Per utilizzare in azienda dei beni posseduti come privato è necessario effettuare la procedura di intromissione dei beni nell’impresa.
L’intromissione dei beni nell’impresa
Capita spesso, e soprattutto nei primi periodi di attività, di utilizzare taluni beni – perlopiù beni strumentali- già precedentemente posseduti come privato.
Per far questo, è necessario procedere formalmente a quella che viene chiamata “intromissione” dei beni nell’impresa, così definita in quanto viene concettualmente a contrapporsi all’“estromissione”, ossia all’operazione opposta mediante la quale i beni passano dalla sfera imprenditoriale a quella personale.
L’art. 65 Tuir, intitolato “beni relativi all’impresa”, considera relativi all’impresa individuale, tra l’altro, tutti i beni (mobili ed immobili) appartenenti all’imprenditore che siano indicati tra le attività relative all’impresa nell’inventario tenuto a norma dell’articolo 2217 Codice Civile.
A ciascuno di questi beni la legge assegna un criterio particolare di determinazione del valore “di carico”. Vediamo quali sono, limitando la nostra analisi ai casi più frequenti.
Per i beni strumentali iscritti nei pubblici registri (ad esempio l’autovettura), la disposizione normativa contenuta nell’art. 65, comma 3-bis, del Tuir dispone che
“per i beni strumentali dell’impresa individuale provenienti dal patrimonio personale dell’imprenditore è riconosciuto, ai fini fiscali, il costo determinato in base alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689”.
Tale D.P.R. prevede, all’art. 4, un criterio di valutazione basato sul costo.
Il costo è rappresentato dal valore risultante ai fini delle imposte di registro o di successione o, in mancanza, dal prezzo indicato nell’atto di acquisto, maggiorato degli oneri accessori di diretta imputazione.
Il valore ottenuto è maggiorato, a titolo di spese incrementative, nella misura del 3% per ciascun anno o frazione d’anno superiore a sei mesi o nella maggior misura risultante dalla relativa documentazione.
Anche per ciò che attiene i beni mobili strumentali non iscritti in pubblici registri (ad esempio l’arredo, i mobili, il computer, attrezzature varie) il D.P.R. n. 689/1974, stavolta all’articolo 5, prevede che la valutazione debba essere fatta sulla base del costo di acquisto maggiorato degli oneri accessori di diretta imputazione.
Qualora non sia possibile produrre la documentazione del costo, si dovrà assumere il “valore normale” alla data di acquisizione.
Anche per questi beni è possibile maggiorare il costo di acquisto nella misura del 3% annuo.
Il criterio del costo storico fa sì che l’immissione di beni strumentali ammortizzabili nel regime d’impresa non generi alcun fenomeno impositivo né costituisca realizzo di plusvalenze in capo al soggetto che “conferisce” i beni, quindi non ci sono imposte da pagare.
Lo stesso comma 3-bis stabilisce poi che tale valore deve essere iscritto nel libro degli inventari, se tenuto, o, in alternativa, nel registro cespiti ammortizzabili, e sarà oggetto di ammortamento a partire dall’esercizio in cui viene immesso nella sfera imprenditoriale, sulla base dei noti coefficienti.
Danilo Sciuto
20 Ottobre 2008