proprietario od il nuovo inquilino non si trova a dover contribuire a spese che riguardano periodi precedenti al suo subentro: i bilanci societari difatti seguono in genere quest’ultimo metodo.

Nella prassi, molti ritengono che per la contabilità condominiale sia da preferire il principio di cassa (Trib. Milano 20 giugno 1991 n. 5036) risultando questo un sistema maggiormente trasparente e più intellegibile anche per i condòmini meno preparati. Con la partita semplice applicata al metodo di cassa, infatti, all’effettuarsi di una variazione monetaria (es. spesa di euro …), occorre effettuare una rilevazione contabile seguendo rigorosamente il principio cronologico. Le rilevazioni devono cioè farsi in base al loro susseguirsi temporale” (cfr. Immobili e Condominio, Ipsoa-Francis Lefebvre). A parere della scrivente, a seguito della riforma condominiale entrata in vigore il 18 giugno 2013, la nuova formulazione del numero 7) dell’art. 1130 c.c. privilegia, anche se non espressamente, l’applicazione del principio di cassa in quanto riporta testualmente “Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico…”.

Tuttavia l’adozione del principio di cassa, sebbene garantisca una perfetta coincidenza dei movimenti bancari (estratto conto) con i movimenti registrati nella contabilità del condominio, permettendo così un più facile controllo della gestione, comporta anche, nell’ipotesi di subentro nella proprietà di un’unità immobiliare dovuti a cessioni di immobili che il nuovo proprietario – pur avendo definito con il venditore tutte le pendenze condominiali che risultano in bilancio, onde evitare di essere tenuto a risponderne ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ. – sia, ciò nonostante, chiamato a contribuire a oneri che riguardano periodi precedenti il suo acquisto” (cfr. “Bilancio condominiale, con che criterio redigerlo?” di Corrado Sforza Fogliani – Presidente Confedilizia). “Ad esempio, se una spesa relativa al 2008 viene conteggiata nel 2012 in quanto precedentemente non era ancora stata emessa fattura, l’amministratore conteggerà detta spesa nel 2012 e la porrà a carico del condominio attuale, anche se si riferisce ad un intervento di 4 anni precedenti, quando il proprietario era un diverso soggetto. Un’ulteriore ipotesi può verificarsi in caso di subentri di nuovi inquilini ecc. che può comportare una certa imprecisione nell’attribuzione di determinate spese e nella redazione di preventivi di spesa” (cfr. Immobili e Condominio, Ipsoa-Francis Lefebvre).

Alla luce di quanto sopra, pertanto, è preferibile adottare nella redazione del rendiconto, il criterio del principio di “competenza” e di predisporre, al contempo, una situazione patrimoniale del condominio in cui si evidenzino, alla data di chiusura dell’esercizio contabile, le giacenze (in cassa, presso la banca o la Posta), i pagamenti da effettuare e le somme da incassare: si consentirà, in tal modo, a tutti i condòmini di avere egualmente un facile controllo della gestione ma si eviterà il rischio di porre a carico di eventuali nuovi proprietari le spese non di loro competenza” (cfr. “Bilancio condominiale, con che criterio redigerlo?” di Corrado Sforza Fogliani – Presidente Confedilizia).

In sede di redazione del rendiconto, gli amministratori di condominio sono soliti compilare il documento utilizzando i seguenti criteri:

  • gli incassi, che sono costituiti dai versamenti delle quote condominiali, sono riportati nel rendiconto secondo il principio di cassa, cioè sono considerati soltanto i versamenti dei condòmini effettivamente riscossi durante l’anno d’esercizio pertanto non sono considerate le quote dei condòmini morosi pagate oltre la data di chiusura dell’anno d’esercizio;

  • i costi, cioè le prestazioni di beni/servizi erogati durante l’anno dalle ditte/professionisti etc., sono invece riportati nel rendiconto a prescindere dall’avvenuto pagamento entro la data di chiusura dell’esercizio, cioè sono riportati secondo il principio di competenza. Poiché in base a tale criterio, ogni costo, nonostante sia riferibile all’anno di gestione grava sull’esercizio anche se non è stato pagato ovvero è stato pagato parzialmente, è palese che il saldo dell’esercizio rappresenta un risultato che non corrisponde all’ammontare complessivo delle spese effettivamente sostenute.

    Ergo, l’assunzione del principio di competenza per i costi da parte dell’amministratore altera inevitabilmente il saldo finale d’esercizio in quanto su di esso vengono a caricarsi anche spese che in concreto non sono state sostenute durante il precedente periodo d’esercizio mentre appaiono come spese sostenute nell’anno di gestione somme che, contrariamente, sono state sborsate durante l’anno di gestione seguente.

    Applicando il criterio di cassa per gli incassi ed il criterio di competenza per i costi, il finale dell’esercizio è negativo pertanto:

    1) il rendiconto fa apparire agli occhi dei condòmini come speso tutto il denaro versato dagli stessi con un inevitabile saldo negativo mentre nella realtà in cassa esiste una giacenza attiva in quanto il denaro materialmente non è stato speso dall’amministratore, pertanto, una volta approvato il rendiconto, i condòmini dovranno versare il saldo con la prima rata della quota condominiale. In caso di morosità dei condòmini, l’amministratore potrà esperire l’azione monitoria provvisoriamente esecutiva ex art. 63 disp. att. cod. civ. e recuperare così i debiti ancora pendenti dall’esercizio precedente, procedura che prevede tassativamente di allegare, unitamente agli atti giudiziari, il rendiconto, il bilancio preventivo ed ovviamente lo stato di riparto, documenti tutti debitamente approvati in sede di delibera assembleare con le maggioranze stabilite dal Codice civile;

    2) contrariamente, in caso di adozione di entrambi i criteri per la compilazione del rendiconto, rispettivamente il principio di cassa per gli incassi ed il principio di competenza per i costi, il saldo finale è positivo ed il rendiconto costituisce il reale impiego di denaro dell’amministratore nel periodo oggetto del rendiconto. Tuttavia, anche in tal caso, i condòmini non avranno una situazione chiara della gestione del condominio in quanto il rendiconto “occulta” i debiti, cioè le fatture non pagate nell’anno precedente e che ricadranno inevitabilmente nell’anno in corso.

    E’ palese che l’ipotesi 1) consente all’amministratore di ottenere dai condòmini attraverso il versamento delle quote condominiali, anche coattivamente tramite l’autorità giudiziaria, dei maggiori introiti di cui necessita per la gestione mentre l’ipotesi 2) consente ai condòmini di avere una visione più chiara e trasparente dell’impiego del denaro da parte dell’amministratore (sempre più diffusi sono i casi di ammanchi di cassa da parte degli amministratori condominio di entità altresì notevole).

In riferimento ai principi di cassa e di competenza, è evidente che ciascuno di essi presenta vantaggi e svantaggi ma, per i molteplici motivi suindicati, è preferibile adottare nella redazione del rendiconto il criterio del principio di competenza, nonostante esso non soddisfi l’obbligo giuridico di trasparenza ed intellegibilità, a patto che si utilizzi il criterio di competenza sia per gli incassi che per i costi.

 

12 luglio 2013

Cinzia Celati