Il condono TARSU proposto dal Comune di Lecce è illegittimo

il Comune di Lecce ha proposto ai propri contribuenti un condono sulla TARSU pregressa, tuttavia, ai sensi dell’attuale normativa, tale condono rischia di rivelarsi inefficace.

A) PREMESSA

Il Consiglio Comunale di Lecce con la deliberazione n. 56 dell’1 agosto 2012 ha approvato il regolamento per la definizione agevolata della TARSU riferita agli anni dal 2006 al 2011.

In merito al suddetto regolamento il Presidente della X Commissione di Controllo, On. Antonio Rotundo, mi ha chiesto di redigere il presente parere, alla luce della recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione – Sez. Tributaria Civile – n. 12679 del 30/05/2012, depositata in cancelleria il 20/07/2012.

Secondo la suddetta sentenza, il potere dei Comuni di stabilire condoni sui tributi propri non è esercitabile senza ben precisi limiti temporali, nel senso che i condoni possono essere fatti solo per i periodi di imposta precedenti al 2002 e non per gli anni successivi.

Di conseguenza, alla luce della suddetta sentenza della Corte di Cassazione, il condono TARSU del Comune di Lecce è da ritenere illegittimo perché riferito agli anni dal 2006 al 2011.

 

B) CONDONO DEGLI ENTI LOCALI

Il legislatore fiscale, con la L. n. 289 del 27/12/2002, entrata in vigore il 1° gennaio 2003, all’articolo 13 ha disciplinato tassativamente la definizione dei tributi locali.

In particolare, l’art. 13 cit. testualmente disponeva:

“1. Con riferimento ai tributi propri, le Regioni, le Province ed i Comuni possono stabilire, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.

2. Le medesime agevolazioni di cui al comma 1 possono essere previste anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale”.

Tenuto conto che la L. n. 289/2002 riguardava una serie di condoni fiscali di natura erariale (i.e. Irpef, Irpeg, Iva…), per i quali il termine di presentazione delle domande di condono scadeva il 1° giugno 2004, il legislatore, invece, solo per i tributi locali non aveva previsto il termine ultimo di presentazione delle domande di condono, lasciando agli enti locali la possibilità di stabilire diversi termini di presentazione, logicamente successivi al 1° giugno 2004, ma sempre riferiti ad obblighi tributari “precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”, cioè riferiti agli anni sino al 2002, in quanto la L. n. 289 citata entrava in vigore il 1° gennaio 2003.

Il preciso riferimento normativo era chiaro, in quanto l’avverbio “precedentemente” doveva logicamente essere riferito ai periodi di imposta oggetto della definizione condonistica e non poteva certo riferirsi alla pubblicazione dell’atto del Comune, in quanto quel riferimento la normativa lo indicava soltanto per precisare che il termine per la presentazione delle domande di condono non doveva assolutamente essere inferiore a sessanta giorni (art. 13, c. 1 cit.).

In definitiva, i condoni fiscali degli enti locali dovevano essere riferiti solo ai periodi di imposta sino al 2002 e non agli anni successivi, anche perché non si poteva consentire un condono aperto “sine die”, costituzionalmente illegittimo.

 

C) LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 12769/12

I succitati principi sono stati ultimamente confermati dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12679/12, che ha ritenuto illegittima la delibera del Comune di Roma n. 31/09 che aveva previsto un condono in materia di tassa sulla pubblicità riferita all’anno 2003, ai sensi dell’art. 13, comma 2, della L. n. 289/09 cit..

In particolare, i giudici di legittimità hanno stabilito i seguenti importanti principi.

  1. Innanzitutto, va osservato al riguardo che l’art. 13, primo comma, citato, con riferimento ai tributi propri del Comune, ovvero quelli la cui titolarietà giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti al suddetto ente, consente la definizione in via amministrativa, mediante la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse dovute all’ente medesimo, nonché dei relativi interessi e sanzioni, di quelle situazioni pendenti con i contribuenti che non abbiano dato luogo all’emissione di atti impositivi od a controversie in sede giurisdizionale. Sempre che, a tenore del medesimo articolo, nel termine fissato da ciascun ente “i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”.

Il secondo comma dell’art. 13 citato, poi, consente all’ente territoriale di stabilire le “medesime agevolazioni di cui al comma 1” anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale, conseguendo, in siffatte ipotesi, alla presentazione dell’istanza di definizione da parte del contribuente, ed a domanda del medesimo, la sospensione del procedimento giurisdizionale in corso, in qualunque stato e grado questo sia eventualmente pendente.

