Il preliminare di compravendita rappresenta una forma di tutela «plurima» dei diritti delle parti nell’ambito dei negozi finalizzati al trasferimento della proprietà di un immobile tra parti private, che, grazie all’intervento del legislatore e alle evoluzioni della prassi operativa, ha assunto una configurazione sempre più «strategica» nel nostro ordinamento.
Il contratto preliminare di compravendita: come funziona
Il presente contributo fornirà alcune indicazioni in merito agli aspetti generali del contratto preliminare, alla sua trascrivibilità e registrazione e alle problematiche concernenti gli acconti e le caparre, avvalendosi dei contributi interpretativi della giurisprudenza e della prassi ufficiale.
1 Generalità: la tutela fornita dal preliminare
Qualche opportuno chiarimento in materia è fornito dai documenti elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato: ai fini che interessano, occorrerà dapprima citare lo studio n. 19-2007/C, approvato dalla Commissione Studi Civilistici del CNN il 27.1.2007 (1).
È in tale sede evidenziato che, stanti le numerose incertezze e i «tempi lunghi» che caratterizzano gli affari immobiliari (per l’ottenimento di finanziamenti, lo «smobilizzo» di risorse finanziarie, etc.), il preliminare esplica prima di tutto la funzione di
« … fissare, su un piano obbligatorio, quelli che sono i termini dell’accordo raggiunto, da tradurre nell’atto definitivo, e tutto ciò al fine di evitare che, durante il lasso di tempo intercorrente tra il momento dell’accordo ed il momento dell’atto di trasferimento, vi possano essere dei “ripensamenti” o che, comunque, si debbano ridiscutere alcuni dei punti dell’accordo già raggiunto».
In tale prospettiva, il preliminare garantisce una tutela generica alle parti, predeterminando il contenuto del contratto.
Una tutela più «specifica» fornita dal preliminare è invece quella assicurata, secondo il CNN, con riguardo all’ipotesi dell’inadempimento di una delle due parti del contratto, ricorrendo la quale, in assenza di un giustificato motivo, la parte «non inadempiente» ha a disposizione alcuni strumenti di «reazione«, quali:
– la possibilità di ottenere dal giudice una sentenza che tiene luogo del rogito (esecuzione in forma specifica, ex art. 2932, c.c.);
– la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453, c.c., con il risarcimento del danno subito.
Il risarcimento spettante alla parte non inadempiente è anche predeterminabile, mediante l’inserimento del preliminare di una clausola penale, la cui funzione, a norma dell’art. 1382, c.c., è di fissare l’importo del risarcimento a prescindere dalla prova del danno.
2 La caparra confirmatoria
Sul piano della tutela specifica, una funzione importante è riconosciuta alla caparra confirmatoria, la cui presenza fa sì che, sostanzialmente predeterminando anch’essa il danno:
- in caso di adempimento del contratto, essa vada imputata al prezzo dovuto;
- in caso di inadempimento della parte promissaria acquirente, potrà essere trattenuta dalla parte promittente venditrice che recede dal contratto;
- in caso di inadempimento della parte promittente venditrice, la parte promissaria acquirente, che receda dal contratto, potrà esigere il doppio della caparra stessa.
Se è prevista una caparra confirmatoria, si prospettano alla parte adempiente tre diverse soluzioni per reagire all’inadempimento dell’altra parte:
- richiedere l’adempimento (con rinuncia ad avvalersi della caparra, salvo il diritto al risarcimento dei danni effettivamente subiti);
- richiedere la risoluzione, a norma dell’art. 1453, c.c., con diritto al risarcimento del danno (che può essere stato predeterminato mediante la previsione di una clausola penale), precludendo però un’eventuale successiva richiesta di adempimento;
- richiedere il recesso e la caparra, ex art. 1385, c.c. (trattenendola o esigendone il doppio), precludendo, secondo la dottrina, sia la richiesta di adempimento che la richiesta di risoluzione.
