l’Agenzia delle Entrate ha, finalmente, aggiornato la propria prassi sulla possibilità di rettificare la dichiarazione di successione, allineandosi alle pronunce della Cassazione
Premessa
Con la Risoluzione n. 8/E del 13 gennaio scorso, l’Agenzia delle entrate ha fornito un importante chiarimento riguardo alla possibilità di rettificare le dichiarazioni di successione.
Il documento riallinea la prassi dell’Agenzia delle entrate ai principi di emendabilità e ritrattabilità sanciti in materia dalla Corte di Cassazione secondo cui la dichiarazione di successione, come tutte le altre dichiarazioni, può essere modificata dal contribuente – sia in senso positivo che negativo – anche oltre la scadenza del termine fissato dal legislatore per la sua presentazione ma, comunque, prima della notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta.
La risoluzione supera, dunque, i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 101 del 18 giugno 1999.
La risoluzione 8/E
L’interpello cui risponde la risoluzione in esame può essere sintetizzato nel quesito circa la possibilità di rettificare, oltre il termine previsto dalla legge (art. 31, c. 3, del d.lgs. 346/1990), una dichiarazione di successione per indicarvi alcuni beni di proprietà del de cuius non inseriti e, in particolare, modificare il valore di un cespite dichiarato per un importo di gran lunga superiore rispetto al valore effettivo.
La soluzione interpretativa proposta dal contribuente ammette tale possibilità attraverso la presentazione di una dichiarazione modificativa della precedente.
La risoluzione in esame, nel rispondere all’interpellante, propone una completa analisi della normativa di riferimento e una articolata rassegna della relativa giurisprudenza di legittimità. Non trascura, inoltre, di esaminare la prassi preesistente.
Secondo il Testo Unico delle disposizioni in materia di successioni, la dichiarazione – che deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione (art. 31, c. 1, del d.lgs. 346/1990) – può essere rettificata dal contribuente incorso in errore fino a scadenza di tale termine con la presentazione di una dichiarazione modificativa (art. 31, c. 3, del d.lgs. 346/1990).
La problematica su cui verte l’interpello – inerente, invece, alla possibilità di emendare la dichiarazione prodotta oltre il suddetto termine – è stata affrontata dall’Amministrazione finanziaria nel 1999 con la risoluzione n. 101 del 18 giugno 1999.
La risoluzione 8/E ricorda che il citato documento di prassi sottolineava che, scaduto il termine di cui all’art. 31, c. 1, del d.lgs. 346/1990, soltanto l’Ufficio, in sede di liquidazione, poteva apportare correzioni alla dichiarazione qualora emergessero errori di calcolo o materiali oggettivamente desumibili dal contesto della dichiarazione. Tale assunto veniva dedotto dalla lettura del combinato disposto dell’art. art. 31, c. 3, del d.lgs. 346/1990 e dell’art. 33, c. 2 del medesimo testo unico che dispone: “In sede di liquidazione l’Ufficio provvede a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile”.
La risoluzione del 1999, quindi, precisava che le uniche modifiche ammissibili erano quelle effettuate con le stesse forme e negli stessi termini previsti per la dichiarazione che si intendeva modificare1.
La risoluzione del 13 gennaio scorso, prendendo atto dell’attuale e costante indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione, afferma invece che il contribuente può procedere alla rettifica degli errori commessi nella dichiarazione di successione con il solo limite temporale rappresentato dalla notificazione dell’avviso di rettifica e di liquidazione delle maggiori imposte, ovvero, dal decorso del termine di cui all’art. 27, c. 3, del Testo Unico sulle successioni, per la notifica del medesimo e, precisamente, 2 anni dal pagamento dell’imposta principale.
Nel caso specifico proposto dal contribuente, tuttavia, l’Agenzia delle entrate esprime parere sfavorevole poiché la dichiarazione di successione d cui si proponeva l’emendabilità era stata presentata il 30 ottobre 1995 è, quindi, non più ritrattabile a causa del decorso dei termini sopra indicati.
Il documento di prassi, ponendosi in evidente antitesi col precedente (ris. 101/1998) dichiara esplicitamente superata la posizione assunta in passato dal Fisco.
L’evoluzione giurisprudenziale
In assenza di specifiche disposizioni normative in materia, la giurisprudenza ha influenzato anche in passato i documenti di prassi dell’amministrazione finanziaria. La citata Risoluzione n. 101/1999, ad esempio, si rifaceva con chiarezza alla sentenza del 5 febbraio 1996, n. 946 che precisava: << sono correggibili gli errori materiali o di calcolo contenuti nelle dichiarazioni tributarie, quando essi emergono “ ictu oculi” dalla dichiarazione stessa >>.
