La chiusura delle liti pendenti supera il vaglio europeo

nessun problema per i contribuenti che aderiranno al “condono” relativo al contenzioso: tale istituto è compatibile con la normativa europea in tema di IVA

 

Come è noto, ai sensi dell’art. 39, c.a 12, del decreto-legge 6 luglio 2011,n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, “le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1° maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado di giudizio e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”.

Con il provvedimento del 13 settembre 2011, del Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, è stato, altresì, approvato il relativo modello di domanda per la definizione e indicate le relative modalità di versamento.

Le liti fiscali sono definibili con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

A tale fine, si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 16, con le seguenti specificazioni:

a) le somme dovute ai sensi del presente comma sono versate entro il 30 novembre 2011 in unica soluzione;

b) la domanda di definizione è presentata entro il 31 marzo 2012;

c) le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente comma sono sospese fino al 30 giugno 2012. Per le stesse sono altresì sospesi, sino al 30 giugno 2012 i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio;

d) gli uffici competenti trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonché alla Corte di cassazione, entro il 15 luglio 2012, un elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto deve essere depositata entro il 30 settembre 2012. Entro la stessa data deve essere comunicato e notificato l’eventuale diniego della definizione;

e) restano comunque dovute per intero le somme relative al recupero di aiuti di Stato illegittimi.

 

Le date da ricordare

Nello schema che segue indichiamo le date da tenere a mente:

 

Data

Adempimento

30 novembre 2011

Versamento delle somme dovute

31 marzo 2012

Domanda di definizione

30 giugno 2012

Termine ultimo di sospensione degli adempimenti relativi al contenzioso delle liti definibili

15 luglio 2012

Trasmissione da parte degli uffici alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonché alla Corte di cassazione, dell’elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione

30 settembre 2012

Sospensione delle liti per le quali è stata presentata domanda di definizione

30 settembre 2012

Comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto

30 settembre 2012

Comunicazione e notificazione delll’eventuale diniego della definizione.

 

Le regole essenziali

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 16, perché la lite sia considerata pendente è sufficiente che sia stato proposto il ricorso ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ancorché alla stessa data non sia stato effettuato il deposito presso la Commissione tributaria adita, a condizione, s’intende, che non sia ancora decorso il termine di trenta giorni per costituirsi in giudizio.

Il valore della lite va individuato sulla base del tributo o maggior tributo accertato o, nel caso di impugnazione parziale, sulla base del tributo o del maggior tributo contestato, con esclusione degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento. Infatti, il valore da assumere a base del calcolo per la definizione è sempre costituito dall’importo del tributo e/o delle sanzioni non collegate al tributo nella misura in cui sono stati contestati con l’atto introduttivo del giudizio in primo grado, a prescindere dagli ulteriori sviluppi della controversia.

Qualora l’atto impositivo rechi indicazione solo dei maggiori imponibili (la fattispecie era ricorrente nel settore delle imposte indirette diverse dall’Iva) il valore della lite è dato dall’imposta liquidabile sulla base dell’imponibile accertato e delle relative disposizioni di legge.

Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati. Per lite autonoma si intende quella relativa ad ogni singolo avviso di accertamento, provvedimento di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione.

Pertanto, ove con il medesimo atto introduttivo del giudizio siano stati impugnati più provvedimenti, il valore della lite dovrà essere calcolato per ogni singolo atto in contestazione.

La definizione ha per oggetto il contenuto complessivo di ogni singola controversia, non essendo ammessa la definizione parziale, riferita cioè ad una sola parte della materia del contendere, così come circoscritta dall’atto introduttivo del giudizio. Nel determinare il valore della lite occorre, in particolare, tenere conto di tutti i tributi (e delle sanzioni agli stessi non collegate) in contestazione, compresi addizionali e Irap.

Fanno eccezione le ipotesi in cui una lite autonoma ha per oggetto sia rapporti tributari definibili che rapporti non definibili. Esclusivamente in queste situazioni è possibile chiudere parzialmente la lite, determinando il valore della stessa senza considerare i tributi e le sanzioni non definibili. In questo caso il giudizio prosegue per la parte relativa a questi ultimi.

Le liti fiscali si definiscono con il pagamento di un importo fisso di € 150 se il valore della lite non supera € 2.000. In questo caso non rilevano le pronunce eventualmente rese.

Qualora detto valore superi € 2.000, sono dovuti i seguenti importi:

a) 10% del valore della lite in caso di soccombenza dell’Amministrazione finanziaria dello Stato nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, alla data di presentazione della domanda di definizione della lite;

b) 50% del valore della lite in caso di soccombenza del contribuente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, alla data di presentazione della domanda di definizione della lite;

c) 30% valore della lite nel caso in cui, alla medesima data, la lite penda ancora nel primo grado di giudizio e non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio.

Il comma 9 dell’articolo 16 della legge n. 289/2002 stabilisce che “in caso di pagamento in misura inferiore a quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità dell’errore, è consentita la regolarizzazione del pagamento medesimo entro trenta giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione dell’ufficio“.

In caso di errore scusabile commesso dal contribuente, la Direzione regionale o provinciale competente comunica la differenza dovuta per la regolarizzazione. Tali somme, maggiorate degli interessi legali a decorrere dal giorno successivo al termine per il versamento fissato dell’art. 39, c. 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, sono versate sempre con F24, entro trenta giorni dal ricevimento della predetta comunicazione.

 

La legittimità europea

Va ricordato in questa sede, anche per tranquillizzare i contribuenti, che con sentenza n. 19333 del 22 settembre 2011(ud. del 19 maggio 2011), la Corte di Cassazione ha confermato che la definizione delle liti pendenti non è in contrasto con la Sesta Direttiva n. 77/388/CEE.

E’ a tutti noto che, con sentenza del 17 luglio 2008, causa C-132/06, la Corte di Giustizia CE ha affermato che essendo gli Stati membri obbligati ad adottare gli strumenti normativi ed organizzativi atti a garantire la corretta applicazione e l’osservanza delle disposizioni del diritto comunitario (per assicurare l’effettiva riscossione dell’imposta sul valore aggiunto che costituisce risorsa propria della Comunità Europea), non è legittimo che uno Stato membro introduca e mantenga una normativa contenente la rinuncia generalizzata ed indiscriminata all’esercizio del potere di accertamento dei tributi.

Tuttavia, la pronuncia della Corte CE – nata per per gli artt. 8 e 9 della L. n. 289/2002 – non è estensibile alla definizione delle liti fiscali pendenti.

Sul punto, si erano già espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – sentenza n. 3676 del 17 febbraio 2010 (ud. del 2 febbraio 2010) – ritenendo legittima la chiusura delle liti pendenti in quanto non concernono misure di definizione dell’imposta, bensì misure di definizione delle liti pendenti. “Emerge con tutta evidenza che la disposizione in esame non prevede alcuna rinuncia all’accertamento dell’imposta, il cui potere è già stato esercitato (ed è contestato nella sua legittimità), bensì esclusivamente autorizza l’amministrazione finanziaria a “transigere” l’esito (sempre incerto) della lite a determinate condizioni, che rappresentano i limiti dell’offerta di “disponibilità” alla transazione. Si tratta di una misura meramente deflattiva del contenzioso in atto, che consente all’amministrazione di concludere in un modo comunque positivo (con un incasso) la propria contestata azione accertativa”.

La norma, pertanto, non potrà essere disapplicata dal giudice nazionale, in conseguenza della richiamata sentenza della Corte di Giustizia.

 

24 ottobre 2011

Roberta De Marchi