- Dette facoltà sono escluse, però, se si tratta di somme versate non a titolo di caparra confirmatoria, bensì:
- a titolo di acconto: in tale ipotesi, le somme versate costituiscono un adempimento parziale e non svolgono alcuna funzione di preventiva liquidazione del danno o di anticipato parziale pagamento per il caso di inadempimento;
- a titolo di cauzione: in tale ipotesi, la somma anticipata ha una mera funzione di «garanzia», e non può essere incamerata dal garantito, né svolge la funzione di liquidazione convenzionale del danno;
- a titolo di caparra penitenziale: in tale ipotesi, la somma costituisce il corrispettivo per l’esercizio della facoltà di recesso convenzionale che sia stata eventualmente riconosciuta ad una delle parti (se il recesso verrà esercitato da chi ha versato la caparra l’altra parte potrà trattenere la caparra stessa, se invece verrà esercitata dall’altra parte la stessa dovrà versare il doppio della caparra ricevuta).
3 La trascrizione del preliminare
La trascrizione del preliminare produce, secondo lo studio del CNN in rassegna, un effetto «prenotativo», nel senso che fa retroagire gli effetti della trascrizione dell’atto definitivo o della sentenza ex art. 2932, c.c., al momento della trascrizione del preliminare.
Sono in tal modo garantite sia la tutela generica, consentendo all’acquirente di acquisire l’immobile nello «stato di diritto» in cui si trovava al momento della stipula del preliminare, che la tutela specifica, giacché sono neutralizzate le eventuali trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli successive alla trascrizione del preliminare.
Ai sensi dell’art. 2645-bis, c.c., la produzione dell’effetto prenotativo del preliminare – come pure quella degli altri effetti tipici – è subordinata alle seguenti due condizioni:
- trascrizione del contratto definitivo o della domanda giudiziale entro un anno dalla data convenuta per la stipula del contratto definitivo;
- trascrizione del contratto definitivo o della domanda giudiziale entro 3 anni dalla data della trascrizione del preliminare.
La trascrizione del preliminare accorda una specifica tutela al promissario acquirente anche per il caso di mancato adempimento del contratto preliminare: i relativi crediti infatti, a norma dell’art. 2775-bis, c.c., ad esempio per il rimborso degli acconti pagati o per ottenere il doppio della caparra, godono di un privilegio speciale sul bene immobile, subordinatamente alla condizione che gli effetti della trascrizione non siano cessati (ossia non sia trascorso più di un anno dalla data convenuta per la stipula del definitivo e più di tre anni dalla trascrizione del preliminare) al momento:
– della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa;
– della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento;
– della trascrizione del pignoramento;
– dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi.
Sempre e in ogni caso, comunque, per il CNN è opportuno procedere alla trascrizione del preliminare, se non altro per ricevere una forma di tutela giuridica nelle compravendite a rischio, quali sono – in particolare – quelle con soggetti imprenditori (per ciò stesso «fallibili»).
4 La dichiarazione relativa all’intervento del mediatore
Il D.L. 223/2006, convertito dalla L. 248/2006, ha introdotto nuovi adempimenti a carico delle parti in atto, ricollegabili all’obiettivo di realizzare una più efficace lotta alla evasione nel settore immobiliare facendo emergere dati utili per una ricostruzione dei reali corrispettivi concordati nelle transazioni.
In particolare, il co. 22 dell’art. 35 del decreto introduce un obbligo a carico delle parti che pongono in essere cessioni di beni immobili.
Per effetto delle modificazioni apportate dall’art. 1, co. 33, L. 296/2006, il nuovo art. 35, co. 22, D.L. 223/2006, prevede che, all’atto della cessione dell’immobile, anche nei casi di operazioni soggette ad Iva, le parti (venditore e acquirente) rendano una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che indichi:
– le modalità di pagamento;
– l’eventuale ricorso ad attività di mediazione, con i dati identificativi del mediatore (2);
– il numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione e della CCIAA di riferimento per il titolare, ovvero per il legale rappresentante, o per il mediatore che ha operato per la società;
– le eventuali spese per le suddette attività di mediazione, con le «analitiche» modalità di pagamento delle stesse e l’indicazione della partita Iva o del codice fiscale dell’agente immobiliare.
