Il regime IVA dell’azienda caduta in successione e la mancanza di analoga rilevanza IVA nel caso di decesso del professionista

di Luciano Sorgato

Pubblicato il 28 luglio 2022

In caso di decesso del professionista il regime fiscale che riguarda gli eredi non sembra coerente con quello strutturato in caso di decesso dell’imprenditore individuale.
Vediamo l’attuale quadro normativo ed evidenziamo le asimmetrie impositive.

Nel tempo si sono registrati interventi legislativi che hanno del tuttoequiparato la rilevanza fiscale, Iva ed imposte sui redditi, degli atti di autoconsumo personale o familiare dell’imprenditore e del professionista e in generale degli atti di destinazione a scopi estranei all’esercizio dell’impresa e all’esercizio dell’arte o della professione.

Tale risultato di perequazione impositiva si è però fermato agli atti di autoconsumo o per scopi estranei durante l’attività d’impresa e l’esercizio dell’arte o professione, mentre analoga equiparazione di obblighi impositivi non è stata perseguita per gli atti di liquidazione dell’azienda e per la dismissione finale della dotazione patrimoniale del professionista, nonostante il modulo organizzativo-patrimoniale dell’esercente un’arte o una professione possa raggiungere dimensioni prossime a quelle di un’azienda.

 

Le asimmetrie nel regime Iva a carico degli eredi dell’imprenditore e del professionista deceduto

iva successione professionista Il 2° comma dell’art.35 bis, Dpr 633/72, nel riferire testualmente: “Resta ferma la disciplina stabilita dal presente decreto per le operazioni effettuate, anche ai fini della liquidazione dell’azienda, dagli eredi dell’imprenditore”, limita l’ultrattività della soggettività tributaria del de cuius al solo imprenditore deceduto omettendo ogni riferimento all’esercente l’arte o professione.

Invalicabili appaiono essere i rinvii legislativi all’azienda e agli eredi dell’imprenditore e inutilizzabile a tale scopo è anche il 1° comma dell’art.35 bis in esame, dal momento che l’obbligo dell’adempimento in esso previsto è limitato alle sole operazioni già effettuate dal contribuente per le quali, semmai, non si è ancora verificata la sola esigibilità dell’imposta.

Il secondo comma dell’art. 35 bis si è reso necessario per evitare il salto d’imposta in ordine a tutti i rapporti patrimoniali che ordinariamente attengono alla liquidazione dell’azienda.

Con il decesso dell’imprenditore e la naturale estinzione del suo status fiscale, senza l’espediente legislativo della sua ultrattività rispetto alla morte, la disciplina Iva non avrebbe potuto operare, in quanto menomata nella sua imprescindibile struttura ternaria di presupposti (soggettivo, oggettivo e territoriale).

La comunione ereditaria, infatti, salvo che non intraprenda un’attività d’impresa, è sprovvista dello status di imprenditore.

L’ultrattività dello status passivo ed il mantenimento della partita Iva dell’imprenditore deceduto, per tutte le operazioni di liquidazione dell’azienda, hanno costituito il raccordo legislativo tra il modello comunitario dell’Iva e la chiusura del ciclo economico dei beni dell’azienda.

Nell’ Iva, il legislatore non dispone di alternativi scenari impositivi cui poter far ricorso, come invece dispone nel comparto delle imposte sui reddit