Scrivono i giudici di legittimità:

“Ebbene, come è dato desumere, in modo del tutto inequivoco dalle disposizioni succitate, la possibilità per il contribuente di conseguire la sospensione del giudizio in corso – ipotesi ricorrente nel caso di specie – è ancorata, dall’art. 13 L. n. 289/02, alla concomitante presenza di due specifici presupposti:

  1. che si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in questione;

  2. che, alla data di entrata in vigore della predetta legge, le procedure di accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale fossero già stati instaurati”.

  1. Di conseguenza, proprio alla luce dei suddetti, corretti principi, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’illegittimità del condono del Comune di Roma perché adottato in violazione dell’art. 13 cit., “che delimitava temporalmente – mediante il visto riferimento agli obblighi non adempiuti dal contribuente prima dell’entrata in vigore di detta legge, ed alla necessità che, a tale data, fossero già pendenti i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale – il potere dei Comuni di stabilire condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque, sine die dall’amministrazione comunale”.

  2. I giudici di legittimità continuano nel ribadire che “Non può revocarsi in dubbio, infatti, che le potestà concesse dalla legge alle amministrazioni locali in materia di tributi – siano esse relative all’imposizione fiscale, o piuttosto, come nella specie, all’esenzione o alla riduzione del carico tributario gravante sui contribuenti – non possono che essere esercitate nei limiti, anche temporali, imposti dalla norma primaria alle amministrazioni medesime. Le esigenze di omogeneità di funzionamento dell’intero sistema tributario, evidenziate dal disposto degli articoli 3 (uguaglianza di trattamento dei debitori di tributi diversi da quelli locali), 23 (riserva di legge in materia di prestazioni obbligatorie) e 119, comma 2, Costituzione (coordinamento della finanza pubblica locale con quella nazionale), comportano, invero, la necessità che il legislatore nazionale intervenga a fissare le grandi linee di detto sistema, definendo gli spazi ed i limiti entro i quali possono essere esercitati le potestà attribuite, in materia fiscale, anche agli enti locali territoriali (confronta Corte Costituzionale n. 37/2004)”.

  3. Da tutti i principi sopra esposti i giudici di legittimità precisano che: “Ne discende che l’esercizio di un potere in materia tributaria, da parte dell’ente locale, una volta che sia spirato il termine, previsto dalla legge statale autorizzativa, entro il quale tale potestà poteva essere esercitata, comporta la carenza del potere medesimo e la conseguente disapplicazione da parte del giudice ordinario dell’atto assunto in violazione della norma attributiva della potestà esercitata, nonostante il decorso del termine su indicato (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 2097/75)”.

  4. In conclusione, nel caso concreto, la Corte di Cassazione ha deciso nel modo seguente:

“poiché l’art. 13 L. n. 289/2002 concedeva all’amministrazione comunale la potestà di adottare il solo, specifico, condono ivi previsto, temporalmente delimitato attraverso i riferimenti suesposti, l’adozione di un ulteriore condono, a distanza di ben sette anni dalla normativa primaria succitata, determina l’illegittimità del condono medesimo per carenza di potere che va dichiarata da questa Corte, anche ai sensi dell’art. 363 c.p.c.”.

In sostanza, la Corte di Cassazione, nella controversia sottoposta, ha rigettato le richieste di sospensione fatte dalle parti ed ha condannato, d’ufficio, il contribuente che aveva fatto la domanda di condono, costringendolo a pagare tutte le differenze dovute, comprese le sanzioni e vanificando totalmente gli effetti del condono.

Infatti, la Corte di Cassazione ha eccezionalmente applicato l’art. 363 del codice di procedura civile “principio di diritto nell’interesse della legge” che testualmente dispone al terzo comma:

“Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza”.

In definitiva, proprio perché la Corte di Cassazione, d’ufficio, ha stabilito in maniera chiara e precisa il suddetto principio di diritto, tutti i giudici tributari sono obbligati ad adeguarsi ed a disapplicare i regolamenti comunali che non rispettano i suesposti principi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 546 del 31/12/1992.

 

D) REGOLAMENTO DEL COMUNE DI LECCE PER IL CONDONO TARSU PER GLI ANNI DAL 2006 AL 2011

Il Consiglio Comunale di Lecce con la deliberazione n. 56 del 01 agosto 2012 ha approvato il regolamento per la definizione agevolata della TARSU riferita esclusivamente agli anni dal 2006 al 2011.

Il suddetto regolamento è stato adottato in applicazione dell’art. 13 della Legge n. 289 del 27-12-2002 (condoni fiscali fino all’anno 2002).

In sostanza, per la sanatoria della TARSU è prevista soltanto l’esclusione delle sanzioni determinate dalle vigenti norme in materia, per i casi di omessa, infedele o inesatta dichiarazione, e per i ricorsi avverso gli avvisi di accertamento notificati entro il 31-12-2011.

Per le controversie tributarie pendenti alla data del 31-12-2011 per le quali non siano intervenute sentenze definitive, si possono pagare cifre ridotte nonché si può chiedere la sospensione dei giudizi oggetto dell’atto di definizione agevolata (art. 7 del regolamento citato).