Se manca l’iscrizione al ruolo di agenti di affari in mediazione ai sensi della L. 3.2.1989, n. 39, e s.m., il notaio è obbligato ad effettuare una specifica segnalazione all’Agenzia delle Entrate (ossia all’ufficio locale) di competenza.
Nei casi di omessa, incompleta o mendace indicazione dei dati, si applica la sanzione amministrativa da € 500,00 ad € 10.000,00 e, ai fini dell’imposta di registro, i beni trasferiti sono assoggettati a rettifica di valore ai sensi dell’art. 52, co. 1, del T.U.
Il successivo co. 34 dell’art. 1, L.F., precisa che
«le disposizioni di cui al comma 22 dell’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, trovano applicazione con riferimento ai pagamenti effettuati a decorrere dal 4 luglio 2006».
Qualora la dichiarazione venga omessa o sia resa in modo mendace o incompleto i beni trasferiti sono assoggettati ad accertamento di valore secondo le previsioni dell’art. 52 del D.P.R. n. 131 del 1986 e si rende applicabile la sanzione amministrativa da euro 500,00 a 10.000,00.
Secondo il CNN, benché la disposizione non sia applicabile ai preliminari, appare consigliabile indicare anche in tali contratti se le parti si sono avvalse di un mediatore e le modalità di pagamento dei compensi, ciò al fine di «documentare» la sussistenza di un’attività di mediazione e le modalità di pagamento dei compensi, semplificando la successiva attività di accertamento di tali circostanze che dovrà essere fatta in occasione del rogito.
L’indicazione dell’attività di mediazione già nel preliminare ha un riscontro anche di carattere fiscale per il promissario acquirente, giacché, a partire dal 1° gennaio 2007, è possibile detrarre dall’IRPEF dovuta il 19% degli oneri sostenuti per i compensi corrisposti ai soggetti di intermediazione immobiliare per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, per un importo, comunque, non superiore a €. 1.000,00 per ciascuna annualità.
5 L’obbligo di registrazione dei preliminari di compravendita: basi normative
I contratti preliminari di compravendita risultano soggetti a registrazione in termine fisso in base all’art. 10 della Tariffa, Parte Prima, del D.P.R. n. 131/1986, indipendentemente dal fatto che l’atto definitivo di compravendita sia o no soggetto ad Iva.
Se, quindi, fosse rinvenuto in sede di controllo un preliminare non registrato, l’Amministrazione dovrebbe procederebbe alla registrazione d’ufficio di tale atto, quantificando le imposte dovute ed irrogando le relative sanzioni; potrebbe inoltre applicare l’art. 72, sull’occultazione del corrispettivo (3).
Il contratto preliminare prevede l’impegno delle parti a sottoscrivere un successivo contratto definitivo, del quale è delineato il contenuto essenziale; ai sensi del predetto art. 10 della Tariffa, la registrazione dev’essere effettuata con imposta fissa di 168 euro.
Se il preliminare contiene le seguenti pattuizioni, sconta l’imposta di registro nella misura indicata:
- caparra confirmatoria: 0,50%;
- acconti, se non soggetti ad Iva: 3%.
L’imposta proporzionale su caparre e acconti viene detratta dall’imposta principale al momento della registrazione del contratto definitivo; in caso di mancata stipula di quest’ultimo, le somme versate non sono rimborsabili (C.M. 10.6.1986, n. 37).
Nell’ipotesi in cui la caparra confirmatoria rilevi come anticipazione del corrispettivo pattuito (oltre che come liquidazione anticipata del danno da inadempimento), se che le parti attribuiscono espressamente alla somma tale funzione, la somma versata a titolo di caparra è soggetta ad Iva con applicazione dell’imposta di registro in misura fissa di € 168 (R.M. 1.8.2007, n. 197/E).
