ecco come deve essere gestita ai fini IVA l’operazione di distacco del personale: in quali casi tale operazione diventa imponibile e quando invece non?
Con la pronuncia in oggetto, i Supremi Giudici hanno nuovamente ribadito, confermando una recente decisione delle Sezioni Unite1, che il distacco di personale non è un’operazione soggetta ad Iva quando il distaccatario rimborsa al distaccante una somma esattamente pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali relativi al personale prestato.
Prima di esaminare l’interessante pronunciamento in oggetto, pare opportuno delinearne brevemente il quadro normativo di riferimento.
Dalle norme UE alle risoluzioni ministeriali
Il riferimento normativo interno della fattispecie in oggetto discende dalla Direttiva 2006/112/CE, che, all’articolo 592, richiama, appunto, il concetto di “messa a disposizione di personale”, poi trasfuso nell’attuale articolo 7-septies, comma 1, del DPR 633/1972.
Ovviamente, anche il prestito o distacco di personale, in base alla regola generale, costituisce astrattamente una prestazioni di servizi da assoggettare ad Iva; tuttavia, tale impostazione è stata ben presto messa in discussione, affermandosi il principio per cui la predetta regola generale non troverebbe applicazione nel caso in cui il distaccatario si limitasse a rimborsare al distaccante il solo costo dei dipendenti.
In tal senso si era ripetutamente pronunciato l’allora Ministero delle Finanze, affermando che le prestazioni di servizi assumono rilevanza ai fini Iva soltanto quando da esse derivi un vantaggio economico. Pertanto, se il prezzo della prestazione, consistente nella messa a disposizione di personale, è pari al solo rimborso del costo di tale personale sostenuto dal suo datore di lavoro, secondo il Fisco, non si verifica alcun vantaggio economico e, quindi, tale operazione non sconta il pagamento del tributo3.
In particolare, con la risoluzione del 5 luglio 1973, numero 502712, il Ministero, in un caso di prestito di personale tra società appartenenti allo stesso gruppo, aveva stabilito che non sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’I.V.A., sempreché, naturalmente, le somme pagate dalla Società utilizzatrice in dipendenza del “prestito”, fossero esattamente commisurate alla retribuzione spettante al dipendente “prestato” ed ai relativi oneri previdenziali ed assistenziali; in tali ipotesi, infatti, le somme in questione dovevano ritenersi pagate non già a titolo di corrispettivo ma di semplice rimborso di spese di lavoro subordinato e come tali non soggette al tributo.
Dopo più di un decennio di pacifica applicazione di tale principio, il Fisco ha bruscamente invertito rotta, stabilendo, con un documento di prassi del 1986, che tutte le somme versate dal distaccatario al distaccante dovevano essere assoggettate all’IVA indipendentemente dal loro ammontare e, cioè, non solo se superiori o inferiori, ma anche se corrispondenti all’ammontare complessivo del costo del personale4.
È intervenuto, così, il legislatore, fissando un importante paletto: “Non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”. Tale disposizione, recata dall’articolo 8, comma 35, della Finanziaria 19885, è attualmente ancora in vigore e costituisce il punto focale, sotto il profilo normativo, della questione de qua. La cosiddetta “legge Biagi”6, peraltro, è intervenuta sulla fattispecie, disciplinando gli aspetti civilistici del distacco personale, ma non ne ha modificato il trattamento tributario, che, quindi, rimane ancora quello previsto, ai fini Iva, della predetta disposizione del 1988.
Alla luce di tale evoluzione normativa, l’Amministrazione Finanziaria ha assunto una nuova posizione, che, ad oggi, deve ancora ritenersi confermata, in base alla quale il prestito di personale non assume alcuna rilevanza ai fini Iva se il distaccatario eroga un importo esattamente pari a quello sostenuto dal distaccante per i lavoratori prestati, mentre, se non vi è la predetta coincidenza, l’operazione diviene imponibile. In particolare, dalla più recente prassi ministeriale emerge che per restare fuori dal campo di applicazione dell’IVA occorrono le seguenti condizioni:
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che si tratti di un vero e proprio distacco di personale, ovverosia di un accordo in forza del quale un soggetto, al fine di soddisfare un proprio specifico interesse, metta a disposizione di un altro delle persone a lui legate da un rapporto di lavoro subordinato;
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che il distaccatario riversi al distaccante una somma esattamente pari al costo retributivo e previdenziale dei dipendenti utilizzati, dato che il riconoscimento di un corrispettivo maggiore o minore comporterebbe l’inapplicabilità dell’agevolazione, con conseguentemente sottoposizione ad IVA dell’intero importo pattuito7.
