La ricostruzione dei ricavi nei confronti di coiffeur-parrucchiere

vediamo quali indici il Fisco può utilizzare per ricostruire il reale volume d’affari di un’attività di parrucchiere, sorpassando le scritture contabili

Le rettifiche di cui all’art. 39, c. 1, lett. d, del D.P.R. n. 600/73, e all’art. 54, c. 2, del D.P.R. n. 633/72 e gli accertamenti induttivi di cui all’art. 39, c. 2, del D.P.R. n. 600/73 e all’art. 55 del D.P.R. n. 633/72, sono spinte anche dalla posizione assunta dalla Corte di Cassazione nel corso degli ultimi anni.

 

Il settore dei servizi dei saloni di parrucchiere

Il settore in esame – servizi dei saloni di parrucchiere – comprende sia ditte a prevalente conduzione familiare (magari collaborati da qualche addetto) sia imprese di una certa struttura ed organizzazione (oggi vanno di moda i negozi in franchising), anche di tipo societario, realizzate con l’ausilio di più dipendenti.

Obiettivo dichiarato del controllo ” è quello di ricostruire credibilmente i ricavi corrispondenti ai servizi effettivamente resi a fronte di quelli annotati in contabilità e dichiarati sia ai fini I.V.A. che delle imposte sui redditi1.

I verificatori, dovendo procedere ad esaminare la congruità dei ricavi dichiarati per l’anno del controllo, fanno precedere l’attività dall’esame di tutta una serie di dati ed elementi che potranno essere utili in una fase successiva, quali quelli dei ricavi, costi, reddito e personale, stratificati negli anni antecedenti e successivi all’annualità da verificare, che possono già evidenziare sintomi di ” inattendibilità ” dei corrispettivi, tenuto conto altresì che il settore in cui opera il contribuente si presta all’omessa fatturazione, totale o parziale, dei corrispettivi relativi ai servizi resi e alla sistematica sottofatturazione delle prestazioni rese.

Inoltre, i verificatori procedono ad acquisire:

  • tutte le informazioni rilevabili dall’archivio dell’Anagrafe Tributaria, attraverso interrogazioni sintetiche e selettive, reperendo i dati recenti sull’ubicazione e sul numero dei locali utilizzati, nonché gli elementi disponibili al sistema informativo dell’IVA, riguardanti le dichiarazioni di inizio attività e le eventuali variazioni e la consultazione degli atti rilevanti ai fini dell’imposta di registro ;

  • l’ultima dichiarazione disponibile, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’IVA;

  • i cd.precedenti fiscali (precedenti controlli o verifiche già effettuate, eventuale inclusione in liste selettive di anni precedenti, osservazione dell’andamento del reddito dichiarato, quanto meno nel triennio precedente all’annualità oggetto di controllo);

  • l’eventuale presenza di protesti a carico dell’impresa, per valutare lo ” stato di salute” dell’azienda che la prevedibile proficuità dell’azione accertatrice;

  • gli elementi di “visibilità” dell’azienda all’esterno (presenza di inserzioni pubblicitarie su “Pagine Gialle” e “Pagine Utili“, spot radiofonici e/o televisivi, rilevanti campagne pubblicitarie murarie, esistenza di un proprio sito Internet, etc);

  • gli elementi di accertamento comunque in possesso dell’Ufficio, reperiti anche accidentalmente per mezzo di fonti non istituzionali (ad es. notizie di stampa).

 

I verificatori procedono, ancora, alla valutazione degli altri indici di capacità contributiva, quali il possesso di auto, imbarcazioni, residenze secondarie, detenuti anche per interposta persona, fisica o giuridica, che comunque denotino un elevato tenore di vita del contribuente e del suo nucleo familiare.

A tal fine, oltre ai doverosi controlli effettuati a mezzo dell’Anagrafe Tributaria, gli agenti del Fisco attingono a fonti diversificate sul territorio (i.e. circoli, club, associazioni cui il contribuente sia eventualmente affiliato).

 

La ricostruzione dei ricavi

L’esiguità dei prodotti acquistati per l’esercizio dell’attività rapportata alle notevoli spese per energia elettrica, e insufficienti, per altro, a determinare i corrispettivi contabilizzati, è uno degli indizi che lascia presumere acquisti di merce in evasione d’imposta.

Così come, partendo proprio dagli acquisti di merce utilizzata per l’esercizio dell’attività, è possibile valorizzarla, per determinare maggiori ricavi.

La ricostruzione dei ricavi in sede di verifica viene effettuata sulla base della metodologia di controllo specifica del settore, emanata dall’allora Ministero delle Finanze con la circolare n.289/E del 7.11.97 e con il successivo aggiornamento – circolare n.185/E del 13 ottobre 2000 -.