6 I termini della registrazione
A norma dell’art. 13, co. 1, del T.U. dell’imposta di registro, la registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso dev’essere richiesta, salvo quanto disposto dall’art. 17, co. 3-bis (relativo ai contratti di affitto di fondi rustici), entro 20 giorni dalla data dell’atto se formato in Italia, od entro 60 giorni se formato all’estero.
La registrazione d’ufficio è prevista dall’art. 15, previa riscossione dell’imposta dovuta e in mancanza della richiesta da parte dei soggetti che vi sono tenuti, in particolare nel caso in cui le «scritture» siano depositate presso pubblici uffici o l’Amministrazione le rinvenga nel corso di accessi, ispezioni o verifiche eseguiti ai fini di altri tributi.
7 Contratti preliminari e rimborso IVA
In relazione alla questione della rimborsabilità dell’IVA assolta sulle fatture d’acconto pagate in base al preliminare di acquisto di un bene ammortizzabile, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 13.2.2006, n. 6/E, richiamando la risoluzione del 27.12.2005, n. 179/E, ha puntualizzato che, seppur non rimborsabile (difettando il presupposto di cui all’art. 30, co. 3, lett. c), D.P.R. 633/1972, ossia ), «… se l’esercizio del diritto alla detrazione o l’utilizzo del credito risulta rinviato agli anni successivi, lo stesso potrà essere chiesto a rimborso unitamente all’imposta relativa al saldo corrisposto con la stipula del contratto definitivo».
A norma dell’art. 19, co. 1, ultimo periodo, del decreto IVA, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati potrà essere esercitato « … al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione ed alle condizioni esistenti al momento della nascita».
8 Acconto e caparra: la prassi dell’Agenzia delle Entrate
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 197/E dell’1.8.2007 ha preso in considerazione le differenze tra acconto e caparra, fornendo utili delucidazioni sul «destino tributario» delle relative erogazioni.
Il quesito dell’istante involgeva il trattamento del preliminare ai fini dell’imposta di registro, con riguardo al quale era affermato che, se la caparra confirmatoria avesse assolto anche la funzione di acconto sul prezzo, e la cessione fosse stata imponibile ai fini IVA, esso avrebbe dovuto essere assoggettato alla sola imposta di registro in misura fissa.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, a differenza dell’acconto, la caparra confirmatoria non rappresenta un anticipo del prezzo, rivestendo natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale. Secondo la giurisprudenza di legittimità, richiamata nella risoluzione (Cass. civ. 23.12.2005, n. 28697; Cass. civ. 18.1.2007, n. 4047), la dazione anticipata di una somma di danaro, effettuata al momento della conclusione del contratto, costituisce caparra confirmatoria se ciò risulta espressamente nelle pattuizioni delle parti.
Se il preliminare prevede la corresponsione di somme a titolo di caparra confirmatoria, l’imposta è dovuta ai sensi degli artt. 6 e 10 della Tariffa del T.U.R.; se, invece, nel preliminare è previsto il versamento di una somma a titolo di acconto, se la compravendita è soggetta ad imposta di registro, si applica l’imposta nella misura del 3%, secondo gli artt. 9 e 10 della Tariffa. La Nota a margine dell’art. 10 della Tariffa dispone che
«(…) se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente articolo 6 (aliquota dello 0,50%); se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto (…) si applica il precedente articolo 9 (aliquota del 3%)».
In ogni caso, secondo l’Agenzia, al perfezionamento del rogito definitivo, la caparra e l’acconto potranno essere imputati alla prestazione dovuta e, divenendo parte del corrispettivo pattuito, concorreranno alla formazione della base imponibile. La caparra muta dunque, con la stipula del contratto definitivo, la propria natura giuridica, «trasformandosi» in acconto del prezzo di vendita, « … anche in considerazione del fatto che la dazione di una caparra confirmatoria presuppone la non contemporaneità tra conclusione del contratto e completa esecuzione del medesimo».
