Assegnazione delle azioni ai dipendenti: i riflessi fiscali

Il trattamento fiscale in capo al dipendente delle azioni assegnate dalla società a titolo di premio.

trattamento fiscale delle azioni date come premio ai dipendentiLa Risoluzione n. 103/E del 4/12/2012 “Assegnazione di azioni a lavoratori dipendenti in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro – Articolo 51 del TUIR”, contiene la risposta dell’Agenzia delle entrate ad un interpello proposto da una società per azioni che intendeva – attraverso una precisa operazione societaria – consentire ai manager che lavoravano per conto della stessa di divenirne soci.

 

Il documento di prassi fornisce un interessante chiarimento in merito ai redditi di lavoro dipendente.

In sostanza la risoluzione, che entra anche nel dettaglio delle modalità di tassazione, afferma che le azioni attribuite ai propri manager in misura superiore rispetto al conferimento in denaro dagli stessi effettuato rientrano nell’ambito dei fringe benefit e come tali sono imponibili quali redditi di lavoro dipendente (per i manager-dipendenti) o assimilato (per i manager-amministratori).

 

Il caso

Una società per azioni vuole consentire l’ingresso nel capitale sociale di alcuni soggetti che si occupano della gestione degli investimenti della stessa attraverso l’effettuazione, da parte di quest’ultimi, di un conferimento in denaro non proporzionale in considerazione delle utilità e dei vantaggi, non inscrivibili in bilancio, dagli stessi apportati alla società con la loro performance.

 

La società, al fine di adempiere correttamente ai propri obblighi di sostituto d’imposta, chiede all’Agenzia delle Entrate se:

  • le azioni assegnate ai manager in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro da questi effettuato possano rappresentare, ai fini delle imposte sui redditi, l’attribuzione di un reddito di lavoro dipendente o assimilato a favore dei predetti manager (l’interpellante esclude che possa trattarsi di redditi di lavoro dipendente in quanto la descritta assegnazione di azioni non è correlata al rapporto di lavoro bensì, ed esclusivamente, al rapporto sociale esistente tra azionisti conferenti e società conferitaria);

  • gli utili che i manager eventualmente riceveranno in futuro in qualità di soci proprietari di azioni, ai fini delle imposte sui redditi, dovranno essere assoggettati a tassazione in capo ai percettori come dividendi (se trattasi di utili distribuiti dalla società), ovvero come capital gains (in caso di cessione delle azioni), non costituendo redditi di lavoro dipendente o assimilati.

 

Il parere dell’Agenzia delle entrate

Sul primo punto, l’Agenzia antepone due premesse che attengono allo statuto della società interpellante:

  • lo Statuto espressamente prevede che “le azioni C non possono essere oggetto di trasferimento … a qualunque titolo, sino al 27 settembre 2015. Fanno eccezione al divieto di trasferimento qui previsto i trasferimenti effettuati tra soggetti titolari di azioni C, effettuati a favore di amministratori e dipendenti della Società, di società controllanti la Società…” ;

  • la stessa società ALFA afferma che il conferimento non proporzionale da parte dei manager costituisce la modalità più appropriata per attuare l’aumento di capitale, “… in quanto i manager apportano utilità e benefici che, pur non potendo essere iscritti nel bilancio della Società, sono comunque idonei ad aumentare il valore, se non altro in via prospettica…”.

 

Da ciò si deduce, secondo l’ Agenzia, che il trasferimento delle azioni non può prescindere dallo status di lavoratore dipendente dell’assegnatario posto che le azioni possono essere trasferite prima della data prevista sempreché non vengano cedute a soggetti estranei alla compagine sociale e che la loro assegnazione ha natura remunerativa considerato quanto specificato dalla stessa società.

Pertanto, i suddetti apporti possono essere ritenuti come espressivi dell’impegno profuso dai manager nell’attività della società e

“la loro rilevanza rispetto alla parte ‘monetaria’ del conferimento posto in essere giustifica, nell’ambito degli accordi con ALFA, l’attribuzione di azioni con diritti patrimoniali rafforzati”.

 

A parere delle Entrate, si ravvisa, dunque, nell’attribuzione delle citate azioni un’ipotesi di concorso al reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51 del TUIR, nel caso dei managers dipendenti della società, ovvero di concorso ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50, c. 1, lett. c-bis, TUIR, nel caso di manager-amministratori.