Dalla sentenza del 1996 in poi, le pronunce della Corte di Cassazione sono state spesso discordanti – come rilevato dalla stessa Corte Suprema con la sentenza 20 giugno 2002, n. 8972 – a conferma delle perplessità interpretative implicite alla tematica esposta.
I contrasti giurisprudenziali accennati sono stati risolti con la sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione n. 14088 del 27 luglio 2004.
Il principio affermato nella pronuncia richiamata sottrae al termine di presentazione della dichiarazione il potere del contribuente di modificare la dichiarazione in quanto, a giudizio della Corte, tale termine << attiene alle modalità di adempimento di un obbligo e non all’esercizio di un potere – onde il mancato rispetto non inciderà sull’efficacia della dichiarazione, potendo solo comportare l’applicazione delle sanzioni corrispondenti>>.
La dichiarazione di successione, secondo i giudici, presenta delle peculiarità, in quanto al di fuori dell’ipotesi della dichiarazione modificativa propriamente detta ( art. 31, comma 1, citato) non è consentito ai contribuenti correggere eventuali errori. La possibilità offerta dall’art. 28, comma 6, ( dichiarazione sostitutiva e dichiarazione integrativa) riguarda, infatti, ipotesi ben diverse in cui, il contribuente ha l’obbligo di modificare la dichiarazione per il verificarsi di precisi eventi che danno luogo a mutamento della devoluzione ereditaria o del legato, ovvero, all’applicazione dell’imposta in misura superiore.
Le Sezioni Unite, pertanto, hanno affermato un principio di emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione di successione che travalica il termine più volte ricordato partendo dall’assunto che tale dichiarazione costituisce un momento dell’iter procedimentale finalizzato all’accertamento dell’obbligazione tributaria “che si conclude con l’emissione dell’atto impositivo da parte dell’ ufficio sulla base dei dati emersi dalla stessa che così esaurisce la propria funzione … da ciò consegue che la dichiarazione di successione è emendabile finchè non intervenga un avviso d’accertamento di maggior valore”.
Con successive sentenze (Corte di Cassazione n. 20629/2009, n. 21196/2008, 11143/2006) il principio è stato più volte riaffermato con la specificazione che le eventuali correzioni apportabili possono essere sia in aumento che in diminuzione.
In particolare nella sentenza 20629/2009, i giudici di legittimità spiegano che le motivazioni su cui si fonda l’emendabilità della dichiarazione di successione si fondano sulla sua natura di dichiarazione di scienza, da cui deriva che gli effetti giuridici si producono “per il solo fatto che la manifestazione c’è stata ed in virtù di legge, anche per il solo caso in cui il dichiarante non preveda degli effetti o voglia evitarli” , nonché sulle norme dello Statuto dei diritti del Contribuente (art. 10, L.212/2000) e sui principi generali di capacità contributiva e buona amministrazione.
La decisione del 2009, inoltre, precisa che in sede di impugnazione dell’avviso di liquidazione, allo steso modo, non possono essere addotti “errori di valutazione sull’entità dei cespiti o errori di diritto asseritamente contenuti nella dichiarazione e diretti ad ottenere una riduzione d’imposta legittimamente liquidata dall’ufficio sulla base della dichiarazione originaria”.
A conclusione dell’iter interpretativo descritto, la risoluzione 8/E cita, tra le sentenze più recenti, la sentenza n. 24265/2011 che definitivamente afferma l’indirizzo secondo cui la dichiarazione di successione, al pari di ogni altra dichiarazione fiscale, può essere modificata e ritrattata, anche dopo la scadenza del termine fissata dall’art. 31 D.lgs. 346/1990 purché prima della notifica dell’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, con la precisazione che l’eventuale “mancata osservanza” del termine di cui sopra, potrà comportare l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 50 (omissione della dichiarazione) e seguenti.
In linea di principio, dunque, i contribuenti possono procedere alla rettifica di errori contenuti nella dichiarazione di successione anche non meramente materiali o di calcolo – che gli uffici terranno in considerazione – se apporta prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta ovvero prima del decorso del termine previsto per la notificazione del medesimo fissato dall’art. 27, comma 3, d.lgs. 346/1990 in due anni dal pagamento dell’imposta principale.
16 febbraio 2012
Cinzia Bondì
1 Art. art. 31, c. 3, D.lgs. 346/1990: “fino alla scadenza del termine la dichiarazione di successione può essere modificata con l’osservanza delle disposizioni degli articoli 28, 29 e 30”.