Anche nel caso in cui l’operazione di trasferimento immobiliare sia soggetta ad IVA, il trattamento fiscale si presenta differenziato, giacché:
- il versamento dell’acconto, rappresentando l’anticipazione del corrispettivo pattuito, assume rilevanza ai fini IVA con il conseguente obbligo, per il cedente o il prestatore, di emettere fattura, con addebito dell’imposta; l’aliquota applicabile è quella vigente al momento del pagamento dell’acconto;
- la caparra confirmatoria non costituisce invece, il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, in quanto assolve una funzione risarcitoria, e non è pertanto soggetta ad IVA per mancanza del presupposto oggettivo.
Richiamando la R.M. 3.1.1985, n. 251127, l’Agenzia precisa altresì che la caparra confirmatoria versata da una delle parti di un atto di compravendita in sede di stipula del preliminare è soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale, e non rileva la circostanza che tale somma divenga al momento della conclusione del contratto definitivo parte del corrispettivo soggetto ad Iva.
Perché la somma versata quale caparra confirmatoria rilevi anche come anticipazione del corrispettivo pattuito, soggetta ad IVA al momento del pagamento alla controparte, le parti devono espressamente attribuire a detta somma, in aggiunta alla funzione di liquidazione anticipata del danno da inadempimento, anche quella di anticipazione del corrispettivo, e ciò può ottenersi – come nel caso esaminato dall’Agenzia – mediante la previsione nel preliminare del versamento di una somma di denaro «mediante imputazione al prezzo a titolo di caparra confirmatoria e acconto prezzo».
Secondo Cass. civ., 22.8.1977, n. 3833, valorizzata nella risoluzione, il dubbio sull’effettiva intenzione delle parti fa sì che le somme dovute si qualifichino come acconti, e non come caparre.
Il versamento dell’acconto-prezzo, rappresentando l’anticipazione del corrispettivo pattuito – a norma dell’art. 6 del decreto IVA), assume quindi rilevanza ai fini Iva, con il conseguente obbligo per il cedente o il prestatore di emettere fattura ed applicazione del criterio di alternatività Iva-registro previsto dall’art. 40 del T.U.R.
9 Acconti fatturati in regime IVA
La circolare dell’Agenzia delle Entrate 1.3.2007, n. 12/E ha chiarito (al par. 3) che « … il pagamento dell’acconto, per il relativo importo, costituisce ai fini dell’IVA, momento di effettuazione della cessione o della prestazione ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, deve essere assoggettato ad imposta in base alle norme vigenti al momento in cui il pagamento è effettuato».
Gli acconti di acconti di prezzo pattuiti nel preliminare devono infatti ritenersi definitivamente effettuati, come precisato nella C.M. n. 37/22391 del 10.6.1986, relativa all’applicazione dell’imposta di registro.
Ciò premesso, la circolare puntualizza che l’intervento di modificazioni normative – come quelle apportate dal decreto «Visco-Bersani» e decorrenti dal 4 luglio 2006 – non fa sorgere il presupposto per poter operare la variazione IVA ex art. 26 del D.P.R. 633/1972.
L’intenzione di evitare una duplice tassazione delle cessioni di immobili che hanno scontato l’IVA in sede di pagamento dell’acconto e che risultano assoggettate ad imposta proporzionale di registro all’atto del trasferimento per effetto delle predette modificazioni normative, l’Agenzia ritiene che l’imposta proporzionale di registro vada applicata su una base imponibile considerata al netto dell’acconto già assoggettato ad IVA (il medesimo criterio dev’essere seguito anche nell’ipotesi in cui entro i 4 anni successivi alla ultimazione del fabbricato sia stato pagato l’acconto in regime di imponibilità ad IVA, e successivamente il rimanente corrispettivo, in regime di esenzione).
