Il valore processuale penale del PVC redatto dalla Guardia di Finanza

l’utilizzabilità del processo verbale di constatazione redatto dai militari della Guardia di Finanza nella fase dibattimentale del processo penale, come è ben noto, è stato oggetto nel corso del tempo di diverse pronunce giurisprudenziali che ne hanno delineato condizioni e limiti: analisi della recente giurisprudenza

L’utilizzabilità del processo verbale di constatazione (redatto dai militari della Guardia di Finanza) nella fase dibattimentale del processo penale, come è ben noto, è stato oggetto nel corso del tempo di diverse pronunce giurisprudenziali che ne hanno delineato condizioni e limiti.

Pertanto, premesso che:

  • ai sensi dell’art. 24 della Legge 7 gennaio 1929, n. 4 (recante “Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie”), le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale;

  • in virtù del combinato disposto degli artt. 52 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n. 600/1973, di ogni accesso – effettuato nella fase di controllo – deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute;

  • secondo quanto previsto dall’art. 20 del D.Lgs. n. 74/2000, il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione;

  • l’art. 220 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. dispone che “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.

 

Si reputa opportuno riportare in sintesi i principi desumibili, al riguardo, dall’analisi delle principali statuizioni, anche alla luce della recente sentenza della Corte di Cassazione 19 gennaio 2015, n. 1973, laddove si ribadisce che il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, essendo diretto ad accertare o riferire violazioni a norme di leggi finanziarie o tributarie (cfr. citati artt. 24 della Legge n. 4/1929, 52 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n. 600/1973), costituisce atto irripetibile (ex articolo 234 c.p.p.) e può, quindi, essere inserito nel fascicolo per il dibattimento, sempreché siano state rispettate le prescrizione previste dal c.p.p. (crf citato art. 220 disposizioni di attuazione del c.p.p.).

 

In merito:

  • la Cassazione Penale, sez. III, con la sentenza 12 ottobre 1999, n. 13593 e, quindi, nella vigenza della Legge n. 516/1982, successivamente sostituita dal D.Lgs. n. 74/2000, aveva a suo tempo chiarito che, in materia di reati tributari:

  • il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza o dai funzionari degli uffici finanziari è un atto amministrativo extraprocessuale come tale acquisibile ed utilizzabile, ex art. 234 c.p.p. nel suo vario contenuto;

  • ove emergano indizi di reità durante la verifica fiscale, occorre procedere secondo le modalità prescritte dall’art. 220 disp. att. c.p.p., giacché altrimenti, la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile;

  • allo stesso modo, il medesimo organo – con la sentenza 10 febbraio 2010 n. 15372 – ha ribadito che “il verbale di constatazione della Guardia di Finanza costituisce un atto amministrativo extraprocessuale, come tale acquisibile e utilizzabile per provare la sussistenza dei reati tributari ex art. 234 c.p.p.; ma qualora emergano indizi di reato, il verbale diventa inutilizzabile nella parte redatta successivamente a tale emersione se non si procede secondo le modalità di cui all’art. 220 disp. att. c.p.p. (Cass. sez. 3, 18 novembre 2008-18 febbraio 2009 n. 6881; Cass. sez. 3, 1 aprile 1998 n. 7820; Cass. sez. 3, 21 gennaio 1997 n. 1969), norma la cui osservanza, nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, è prevista per assicurare le fonti di prova in presenza appunto di indizi di reato ed è presidiata dalla inutilizzabilità”;

  • stante l’autonomia dei procedimenti – come statuito dall’art. 20 del D.Lgs. n. 74/2000, nonché desumibile dagli artt. 2 e 654 c.p.p.:

  • gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della Guardia di Finanza senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva prescritte per il procedimento penale, non sono inutilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale; l’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., infatti, impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale, quando nel corso di attività ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini della “applicazione della legge penale” (Cass. civ. Sez. V, 12-11-2010, n. 22984);

  • ai fini della formazione del suo convincimento, il giudice penale può avvalersi degli stessi elementi che determinano presunzioni secondo la disciplina tributaria, a condizione che gli stessi siano assunti non con l’efficacia di certezza legale, ma come dati processuali oggetto di libera valutazione ai fini probatori (Cass. pen. Sez. III, Sent. 25-02-2013, n. 9043, n. 5490/2009 e 35858/2011).

 

Con riguardo alla natura del processo verbale di constatazione nell’ambito del procedimento amministrativo di accertamento tributario, occorre chiarire che tale atto ha natura endoprocedimentale, il cui contenuto e le cui finalità consistono nel reperimento e nell’acquisizione degli elementi utili ai fini dell’accertamento stesso e dell’adozione del provvedimento finale (avviso di accertamento, atto di contestazione); in altre parole, il p.v.c. si inserisce nell’attività istruttoria espletata dall’Amministrazione finanziaria con funzione accertativa strumentale, inidonea ad incidere direttamente nella sfera patrimoniale del contribuente, quindi non può essere impugnabile autonomamente davanti alle commissioni tributarie (Comm. trib. centr., sez. XXVI, 7 giugno 2001, n. 4347, Cassazione civile, sez. trib., 30 ottobre 2002, n. 15305).

Un sostanziale “mutamento” della natura del p.v.c. – con particolare riguardo – agli effetti diretti sulla sfera giuridica del contribuente, si è verificata con lart. 83, comma 18,D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, laddove si è previsto l’inserimento al D.Lgs. n. 218/1997 dell’art. 5 – bis, in ragione del quale:

  • il contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell’art. 24 della Legge 7 gennaio 1929, n. 4;

  • l’adesione di cui sopra può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione e deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale medesimo mediante comunicazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate ed all’organo che ha redatto il verbale.

Tale disposizioni, comunque, sono state di recente abrogate (a decorrere dal 1° gennaio 2015) dall’art. 1, c. 637, lett. c, n. 2, L. 23 dicembre 2014, n. 190, con riferimento agli atti della specie notificati dopo il 31 dicembre 2015.

18 febbraio 2015

Nicola Monfreda