La compensazione dei crediti con la Pubblica Amministrazione: aspetti contabili

ecco come contabilizzare correttamente le operazioni di compensazione effettuate fra debiti tributari e crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione

A decorrere dal 1 gennaio 2011, l’art. 28-quater del D.P.R. 602/1973 ha riconosciuto al contribuente la possibilità di compensare i crediti spettanti verso la pubblica Amministrazione, con le somme iscritte a ruolo. Più precisamente la richiamata disposizione prevede che, i soggetti che vantano “crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato, degli Enti pubblici nazionali, delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti”, possono compensare gli stessi con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, previo ottenimento della certificazione del credito, di cui all’art. 9, comma 3-bis, del Decreto Legge 185/2008, da parte dell’Ente debitore. Ad ogni modo, non possono essere utilizzati in compensazione, a norma dell’art. 28-quater del D.P.R. 602/1973 e dell’art. 9, comma 3-bis, del Decreto Legge 185/2008, le seguenti tipologie di crediti:

  • crediti vantati da professionisti della Pubblica Amministrazione in quanto non rientrano nell’attività di somministrazione, fornitura e appalti;

  • crediti vantati nei confronti di Enti locali commissariati;

  • crediti vantati nei confronti di Enti del Servizio Sanitario Nazionale sottoposti a piano di rientro del disavanzo, se nell’ambito del piano sono previste operazioni relative al debito;

  • crediti vantati nei confronti di Organi costituzionali e a rilevanza costituzionale;

  • crediti vantati nei confronti di Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;

  • crediti vantati nei confronti di Enti pubblici economici;

  • crediti vantati nei confronti di Società a partecipazione pubblica.

Successivamente, con l’introduzione del nuovo art. 28 – quinques del D.P.R. 602/1973 (previsto dal decreto legge n. 35/2013), il legislatore ha ampliato la categoria dei debiti tributari che possono essere compensati. Secondo quanto indicato dalla citata disposizione, i crediti che risultano maturati alla data del 31 dicembre 2012 potranno essere compensati non solo con le somme iscritte a ruolo (a norma dell’art. 28 quater DPR 602/1973) ma anche con le somme dovute in base ai seguenti istituti:

  • accertamento con adesione (ex art. 8 e 11 del d.lgs. 218/1997);

  • definizione a seguito di invito a comparire (ex art. 5 d.lgs. 218/1997);

  • adesione al verbale di constatazione (ex art. 5-bis d.lgs. 218/1997);

  • acquiescenza (ex art. 15 d.lgs. 218/1997);

  • definizione agevolata sanzioni tributarie (ex art. 16 e 17 d.lgs. 472/1997);

  • conciliazione giudiziale (ex art. 48 d.lgs. 546/1992);

  • mediazione (ex art. 17-bis D.lgs. 546/1992).

Riassumendo, quindi, a seguito delle modifiche intervenute, i crediti maturati entro il 31.12.2012 potranno essere compensati con debiti derivanti non solo da somme iscritte a ruolo, così come già previsto dalla normativa già in vigore prima del Decreto Legge 35/2013, ma anche con quelli derivanti dagli istituti richiamati dall’art. 28 quater del DPR 602/1973 (adesione, mediazione ecc). Di contro, invece, i crediti maturati oltre la data del 31.12.2012 potranno essere compensati esclusivamente con somme iscritte a ruolo. Le suddette compensazioni potranno, inoltre, essere effettuate esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e che l’importo massimo delle compensazioni, riferito ad anno solare, per singolo contribuente, è pari ad € 516.000 per l’anno 2013, ovvero € 700.000 per l’anno 2014.

Sulle predette novità, si è espressa, anche, l’Accademia Romana di Ragioneria che – con apposito documento interpretativo (nota operativa n.4/2013) – ha esaminato i relativi aspetti contabili che scaturiscono dalla compensazione di detti crediti. Per quanto riguarda le rilevazioni contabili da effettuare (per le compensazioni tra crediti verso la P.A. e debiti tributari) è necessario partire, preliminarmente, dalla corretta identificazione della natura dei crediti e dei debiti in esame. Per quanto concerne la natura dei crediti vantati dal contribuente nei confronti della P.A., viene giustamente osservato che questi devono essere trattati alla stregua di un qualsiasi credito di natura commerciale. Tuttavia, la peculiarità di detti crediti, rispetto alla classica tipologia di credito commerciale, concerne il fatto che l’Iva a debito, esposta sul documento fiscale (fattura), diventa esigibile, ai sensi dell’art. 6 comma 5 D.P.R. 633/1972, soltanto al momento dell’incasso.

La possibilità differire l’IVA al dì del pagamento rappresenta, comunque, una possibilità facoltativa riconosciuta al contribuente, atteso che il fornitore (cedente o prestatore) può decidere autonomamente di applicare i principi ordinari, ovvero assolvere l’imposta al momento dell’emissione della fattura, anziché al momento del pagamento. Al riguardo, ben rileva l’Accademia di Ragioneria, che, “a causa del sistematico ritardo nei pagamento, da parte della Pubblica Amministrazione, è tuttavia raro che i contribuenti non si avvalgano del differimento concesso per le operazioni con lo Stato.

Da un punto di vista prettamente contabile, al momento dell’emissione della fattura, il cedente o il prestatore dovrà rilevare il credito e l’Iva differita ( ex art. 6 comma 5 dpr 633/1973): a seguito della cessione dei beni, quindi, il fornitore sarà tenuto all’apertura di un conto “credito v/ ente” ed di un conto “Iva a debito differita“. Peraltro, come sopra anticipato, l’Iva diventa esigibile al momento del pagamento (nel nostro caso il pagamento coincide con la compensazione del debito) per cui si dovrà chiudere il conto “Iva a debito differita” ed in contropartita rilevare l’Iva divenuta esigibile accendendo il conto “Iva a debito”.

 

19 giugno 2013

Sandro Cerato