10 Contratto definitivo non stipulato: l’imposta pagata sull’acconto
Per quanto attiene all’imposta pagata dai contribuenti sugli eventuali acconti versati, nel caso in cui alla stipula del preliminare non faccia seguito quella del rogito definitivo, un’interessante precisazione è stata fornita dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza n. 14028 del 15.6.2007.
È in tale pronuncia affermato che l’imposta fissa di registro è essendo dovuta per i contratti preliminari di ogni specie quale imposta sull’atto, e non sui suoi effetti.
Relativamente all’imposta proporzionale da versare sugli acconti, la Corte ha osservato che si tratta di un’ipotesi «derogatoria» rispetto alla regola generale, per effetto della quale l’imposta è (parzialmente) dovuta in relazione ad un atto ancora da stipulare. Essa è perciò «… totalmente priva di ragion d’essere allorché, non essendo pervenute le parti alla conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene, l’acconto sia stato (o debba essere) restituito».
Nessuna norma prevede la restituzione dell’imposta versata sull’accento, in eccedenza rispetto alla misura fissa, quando il contratto definitivo venga a mancare; tuttavia, secondo i Supremi Giudici, «… la disposizione eccezionale prevedente l’anticipazione d’imposta, da computare in quella “principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo” (…) non può essere estesa dall’interprete al diverso caso in cui la registrazione del contratto definitivo non segua affatto, per mancata stipula di questo».
In tal caso l’imposta parziale, versata anticipatamente, è indebitamente trattenuta dal Fisco « … che, perciò, è tenuto alla restituzione in base ad una regola di carattere generale, di cui è traccia evidente nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 77. 7» (4).
Ti possono interessare anche:
Agevolazioni prima casa e contratto preliminare
Qualche riflessione in materia di preliminare di vendita immobilare
Cessione contratto preliminare: applicazione dell’IVA
La cessione del contratto preliminare: aspetti fiscali
Fabio Carrirolo
15 Ottobre 2007
(1) Il documento è reso disponibile sul sito Internet del CNN, www.notariato.it.
(2) Secondo quanto evidenziato nelle schede di lettura predisposte dai servizi studi parlamentari (Schede di lettura n. 17 del Servizio Studi del Senato della Repubblica – luglio 2006, pubblicate su Finanza & Fisco – n. 27 dell’8.7.2006, pp. 2190 e ss.), «è presumibile che si faccia riferimento al solo mediatore immobiliare e non anche al mediatore creditizio, che interviene nei rapporti tra mutuatario e banca»
(3) Cfr. A. Gerla, «Imposta di registro: l’obbligo di registrazione del contratto preliminare di compravendita e le sanzioni dovute in caso di occultazione di corrispettivo», Il Fisco n. 44 – 29.11.2004, pag. 1-7464.
(4) In base all’art. 2033, c.c., «chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda».
L’art. 8, co. 4, u.p., L. 27.7.2000 n. 212 (c.d. «Statuto del contribuente») dispone altresì che «il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata».
In linea generale, il Fisco sarebbe dunque tenuto a disporre il rimborso delle somme indebitamente percepite, quando l’indebito scaturisce da un «accertamento definitivo». Tale formulazione può generare dubbi: il riferimento è alla definitività dell’azione dell’Amministrazione, coincidente con la notificazione dell’avviso di accertamento, oppure alla raggiunta inoppugnabilità dello stesso, che può seguire solo all’esperimento di tutti i gradi di giudizio?
Non si dimentichi, poi, che il rimborso può essere provocato da un’istanza all’Amministrazione fiscale, la quale può disporlo, negarlo o rimanere silente; il contribuente può dunque impugnare il diniego espresso o tacito, con il formarsi del relativo contenzioso: il fatto di avere pronta soddisfazione del proprio diritto al reintegro del pagamento indebito non è dunque pacifico, sicché il diritto medesimo, benché codificato, può essere ostacolato dalle lungaggini e dagli oneri procedurali e processuali necessari a garantirne l’effettività.