La posizione della Cassazione
Gli Ermellini hanno manifestato nel corso del tempo diverse posizioni sulla questione de qua. In particolare, con la sentenza n. 1788 del 6 marzo 1996, i Giudici di piazza Cavour hanno stabilito che, a prescindere dalla natura interpretativa o innovativa dell’art. 8, c. 35, della L. 11 marzo 1988, n. 67, il distacco o prestito di personale non costituisce operazione imponibile, purché l’impresa beneficiaria corrisponda il solo costo di tale utilizzazione, e cioè la retribuzione, gli oneri fiscali e previdenziali e le spese sostenute dai dipendenti.
Successivamente, però, con la sentenza n. 19129 del 7 settembre 2010, gli stessi Giudici del Palazzaccio hanno deciso che, nel caso dell’operazione di distacco di personale, la somma corrisposta dal soggetto che beneficia del lavoro del personale distaccato all’impresa distaccante è suscettibile di essere considerata imponibile ai fini dell’IVA nella misura dell’eccedenza rispetto all’importo necessario al rimborso del costo del personale sostenuto dal distaccante.
L’anno scorso, infine, sono intervenute le Sezioni Unite, con la sentenza n. 23021 del 7 novembre 2011, con cui è stato statuito che il distacco di personale è irrilevante ai fini dell’IVA soltanto se la controprestazione del distaccatario consista nel rimborso di una somma esattamente pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante.
La sentenza 14053/2012
Con la pronuncia in oggetto, a conferma di quanto già deciso dalle Sezioni Unite, i Supremi Giudici hanno osservato che la disposizione di cui al summenzionato articolo 8, comma 35, della legge 67/1988 costituisce una norma speciale che esonera dall’Iva soltanto se la somma dovuta dal distaccatario è “esattamente uguale” alle retribuzioni ed agli altri oneri sostenuti dal distaccante per il personale prestato, perché ciò che occorre ai fini dell’irrilevanza dell’Iva è che l’operazione non comporti un guadagno per il distaccante, ma nemmeno un risparmio per il distaccatario, visto che, in caso contrario, non vi sarebbe ragione di riservare a tale operazione un trattamento diverso da quello ordinario (per cui trova applicazione l’Iva).
Nel caso devoluto alla cognizione dei Supremi Giudici, una società aveva ricevuto delle fatture con Iva per il personale prestatole da un’altra società e, quindi, aveva regolarmente detratto l’imposta assolta sulle fatture. Tuttavia, dagli elementi raccolti dall’Amministrazione Finanziaria risultava che, invero, la distaccante aveva addebitato alla ricorrente distaccataria soltanto i costi del personale (retribuzioni, tfr, oneri contributivi, eccetera) e, pertanto, la detrazione Iva operata dalla società era illegittima, perché l’operazione di distacco di personale, a tali condizioni, non era imponibile ai fini Iva, anche se la distaccante l’aveva erroneamente trattata come tale.
La società impugnava l’avviso di rettifica Iva e la causa giungeva sino in cassazione, dove, come già anticipato, i giudici si sono pronunciati a favore del Fisco per le anzidette argomentazioni. In particolare, decidendo nel merito, gli Ermellini hanno confermato la validità dell’avviso di rettifica relativamente all’indebita detrazione dell’Iva per il distacco di personale.
In conclusione, quindi, è sempre opportuno verificare le fatture ricevute a fronte di operazioni di prestito di personale, atteso che l’esposizione in esse dell’Iva potrebbe non essere corretta, alla stregua dei principi poc’anzi illustrati, e potrebbe comportare, successivamente, il recupero da parte del Fisco dell’imposta detratta.
2 ottobre 2012
Alessandro Borgoglio
1 Cass. SS.UU. 23021/2011.
2 Ex articolo 9 della Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE.
3 Cfr. risoluzioni ministeriali 5/7/1973, n. 502712; 30/1/1974, n. 500091; 6/2/1974, n. 505366; 19/2/1974, n. 5001601; 19/1/1976, n. 500013; 20/3/1981, n. 411847.
4 Risoluzione ministeriale del 31/10/1986, n. 363853.
5 L. 11 marzo 1988, n. 67, pubblicata sul Suppl. Ord. alla Gazz. Uff. n. 61 del 14 marzo 1988.
6 L’articolo 30 del D.Lgs. 276/2003 stabilisce, infatti, che: “1. L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. 2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore. 3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. 4. Resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. 4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell’articolo 27, comma 2”.
7 Cfr. risoluzione 5/6/1995, n. 152/E; 2/8/2002, n. 262/E e 5/11/2002, n. 346/E. Più recentemente, l’Amministrazione Finanziaria è tornata, seppur incidentalmente, sul tema con la risoluzione 275/E del 2008.