Difesa penale personale dell’amministratore: IVA indetraibile

La Corte di cassazione torna sul tema della detraibilità Iva delle spese legali per la difesa penale degli amministratori. Due recenti sentenze ribadiscono che tali costi non rientrano tra quelli inerenti all’attività d’impresa. Anche se l’amministratore viene assolto, l’Iva resta fuori gioco.

Chi detrae l’Iva sulla fattura dell’avvocato che cura la difesa penale personale dell’amministratore imputato in un processo penale?

Se la risposta è “la società”, siamo in errore. A stabilirlo è la Corte di cassazione, che con le due sentenze (identiche nel contenuto) n. 17111 e 17112 del giugno 2025 ha messo il punto sul caso delle parcelle per la difesa processuale personale dell’amministratore.

 

Detrazione dell’IVA: le regole del gioco

La motivazione può apparire severa, ma in verità è corretta: per poter detrarre l’Iva su una spesa, serve un legame diretto e funzionale tra quell’esborso e l’attività economica dell’impresa. Diversamente, l’Iva non può essere recuperata.

Nel caso delle spese legali per difendere un amministratore in sede penale, non basta che la vicenda sia collegata al ruolo ricoperto, né che l’amministratore venga assolto. Quella spesa non nasce per generare fatturato, ma per proteggere la persona. E questo, per il fisco, fa tutta la differenza.

Uno degli argomenti delle società ricorrenti era proprio basato sul fatto che il processo si fosse concluso con l’assoluzione, e che quindi la spesa fosse lecita, utile e legittima, ma si tratta di una difesa assai debole: l’utilità “postuma” non basta, e comunque non rileva per la detrazione dell’Iva.

Il giudizio di inerenza si fa al momento in cui la spesa è sostenuta, non in base a come andrà a finire il processo.

La sentenza penale favorevole non può retroattivamente trasformare una spesa personale in un costo aziendale.

Dietro questa visione fiscale, c’è anche una riflessione di diritto. Secondo la Cassazione, una spesa è “d’impresa” solo se nasce come parte necessaria dell’incarico conferito all’amministratore. Se invece deriva da un fatto esterno – come un’accusa penale – allora si tratta di un evento estraneo all’attività gestionale. Anche se l’amministratore agiva per conto della società, la reazione giudiziaria è di un soggetto terzo (la Procura). E questo interrompe il legame tra funzione e spesa.

Queste sentenze non fanno che rafforzare un principio già noto ma spesso sottovalutato: non tutte le spese collegate alla vita aziendale sono rilevanti ai fini Iva.

NdR: Principio di inerenza: la correlazione costi – ricavi

Le spese per la difesa processuale di amministratori e dirigenti

In particolare, le spese sostenute per difendere persone – anche se dirigenti – da accuse penali, non sono automaticamente spese aziendali. E dunque, niente diritto alla detrazione dell’imposta.

La Cassazione traccia, ancora una volta, una linea di confine: l’impresa è una cosa, le persone che la dirigono un’altra. Se agiscono, sbagliano o vengono accusate, le ricadute giuridiche non si scaricano (sic!) automaticamente sulla fiscalità della società. E nemmeno sulla sua Iva.

In definitiva, l’amministratore può pure uscirne pulito in tribunale, ma il conto dell’avvocato – almeno per l’Iva – resta sporco agli occhi del fisco. Per l’Agenzia delle Entrate, la difesa penale è un affare troppo personale per finire tra i costi aziendali. E se anche l’accusa si rivela infondata, poco importa: l’Iva, quella, non si assolve.

 

Martedì 29 Luglio 2025

Danilo Sciuto