Targa dello studio professionale e imposta di pubblicità

Una buona notizia per i professionisti: la targa che identifica la sede dello studio professionale non paga l’imposta di pubblicità (a cura di Leonardo e Maria Leo).

non si paga imposta di pubblicità sulla targa dello studio professionaleIl 16 luglio 2010 la V sezione tributaria della Corte di Cassazione ha fatto luce, con la sentenza n. 16722, sull’assoggettamento all’imposta di pubblicità delle targhe indicanti lo studio del professionista.

La Suprema Corte nei motivi della decisione traccia la disciplina applicabile alle targhe di studi professionali, interpretando la normativa italiana alla luce di quella comunitaria.

In primis afferma, in conformità ad un indirizzo interpretativo già espresso in passato con riferimento al previgente D.P.R. n. 639/1972, che sono da considerare mezzi pubblicitari, e sono quindi assoggettate al tributo, le targhe e le insegne che rechino dei messaggi pubblicitari tali da sollecitare la domanda di beni e servizi.

Chiarisce, però, che se è pur vero che le targhe e le insegne sono in linea di principio assoggettate a tributo, il comma 1 bis dell’art. 17 del D.Lgs. n. 507/1993 (introdotto dall’art. 10 della legge n. 448/2001 con effetto dal 1 gennaio 2001) pone un paletto, stabilendo che l’imposta sulla pubblicità non è dovuta

“…per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati”.

La Cassazione fa notare a riguardo che la norma di esenzione in esame indica come esenti le “attività commerciali” e quelle di “produzione di beni o servizi” e sembra quindi riferibile, in senso letterale, alle attività esercitate dall’imprenditore.

Tuttavia, deve considerarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, nell’ambito del diritto della concorrenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento.

In tal senso, costituisce attività economica qualsiasi attività consistente nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato. Si può quindi concludere che il libero professionista svolge un’attività economica e, pertanto, costituisce impresa ai sensi degli artt. 85, 86, e 90 del Trattato.

La Corte conclude affermando che il libero professionista non può essere soggetto ad un regime fiscale differenziato – e più gravoso – rispetto a quello riservato a coloro che svolgono una qualsiasi altra attività economica (in regime concorrenziale).

Afferma inoltre che tale conclusione è conforme ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame.

Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della suddetta Corte, le norme concernenti agevolazioni e benefici tributari, pur essendo frutto di scelte discrezionali del legislatore, possono essere oggetto di interpretazione estensiva quando ciò sia imposto dalla ratio legis.

Per concludere si osserva che l’esclusione dall’ambito applicativo della norma de qua delle targhe degli studi professionali risulterebbe in contrasto con la finalità, perseguita dalla legge, che è quella di sottrarre ad imposizione le indicazioni aventi lo scopo prevalente di identificare il luogo di esercizio di un’attività economica, distinguendolo da quello delle attività economiche concorrenti.

 

21/09/2010

Leonardo Leo

Maria Leo