Relativamente agli aspetti impositivi, la risoluzione precisa che l’assegnazione di azioni effettuata nei confronti di soggetti titolari di reddito di lavoro dipendente o assimilato rappresenta, in genere, erogazione di un compenso in natura1.

Essendo intervenuta l’abrogazione del regime fiscale di favore ad opera del D.Ln. 112 del 2008, conv. in L. 133 del 06.08.2008, le fattispecie in esame devono necessariamente essere ricondotte nell’ambito dei fringe benefit.

Ne deriva che esse sono considerate imponibili quali reddito di lavoro dipendente, in ragione del principio di omnicomprensività secondo cui tutte le somme e i valori che il dipendente riceve, anche da terzi, in relazione al rapporto di lavoro, sono reddito di lavoro dipendente.

Gli stessi compensi sono imponibili anche in capo ai soggetti che percepiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, tra cui i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (i.e. gli amministratori di società) .

 

In siffatte ipotesi, il reddito per il lavoratore dipendente è costituito dal valore del compenso in natura al netto di quanto corrisposto dal dipendente ovvero trattenuto direttamente dal sostituto d’imposta per il godimento del bene ceduto o del servizio prestato. I principi generali per la determinazione di tale valore (cd. valore normale) sono dettati dall’art. 9 c. 4 TUIR:

“Il valore normale è determinato:

a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, inbase alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;

b) per le azioni non quotate, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente e, per le società e gli enti di nuova costituzione, in proporzione all’ammontare complessivo dei conferimenti;…”.

 

Sulla base del valore normale, per effetto dell’art. 51, c. 3, TUIR, si determina il valore del fringe benefit ovvero il quantum da assoggettare a tassazione.

 

Qualora, poi, i soggetti ammessi al capitale sociale (cd. manager) siano anche dipendenti, può trovare applicazione la lettera g del comma 2 dell’articolo 51 TUIR che statuisce che

“Non concorrono a formare il reddito … il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente a euro 2.065,83 a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione”.

 

Ciò se l’offerta2 sia rivolta alla generalità ovvero a categorie di dipendenti – civilistiche (dirigenti, quadri, operai…) e non (dipendenti di un certo tipo o che svolgono le medesime mansioni: turnisti, expatriates…).

 

Le soluzioni interpretative prospettate da contribuente e Agenzia delle entrate convergono, invece, rispetto al secondo quesito.

 

Le Entrate confermano che gli eventuali utili conseguiti dal dipendente nella sua veste di azionista della società nella quale presta lavoro, si configurano quali redditi di capitale in linea con l’art. 44, c. 1, lett. e, del TUIR, che definisce redditi di capitale, tra gli altri, gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’IRES. Ciò a prescindere, come può evincersi con evidenza dalla norma, dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, circostanza indispensabile soltanto al momento dell’offerta delle azioni.

Nell’ipotesi descritta, rileva, infatti, soltanto la circostanza che il medesimo soggetto partecipi al capitale o al patrimonio sociale, mantenga – cioè – lo status di azionista anche se ha interrotto il rapporto d lavoro con la società emittente.

 

Pertanto, possono verificarsi profili impositivi aventi carattere diverso da quello dei redditi di lavoro dipendente, spiega la risoluzione,

“eventuali dividendi costituiranno redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR, così come i proventi ottenuti dalla cessione delle partecipazioni potranno rilevare ai fini della determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria (capital gain) di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR”.

 

17 dicembre 2012

Cinzia Bondì

 

NOTE

1 La fattispecie, fino al 25 giugno 2008, godeva di un particolare regime fiscale di favore, abrogato dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Più precisamente, ricorda la C.M. 103/E, qualora l’assegnazione di azioni era rivolta a determinati lavoratori dipendenti o assimilati, individuati discrezionalmente dalla società promotrice dell’operazione, piuttosto che alla generalità dei dipendenti, si rendeva applicabile l’articolo 51, comma 2, lettera g-bis, del TUIR, in materia di stock options. Tale disposizione, al ricorrere di talune condizioni, prevedeva, infatti, una forma di esenzione di una quota parte del reddito di lavoro dipendente in misura corrispondente alla differenza tra il valore delle azioni, al momento dell’assegnazione, e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

2Cfr., tra l’altro, R.M. 17 dicembre 2007, n. 378.