Le domande di condono, a pena di decadenza, devono essere presentate dallo 01-09-2012 ed entro e non oltre il 31-10-2012, ed in ogni caso la dichiarazione contenuta nell’istanza di condono equivale all’autodenuncia di cui all’art. 70 del D.Lgs. n. 507/93.

A questo punto, occorre precisare che, prima della delibera del Consiglio Comunale del 01 agosto 2012, la Corte Suprema di Cassazione – Sezione Tributaria Civile – con l’importante sentenza n. 12679 del 30-05-2012, depositata in cancelleria il 20-07-2012, ha stabilito il principio che il potere dei Comuni di deliberare condoni sui tributi propri non è esercitabile senza ben precisi limiti temporali, cioè per obblighi tributari fino alla data del 31-12-2002 e non oltre.

La Cassazione ha osservato che l’art. 13 della Legge 289/2002, con riferimento ai tributi propri dei Comuni, consente la definizione in via amministrativa alla concomitante presenza di due specifici presupposti legislativi:

  1. che si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della Legge n. 289/2002 (cioè 31-12-2002);

  2. che, alla data di entrata in vigore della predetta legge, la procedura di accertamento od i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale fossero già stati instaurati.

Infatti, secondo i giudici di legittimità, come in precedenza precisato, il potere dei Comuni di stabilire condoni non può essere esercitato sine die, ma il suddetto potere deve sempre essere esercitato nei limiti anche temporali imposti dalla norma primaria, cioè entro il 31-12-2002. Questo principio deve rispettarsi per esigenze di omogeneità di funzionamento dell’intero sistema tributario, evidenziate dagli articoli 3, 23 e 119, comma 2, della Costituzione, che comportano la necessità che il legislatore nazionale intervenga sempre a fissare le grandi linee di detto sistema, definendo gli spazi ed i limiti entro i quali possono essere esercitate le potestà attribuite, in materia fiscale, anche agli Enti locali territoriali (come più volte stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 37/2004).

Ne discende che l’esercizio di un potere in materia tributaria, da parte dell’ente locale, una volta che sia spirato il termine del 31-12-2002 previsto dalla legge statale autorizzativa, entro il quale tale potestà poteva essere esercitata, comporta la carenza del potere medesimo e la conseguente disapplicazione da parte del giudice dell’atto assunto in violazione della norma attributiva della potestà esercitata, nonostante il decorso del termine suindicato (Cassazione Sez. Unite n. 2097/75).

Di conseguenza, applicando i suddetti corretti principi, la Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 363 c.p.c. (principio di diritto nell’interesse della legge), ha determinato l’illegittimità per carenza di potere del regolamento del condono del Comune di Roma del 2009 e ha dato torto ad un contribuente che si era avvalso di quel condono riferito ad un tributo locale, perché il Comune di Roma non poteva dopo sette anni dal 2002 deliberare alcun condono.

Nella stessa situazione si trova oggi il Comune di Lecce, che non solo prevede un condono a dieci anni di distanza dal 2002, peraltro riferito agli anni dal 2006 al 2011, ma approva un regolamento dopo la pubblicazione della succitata importante sentenza della Corte di Cassazione del 20 luglio 2012.

La Cassazione è il massimo organo di legittimità nell’interpretazione della legge ed il Comune di Lecce ne deve necessariamente tenere conto, perché nell’emanare un regolamento si deve sempre rispettare scrupolosamente la legge ordinaria, senza chiedersi cui prodest.

Oltretutto, anche i contribuenti devono sapere che in futuro i giudici, anche d’ufficio, possono disapplicare e ritenere illegittimo il condono (come ha fatto la Cassazione nel caso di specie) per cui la loro autodenuncia non comporterà alcun beneficio sanzionatorio.

Infine, non bisogna dimenticare che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, comma 1, D.Lgs. n. 446/97, il Comune, con proprio regolamento, non può mai disciplinare l’individuazione e la definizione di fattispecie imponibili, che sono di esclusiva competenza dello Stato e, quindi, non può prevedere ipotesi condonistiche per imponibili che, invece, lo Stato aveva previsto solo per i periodi d’imposta fino al 2002 e non agli anni successivi.

 

E) PARERE DI LEGITTIMITA’ DEL SEGRETARIO GENERALE DEL COMUNE DI LECCE, DOTT. VINCENZO SPECCHIA, DEL 29/08/2012 (PROT. GEN. 96852/12)

Il Segretario Generale del Comune di Lecce. Dott. Vincenzo Specchia, su richiesta del Presidente della Commissione Controllo e Garanzia, On. Antonio Rotundo, ha rilasciato in data 29/08/2012 il parere di legittimità sulla delibera riguardante il condono TARSU.

