La mancata convocazione del contribuente non inficia l'accertamento

La Cassazione conferma che in caso di istanza di accertamento con adesione, il Fisco può procedere anche senza convocare il contribuente al contraddittorio.

Con sentenza n. 3259 del 2 marzo 2012 (ud. 8 novembre 2011) la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle conseguenze che derivano nell’ipotesi di mancata convocazione del contribuente, a seguito di istanza di accertamento con adesione presentata, ai sensi del comma 2, dell’articolo 6, del D.Lgs. n.218/97.

 

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza che si annota è il seguente:

“Prescindendo … da ogni considerazione circa l’intervento o meno di una tempestiva convocazione, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare là contestazione giudiziaria, (v. Cass. n. 28051 del 2009) ed inoltre che la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, ex art. 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge (v, SU n. 3676 del 2010)”.

 

 

Mancata convocazione del contribuente – Brevi note

Già con ordinanza n. 29127 del 28 dicembre 2011 (ud 22 novembre 2011), la Corte di Cassazione aveva confermato che – in sede di accertamento con adesione – la convocazione del contribuente non è obbligatoria,

“perchè il principio di diritto espresso nella sentenza gravata, secondo cui l’omissione dell’obbligo dell’Ufficio di procedere alla convocazione D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, determinerebbe la illegittimità degli atti impositivi e delle conseguenti cartelle di pagamento, è stato giudicato erroneo dalle Sezioni Unite di questa Corte, che, con la sentenza n. 3676/2010, hanno affermato l’opposto principio che in tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, ex art. 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge”.

 

Ancor prima, con sentenza n. 28051 del 30 dicembre 2009 (ud. del 23 novembre 2009) la Corte di Cassazione aveva affermato che

“la formulazione del testo di legge induce a ritenere che la convocazione del contribuente, a seguito della sua richiesta, non costituisca per l’ufficio un obbligo, ma soltanto una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e della opportunità di evitare la contestazione giudiziaria”. Infatti, “l’’istanza di audizione invero non priva di efficacia l’accertamento, ma ne sospende soltanto il termine di impugnazione di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, esso diviene definitivo, salva l’impugnazione”.

 
E’ solo con il “perfezionamento della definizione” che l’avviso di accertamento perde efficacia.

 

Inoltre, per la Corte l’ufficio può escludere “l’opportunità di una composizione bonaria”, e quindi

“l’obbligo della convocazione costituirebbe un inutile appesantimento dell’attività amministrativa…

Il termine di 90 giorni per il quale resta sospeso l’onere della impugnativa giudiziaria corrisponde del resto a quello stabilito per la formazione del silenzio rifiuto, sicché è coerente col sistema ritenere che, decorso quel termine dalla presentazione della istanza di audizione senza che l’Amministrazione abbia riposto, l’istanza medesima debba considerarsi tacitamente rigettata”.

 

Ma come ricordato nella sentenza che si annota, sul punto le Sezioni Unite della Suprema Corte, avevano già ritenuto infondato il motivo del ricorso,

“secondo il quale il giudice avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’intero procedimento per la mancata convocazione del contribuente a seguito dell’istanza di accertamento per adesione presentata ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, sia perché la predetta nullità non è prevista dalla legge, sia perché, come è rilevabile dalla esposizione dei fatti in controricorso, l’Ufficio, in ottemperanza alla sentenza di primo grado aveva proceduto alla convocazione del contribuente senza che l’accertamento per adesione avesse poi una conclusione positiva”.

 

In realtà, come ancora una volta rilevato dalla Corte di Cassazione, nessuna conseguenza è – espressamente o tacitamente – prevista in conseguenza di una eventuale omissione e proprio tale silenzio ci ha indotto a non condividere le conclusioni di alcune Commissioni Provinciali, osservando, in particolare, che:

  • il beneficio della sospensione salvaguarda esclusivamente la posizione del contribuente che intenda anteporre alla via giurisdizionale un tentativo di composizione amministrativa, senza l’incombente timore di incorrere nella decadenza dell’impugnativa al decorso dei sessanta giorni;

  • l’eventuale inattività dell’ufficio non pregiudica il diritto di difesa che sarà esercitato allo spirare del periodo di sospensione, giudizialmente;

  • la proposta di accertamento con adesione, nell’ipotesi regolamentata dal secondo comma dell’art. 6, deve essere formulata dal contribuente, in quanto l’ufficio ha già formalmente manifestato il proprio orientamento e le proprie conclusioni con la notificazione dell’atto di accertamento e con le motivazioni ivi contenute; l’ufficio, infatti, come rilevato dalla Corte, potrebbe non avere interesse ad instaurare il contraddittorio;

  • le particolari ed informali modalità di trasmissione dell’invito al contraddittorio stabilite dal legislatore (telefonicamente o telematicamente) offrono ulteriore sostegno alla tesi della non obbligatorietà dell’invito al contraddittorio, non potendosi ricondurre gravi effetti di illegittimità/nullità ad adempimenti tutt’altro che rituali e scarsamente probatori.

 

26 aprile 2012

Gianfranco Antico