Liquidazione ma omesso versamento dell'IRAP

Il contribuente non può dichiarare le imposte e non versarle; in tal caso seguirà una cartella di liquidazione per l’omesso versamento.

Il contribuente non può dichiarare le imposte e non versarle

Il contribuente che intenda contestare la sussistenza della pretesa tributaria, nella specie l’assoggettamento ad IRAP, non può dichiarare e poi non versare; in tale eventualità la conseguente cartella esattoriale appare pienamente legittima in quanto discende da circostanze oggettive (omesso o tardivo versamento) e da quanto disposto dalla legge (art. 36 D.P.R. 600/73) – vedi la sentenza della C.T.R. del Lazio n. 33 del 2 marzo 2011.

 

Nella fattispecie in esame viene sottoposta all’attenzione dei Giudici Romani una sentenza avente ad oggetto la legittimità di una cartella esattoriale contestata esclusivamente per un tardivo versamento IRAP.

In particolare il contribuente, dopo aver dichiarato di essere tenuto al pagamento dell’imposta, chiedeva l’annullamento parziale della cartella (appunto nei soli riguardi dell’IRAP) deducendo l’assenza del presupposto impositivo per difetto del requisito dell’autonoma organizzazione.

Al pari dei giudici di primo grado anche la Commissione Tributaria Regionale giunge al rigetto delle tesi di parte.

Il Collegio si sofferma, in particolare, sui limiti del dedotto e deducibile nel giudizio che riguardi una cartella da liquidazione. In particolare afferma che l’oggetto del contendere in tal caso è limitato alla valutazione della legittimità dell’iscrizione a ruolo di quanto il contribuente ha dichiarato di essere tenuto a pagare e poi non ha versato secondo le scadenze di legge.

Se l’errore riguarda quanto dichiarato, lo strumento di cui il contribuente può legittimamente avvalersi non è l’impugnazione della successiva cartella di pagamento, ma la presentazione di una dichiarazione integrativa ovvero sarà suo onere attivarsi entro i termini di decadenza, per correggere gli errori commessi.

Nessuno spazio dunque ad altre valutazioni del Giudice che non siano riferite al mero controllo ex art. 36 bis tra il dichiarato e il versato e relativa tempistica.

La conclusione cui giungono i Giudici è dunque che nel caso in esame il contribuente non solo ha dichiarato di essere tenuto al pagamento dell’imposta ma anche effettuato il versamento integrale della stessa; pertanto il recupero, effettuato ai sensi dell’art. 36bis del D.P.R. 600/73 appare pienamente legittimo in quanto discende da circostanze oggettive e dal disposto normativo.

 

La giurisprudenza

Occorre rilevare da subito che la posizione assunta nel caso di specie dai Giudici Romani non appare in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente.

La giurisprudenza di merito (vedi da ultimo la CTR Piemonte n. 99 del 27 dicembre 2010) e di legittimità appare orientata, infatti, a riconoscere la legittimità ed ammissibilità del ricorso proposto avverso la cartella esattoriale derivante dalla liquidazione della dichiarazione ed avente ad oggetto la questione della sussistenza stessa del presupposto impositivo del tributo.

La Suprema Corte con Ord. n. 15744 del 2 luglio 2010, dopo aver riconosciuto la piena legittimità del ricorso da parte dell’Ufficio alla procedura di cui all’art. 36-bis a fronte dell’omesso versamento dell’IRAP dichiarata dal contribuente, ha riconosciuto tuttavia anche la possibilità di quest’ultimo di poter comunque dedurre il proprio errore di diritto riguardo alla debenza dell’imposta, opponendosi alla cartella esattoriale.

Si tratta, a ben vedere, della conferma di un principio già affermato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite con sent. 14 ottobre 2009, n. 21749. I giudici di legittimità hanno chiarito, infatti, che dal principio della emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione discende che la possibilità per il contribuente di rettificare la dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ex art. 38 D.P.R. n. 602/73 ma anche in sede contenziosa per opporsi alla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (in questo senso Cass. n. 22021/06).

 

1 APRILE 2011

Ugo Mangiavacchi