In particolare, il suddetto parere richiama la nota n. 2195/2004 del Dipartimento delle Politiche Fiscali secondo la quale i Comuni “hanno la facoltà di definire i propri rapporti tributari e di disciplinare autonomamente termini, proroghe, forme e modalità di attuazione della sanatoria rientrando pienamente nel potere riconosciuto agli enti territoriali dal citato art. 13 della L. n. 289 del 2002”.

Secondo il succitato parere, ci sarebbe un contrasto tra la nota n. 2195/2004 e la sentenza della Corte di Cassazione n. 12679/2012 per cui si sollecita l’intervento del legislatore che adegui la normativa alla sentenza della Suprema Corte o, in alternativa, un’ulteriore circolare interpretativa del Dipartimento Politiche Fiscali che recepisca quanto affermato nella sentenza.

In ogni caso, il Segretario Generale precisa che “Nelle more gli enti territoriali devono valutare l’opportunità di adottare i regolamenti che possano essere, de jure condendo, inficiati”, pur ribadendo la legittimità della delibera consiliare n. 56 del 1° agosto 2012, pubblicata all’albo dal 03 al 17 agosto 2012 senza opposizioni e, pertanto, esecutiva, come risulta dall’attestazione del Vice Segretario Generale rilasciata in data 21 agosto 2012.

In merito alla succitata nota del Segretario Generale, preciso quanto segue:

  1. La nota n. 2195/04 del Dipartimento delle Politiche Fiscali non autorizzava assolutamente i Comuni a fare i condoni per i periodi di imposta successivi al 2002 ma indicava semplicemente la facoltà di disciplinare i termini di presentazione dei condoni, sempre limitatamente ai periodi di imposta precedenti il 2002 e mai ai periodi d’imposta successivi.

  2. L’importante sentenza della Corte di Cassazione n. 12679 del 20-07-2012 è stata pronunciata ai sensi dell’art. 363 del codice di procedura civile, che testualmente prevede: “Principio di diritto nell’interesse della legge”. Questo vuol dire che i giudici di legittimità hanno chiarito come tutti devono interpretare l’art. 13 della Legge n. 289/2002 ed a questa interpretazione sono vincolati tutti gli operatori del diritto, sia contribuenti sia enti locali.

  3. Da quanto sopra esposto non c’è alcun contrasto tra la circolare ministeriale e la sentenza della Corte di Cassazione, e qualora fosse evidenziato questo contrasto non c’è dubbio che si deve seguire sempre l’interpretazione data dalla Corte di Cassazione, quale massimo organo di legittimità giurisdizionale.

  4. L’art. 13 della Legge n. 289/2002 non ha bisogno di alcuna modifica, perché l’interpretazione corretta è quella data dalla Corte di Cassazione, precedente alla delibera del Comune di Lecce. Non è necessaria alcuna ulteriore circolare ministeriale perché i giudici di legittimità si sono espressi in modo chiaro e tassativo.

Oltretutto, proprio perché la Corte di Cassazione ha stabilito, in modo chiaro e preciso, il principio di diritto di cui sopra, non ci sarà alcun ripensamento in merito.

 

F) CONCLUSIONI

In base ai principi chiaramente e tassativamente espressi dalla Corte di Cassazione con la più volte citata sentenza n. 12679/12, si deve ritenere illegittimo il regolamento per la definizione agevolata della TARSU, approvato con la delibera n. 56/2012 del Consiglio Comunale di Lecce, perché riguarda i periodi d’imposta dal 2006 al 2011 e, di conseguenza, lo stesso deve essere ritirato in autotutela.

In caso contrario, potrebbero verificarsi le seguenti situazioni:

  • molti contribuenti difficilmente utilizzeranno il condono in mancanza di certezze, con il rischio di doversi trovare nella stessa situazione del contribuente di Roma che, pur avendo fatto il condono per l’imposta di pubblicità relativa all’anno 2003, in Cassazione ha perso la causa ed ha dovuto pagare tutta l’imposta con le relative sanzioni;

  • i giudici tributari non possono sospendere i giudizi in corso e devono scrupolosamente rispettare l’interpretazione di diritto data dalla Corte di Cassazione; di conseguenza, viene meno la definizione agevolata delle liti pendenti prevista dall’art. 7 del regolamento comunale;

  • il Comune di Lecce rischia, in ogni caso, di non incamerare la somma prevista di due milioni di euro con il condono TARSU;

  • infine, il Comune di Lecce può essere oggetto di giudizio dinanzi alla Corte dei Conti per danno erariale, per non aver incassato le sanzioni amministrative della TARSU per gli anni dal 2006 al 2011 utilizzando un regolamento totalmente illegittimo ed in contrasto con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Cassazione.

 

 

5 settembre 2012

Avv. Maurizio Villani