La sentenza, passata in giudicato, di accertamento negativo dell’utile extracontabile sociale, emessa nel giudizio tra una società di capitali a ristretta base sociale e l’Amministrazione finanziaria, fa stato, anche nei confronti del socio, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, estesa ai soggetti estranei al processo ma titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in esso definita, sicché risulta giustificato l’annullamento dell’avviso di accertamento verso quest’ultimo, di cui è venuto meno il presupposto.
Responsabilità dei soci nell'accertamento su società a ristretta base societaria: il principio di legge
La presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili accertati a società a ristretta base societaria[1] può essere vinta dal socio dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria e resta salva in ogni caso la facoltà del socio di fornire la prova[2] del fatto che i maggiori ricavi non sono stati concretamente distribuiti, ma accantonati dalla società[3] o da essa reinvestiti o ad esempio sono stati oggetto di apprensione da parte dell'amministratore o esclusivamente da parte di altri soci.
È irrilevante la genesi del maggior reddito sottratto a imposizione e le modalità della sua formazione e occultamento, sia in capo alla società produttrice del medesimo, sia in capo ai soci che ne sono ritenuti (salva la prova contraria, il cui onere grava su costoro) percettori e corresponsabili dell'illecito.
Detto reddito esiste e viene identicamente nascosto, previa alterazione delle risultanze dichiarative, all'Amministrazione (e se ne legittima la sua rideterminazione da parte dell'Ufficio) sia nel caso in cui la contestazione riguardi operazioni inesistenti sia nel caso in cui la contestazione riguardi altre condotte costituenti violazione di norme tributarie.
La validità dell'avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l'annullamento dello stesso - reso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria - avendo carattere pregiudicante, determina[4] l'illegittimità dell'avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari.
Tale carattere pregiudicante non si rinviene, invece, nelle ipotesi di annullamento per vizi del procedimento (nella specie per inesistenza della notifica e per errata intestazione dell'avviso), le quali danno luogo, comunque e diversamente, ad un giudicato formale[5], e non sostanziale, difettando una pronuncia che revochi in dubbio l' accertamento sulla pretesa erariale[6].
Nel presente caso, indipendentemente dalla tipologia di giudicato sopra descritta, difetta invero radicalmente proprio il presupposto del giudicato.
Tali principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione.
La vicenda processuale
Il giudice del gravame ha accolto l'appello del contribuente con ciò riformando la sentenza di prime cure che aveva ritenuto legittimi gli atti impugnati, avvisi di accertamento per IRPEF riferiti agli anni 2004 - 2006, derivanti dal recupero a tassazione di redditi societari da partecipazione sottratti a imposizione provenienti da una società di capitale partecipata nella forma della c.d. "ristretta base societaria”.
Il fisco, con il ricorso in cassazione, in particolare, ha censurato la gravata sentenza del giudice del gravame per non avere fatto applicazione della presunzione (salva la prova del contrario) di distribuzione ai soci dei maggiori utili occulti accertati in capo alla società partecipata, escludendo che l'utilizzo di tali somme per