Il funzionamento del “consiglio d’amministrazione” di una S.n.c., in particolare il rischio di impasse in presenza di due soci amministratori
La questione riguarda la costituzione di una snc tra due fratelli, con quote al 60% e al 40%.
Il consiglio d’amministrazione invece dovrebbe essere composto sempre dai due fratelli, e prevedere l’amministrazione disgiunta per l’ordinaria amministrazione e congiunta per la straordinaria.
Vorrei sapere quali sono esattamente le competenze del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci in una società in nome collettivo, perchè non sono riuscito a trovare nessuna norma specifica.
Perchè, se non sbaglio, nel consiglio di amministrazione si contano le teste, per cui i due amministratori hanno pari potere, mentre nell’assemblea conta la quota di partecipazione, quindi il socio al 60% ha un potere praticamente assoluto, o sbaglio?
Ad esempio, l’acquisto di un immobile, se i due amministratori/soci non sono d’accordo su quale immobile acquistare, e quindi il consiglio di amministrazione non giunge ad una decisione, può essere risolto da un’assemblea dei soci?
E questa assemblea dovrebbe essere redatta da un notaio, oppure si possono istituire i registri delle decisioni dei soci, come per le Srl, e trascrivere su quel registro le decisioni dell’assemblea?
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RISPOSTA in merito agli organi sociali della SNC:
Nella società in nome collettivo gli organi sociali non esistono; ecco perché non ha trovato niente al riguardo.
In mancanza di diversi accordi contenuti nello statuto, la società in nome collettivo prevede che tutti i soci siano amministratori (e viceversa) e che le decisioni sociali siano prese all’unanimità (specialmente quelle che riguardano modifiche statutarie) o a maggioranza calcolata normalmente per quote di partecipazione agli utili.
Nel suo caso, per le problematiche cui accenna, consiglierei di considerare atti di ordinaria amministrazione tutti quelli che riguardano la vita ordinaria della società, escluse le operazioni particolarmente rilevanti per importo o per qualità; come ad esempio:
– Acquisto di immobili (e relative operazioni attinenti – locazione, diritti reali, comodato, garanzie ecc….);
– Acquisto (e relative operazioni) di aziende;
– Acquisto (e relative operazioni) di beni mobili registrati;
– Accensione di mutui, affidamenti in conto corrente, finanziamenti di ogni genere;
che verrebbero considerate di straordinaria amministrazione.
Dopodichè prevedere per l’ordinaria amministrazione la forma dell’amministrazione disgiunta (tenendo presente che in caso di contrasto il socio che possiede il 60% del capitale ha buon gioco a imporre la sua volontà) e per la straordinaria amministrazione la forma congiunta. In modo che l’altro socio, se come socio sarebbe sempre in minoranza, almeno – come amministratore – potrà imporre il suo rifiuto su certe cose e bloccarle sul nascere.
Questa potrebbe essere una società che funziona bene, specialmente se i due soci godono di reciproca stima e fiducia e ciascuno ha una certa autonomia operativa.
Poi è chiaro che il rischio paralisi in questi casi è sempre in agguato, perché due soci sono pochini…
13 giugno 2011
Roberto Mazzanti