Quali prove deve fornire il Fisco in caso di contestazione della detrazione IVA per operazioni oggettivamente inesistenti? E quale peso ha la buona o mala fede del contribuente coinvolto nel giudizio?
In tema di operazioni oggettivamente inesistenti, l’Ufficio, che contesti al contribuente l’indebita detrazione, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo.
Il caso: operazioni oggettivamente inesistenti e detrazione IVA
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti aspetti relativi al profilo soggettivo collegato alla contestazione di indebita detrazione nell’ambito di operazioni oggettivamente inesistenti.
Nel caso in esame l’Agenzia delle Entrate aveva notificato alla società un avviso d’accertamento, relativo all’anno d’imposta 2011, con il quale contestava l’indetraibilità dell’Iva per fatture d’acquisto di servizi forniti da due ditte individuali, che, in realtà, mascheravano operazioni oggettivamente inesistenti.
L’avviso veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale rigettava il ricorso del contribuente con sentenza poi confermata an