Una recente pronuncia della Corte di Cassazione svela i confini tra giurisdizione tributaria e ordinaria nei pignoramenti di crediti fiscali.
Un caso complesso che offre nuovi spunti interpretativi sui rapporti tra i giudici e il destino degli atti esecutivi.
Pignoramenti tributari: giurisdizioni a confronto
In caso di pignoramento “diretto” di crediti tributari verso terzi il criterio in base al quale debbono essere regolati i rapporti tra le diverse giurisdizioni è quello del “petitum sostanziale“, da identificarsi in funzione del contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio.
Alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o comunque fino al momento dell’atto esecutivo.
Alla giurisdizione ordinaria spetta invece la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo, nonché sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria successivi all’epoca della notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o all’atto esecutivo.
Il caso: opposizione a pignoramento promosso da Equitalia per crediti tributari
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con l’Ordinanza 29/01/2025, n. 2098, ha chiarito un rilevante aspetto in tema di corretta giurisdizione in caso di pignoramenti “diretti” su crediti tributari.
Nel caso di specie, il contribuente aveva proposto opposizione avverso un atto di pignoramento, notificatogli da Equitalia Sud Spa ai sensi dell’art. 72 bis del D.P.R. n. 602 del 1973, innanzi al Giudice di pace d