I verificatori, pertanto, guardano con particolare attenzione :

  • alla natura delle prestazioni (quelle principalmente rese dai parrucchieri per signora sono la piega, il taglio, la permanente, la tintura, alle quali vanno aggiunte altre prestazioni più particolari, quali la decolorazione, stiratura, mesches, riflessi, colpi di sole, manicure, impacchi di crema, uso di shampoo speciale, uso di lozioni rigeneranti);

  • alle tariffe (queste – da esporre obbligatoriamente al pubblico – variano in relazione all’ubicazione, al tipo di esercizio, e spesso legate al rapporto del titolare con la cliente; i prezzi delle prestazioni rese possono essere rilevate dalle ricevute fiscali emesse e rapportati con quelli determinati in contraddittorio con la parte);

  • alla quantità delle prestazioni (il monte ore disponibile nel corso dell’anno, riferito al titolare a agli altri eventuali addetti );

  • ai consumi di materiale (shampoo, lacca, lozioni, tinture, etc.) in relazione ai servizi resi, per constatare eventuali ipotesi di sottofatturazione (ricevute fiscali emesse per importi inferiori a quelli realmente pagati dai clienti).

 

I verificatori, dall’esame e dal conteggio dettagliato delle ricevute fiscali emesse e dai servizi effettuati, possono appurare il numero di prestazioni effettuate, e il tipo di prestazione (a livello percentuale).

Riscontrato ciò, possono procedere alla quantificazione del monte ore lavorate nell’anno e, sulla base di ciò, alla rideterminazione delle prestazioni effettuate, in rapporto ai tempi di lavorazione per ciascun servizio, concordati con la parte in sede di contraddittorio e alla quantificazione dei ricavi realizzati, in relazione ai prezzi rilevati dalle ricevute fiscali emesse e da quelli dichiarati dal soggetto verificato.

Calcolato il totale del monte ore lavorate-disponibile, sulla base dei dati dichiarati dal contribuente, vengono distribuite le prestazioni in rapporto percentuale uguale a quelle dichiarate.

 

L’avallo della Corte di Cassazione

Con sentenza n. 13305 del 17 giugno 2011 (ud. del 15 marzo 2011) la Corte di Cassazione si è occupata proprio di una ricostruzione dei ricavi effettuata nei confronti di un parrucchiere, ritenendo legittimo, pur quando il contribuente abbia una contabilità complessivamente attendibile, procedere alla rettifica dei ricavi mediante accertamento c.d. analitico-induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 1, la cui lettera d prevede che “l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegate possa desumersi dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonchè dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32“; aggiungendo poi che “L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti” (analoga disposizione, in materia di accertamento IVA, è dettata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54).

Si ricorda che l’art. 62-sexies del D.L. 30.8.1993, n. 331, conv. con modif. nella L. 29.10.1993, n. 427, ha aggiunto, all’art.39, c. 1, lett. d, del D.P.R. n.600/73 e, parallelamente, all’art.54 del D.P.R. n. 633/72, ai fini Iva, la possibilità che tali accertamenti possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, l’accertamento impugnato dal contribuente è stato svolto “sulla base dei prodotti impiegati nel periodo di imposta oggetto di controllo” e “la ricostruzione del fatturato (e quindi del reddito d’impresa) operata dall’Ufficio fu svolta in base alla rilevazione del consumo dei prodotti impiegati nell’attività di parrucchiere (tubi di colore per capelli e confezioni per permanente) e quindi, evidentemente, sulla presunzione semplice dell’esistenza di una relazione diretta tra la quantità di materiale consumato e il numero di prestazioni effettuate (oltre che sulla ulteriore presunzione semplice che per le prestazioni non fatturate l’imprenditore percepisse il medesimo corrispettivo risultante dalle fatture emesse per le prestazioni contabilizzate)”.

La modalità di accertamento adottata dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato risulta quindi fondata su dati (gli acquisti e le rimanenze dei tubi di colore, il corrispettivo medio delle prestazioni) desunti proprio dalle scritture aziendali e quindi soggiace alla disciplina del D.P.R. n. 600 del 1973,art. 39, c. 1 e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54; “si tratta, cioè, di accertamento analitico-induttivo e non di accertamento induttivo extracontabile e, pertanto, va giudicato legittimo anche in presenza di contabilità formalmente regolare”.

Nel caso di specie l’accertamento è fondato sulla semplice verifica del consumo di materiale utilizzato nell’attività aziendale.

Il ricorso alle presunzioni semplici, quale prova indiretta dell’evasione, purchè, ai sensi dell’art. 2727c.c., basate su circostanze gravi precise e concordanti, è legittimo.

Infatti, gli elementi considerati dall’Ufficio sono fondati sull’esame dei prodotti maggiormente utilizzati nell’esercizio dell’attività di parrucchiere, attraverso il calcolo degli acquisti e delle rimanenze.

 

29 agosto 2011

Gianfranco Antico

1 Cfr. Circolare n.185/E del 13 ottobre 2000 in “il fisco“, n.40/2000, pag. 12185.