ICI – IMU: abitazione principale e famiglia

La Corte di Cassazione sulla spettanza o meno delle agevolazioni tributarie previste a titolo di ICI (oggi IMU) per l’abitazione principale: il caso di due immobili e unico nucleo familiare e quello di due immobili e coniugi separati.

La Cassazione sulle agevolazioni IMU sull’abitazione principale

imu abitazione principale e famigliaLa questione sottoposta all’esame della Corte di Cassazione riguarda la spettanza o meno delle agevolazioni tributarie previste a titolo di ICI (oggi IMU) per l’abitazione principale in un caso in cui l’immobile costituisca la dimora abituale di un solo coniuge mentre l’altro, nella specie, la moglie, si sia trasferito in un’altra abitazione, sita in diverso comune, insieme ai figli.

Così sinteticamente descritta la fattispecie, occorre premettere che, in tema di agevolazioni fiscali a titolo di ICI (oggi IMU), l’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 prevede un beneficio fiscale in relazione all’unità immobiliare adibita ad abitazione principale dal soggetto passivo dell’imposta.

L’art. 8, comma 2, del d.lgs. citato chiarisce che:

“per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”.

Sullo stesso argomento abbiamo pubblicato anche:

“Esenzione IMU abitazione principale: non spetta se moglie e marito risiedono in comuni diversi”

“Abitazione principale: per usufruire delle agevolazioni IMU l’accatastamento deve essere unitario”

 

Abitazione principale: per le agevolazioni IMU occorre la dimora abituale di tutta la famiglia

Secondo la giurisprudenza di legittimità ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le “abitazioni principali”, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari (Cassazione, sez. 6-5, 21/06/2017, n. 15444, Cass., sez. 5, 15/06/2010, n. 14389).

Trattandosi peraltro di norma agevolativa fiscale, è norma di stretta interpretazione e quindi non estensibile ai casi non espressamente previsti in quanto costituisce comunque deroga al principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 Costituzione.

 

Abitazione principale e residenza della famiglia

Con riguardo al concetto di abitazione principale considerato dalla norma, va altresì considerato che la giurisprudenza di legittimità (vedi Cassazione Sez. 5 n.14389/2010) ha richiamato quello tradizionale di residenza della famiglia desumibile dall’art. 144 codice civile, comma 1, ritenendo così legittima l’applicazione al primo dell’elaborazione giurisprudenziale propria della norma codicistica, in particolare del principio per il quale per residenza della famiglia deve intendersi il “luogo” di “ubicazione della casa coniugale” perché questo luogo “individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia”, “salvo che” “tale presunzione sia superata dalla prova” che lo spostamento… della propria dimora abituale sia stata causata dal “verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza”.

Pertanto, occorre distinguere l’ipotesi in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della convivenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale” (per la differenziazione di tali ipotesi vedi Cass., sez. 6-5, 17/5/2018, n. 12050; Cass., Sezione Tributaria, sentenza n. 24294/20, depositata il 03 novembre 2020).

 

Primo caso: unico nucleo familiare

Nel primo caso, infatti, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della abitazione principale del suo nucleo familiare.

Ciò per impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale.

 

Secondo caso: separazione dei coniugi

Nel secondo caso, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale (vedi da ultimo Cassazione, Sez. 5, n. 15439/19).

 

Spettanza o meno delle agevolazioni IMU per l’abitazione principale: quali prove

Ed invero, una volta ritenuto che al fine di stabilire la spettanza o meno delle agevolazioni ICI (oggi IMU) per l’abitazione principale sia necessario accertare per quali ragioni i coniugi non dimorassero entrambi presso l’immobile de quo, ovvero se si verta o meno in una ipotesi di separazione di fatto, si può tenere conto degli atti notori.

Infatti, va premesso che, nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dall’art. 7, D.Lgs. n. 546/1992, si riferisce alla prova da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (vedi Cassazione, Sez. 6-5, n. 29757/2018).

Tali dichiarazioni hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 codice civile, danno luogo a presunzioni.

In questo ambito, al fine di evitare che l’ammissibilità di tali dichiarazioni possa pregiudicare la difesa del contribuente ed il principio di uguaglianza delle parti, è necessario riconoscere che, al pari dell’Amministrazione finanziaria, anche il contribuente possa introdurre nel giudizio innanzi alle Commissioni Tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale per far valere le proprie ragioni.

Tali dichiarazioni possono essere introdotte nel giudizio tributario avendo la stessa valenza indiziaria in proprio favore, in conformità ai principi del giusto processo ex art. 6 CEDU (vedi Cassazione, Sez. 6-5, n. 6616/2018; Cass. Sez.6- 5, n. 21153/2015).

 

A cura di Avv. Maurizio Villani

Sabato 12 dicembre 2020

 

 

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