Gestione del risparmio: i piani di accumulo di capitale

La finanza comportamentale è quella linea di pensiero che cerca di spiegare come gli investitori siano mossi dall’emotività anche nel campo finanziario per decidere su cosa e come investire i propri capitali.
Chi crea e propone nuovi strumenti finanziari conosce benissimo i “bias cognitivi” e costruisce la campagna promozionale e commerciale osservandone i principi.
I mercati scontano tutto: guerre, pandemie, politiche monetarie, trimestrali, bilanci e tanti altri dati economici, ma scontano anche la psicologia degli operatori, anche di quelli che non agiscono direttamente sullo strumento ma sono comunque influenzati dall’alta o bassa volatilità, dai grandi ribassi o dalle piccole correzioni.
Nascono così idee di investimento che propongono come vantaggio quello di gestire il proprio capitale senza dover preoccuparsi delle oscillazioni del mercato, uno su tutti i c.d. “Piani Di Accumulo Capitale”.

Cosa sono i Piani di accumulo capitale?

I Piani di Accumulo Capitale sono soluzioni di investimento basati su versamenti periodici che permettono di mitigare le oscillazioni di mercato.

In pratica vengono acquistate quote di fondi comuni di investimento o ETF ma con versamenti periodici invece che in un’unica soluzione.

È infatti possibile creare Piani di Accumulo Capitale che abbiano una periodicità mensile, bimestrale, trimestrale, semestrale, annuale o di altro tipo a seconda anche delle possibilità offerte da chi li propone e sono investimenti semplici, comodi e automatici poiché basta recarsi in banca e stabilire non solo la tipologia di Piani di Accumulo Capitale da creare quindi su cosa investire effettivamente, ma soprattutto concordare con la banca in che modo procedere all’accumulo.

Infatti alla banca sarà dato ordine di procedere ogni mese, o ogni tre mesi a seconda della periodicità scelta, al bonifico automatico dal proprio conto delle somme stabilite per il piano di accumulo.

 

Risparmio gestito e Piani di Accumulo Capitale

Banche e promotori hanno puntato molto su prodotti di questo tipo perché più facilmente pensabili dagli investitori giovani e non.

Infatti si parte dal presupposto che per un giovane, ma anche per una famiglia, sia più semplice versare delle somme ogni mese come si fa per un prodotto assicurativo piuttosto che investire una somma in un’unica soluzione.

I Piani di Accumulo Capitale sono strumenti flessibili, il cliente infatti può decidere di sospendere il versamento delle somme pattuite, di riattivarlo, di modificare la periodicità o le somme da versare, ciò lo rende appetibile alla platea ma vedremo poi se effettivamente è lo strumento ideale per un investitore.

La decisione di investire in un prodotto del genere può prevedere diversi obiettivi.

Essendo infatti un piano, prevede che l’investitore accantoni ogni mese una quota per un minimo di 1 anno ad un massimo di 40 anni, termine questo che dipende anche dal fondo scelto per il piano.

Vien da sé allora che posso decidere di investire per 10 anni così alla fine del periodo reinvestire i profitti oppure decidere di investire per la durata massima e far ottenere al Piani di Accumulo Capitale il connotato di un fondo pensione.

Se ci soffermiamo un attimo sulla tipologia di investimento, ogni mese, al di là del rendimento accantoniamo un capitale che poi, a quiescenza possiamo riscattare per impiegarlo nelle attività di tutti i giorni.

Quando attiviamo un Piani di Accumulo Capitale è chiaro che possiamo decidere di impiegarlo in un fondo attivo, quindi rivolgendoci ai classici fondi di investimento, oppure scegliere gli ETF che come abbiamo visto presentano dei costi nettamente inferiori rispetto ai primi ma dobbiamo sempre considerare i mercati come si muovono, quali potenziali possono esprimere e come meglio diversificare i nostri investimenti.

Una delle motivazioni sottostanti la scelta dei Piani di Accumulo Capitale è il “timing”.

In gergo finanziario di borsa il timing indica la capacità di acquistare e/o vendere un titolo al momento giusto.

Vien da sé che in teoria è una cosa semplice, in pratica non è facile stabilire il giusto momento per essere presenti o meno al mercato anche perché, ci sono una serie di fattori uno su tutti le emozioni, che ci fanno compiere azioni senza nessuna motivazione logica, pensiamo ai ribassi dell’indice S&P che non erano cambiamenti di tendenza ma che per molti sono stati motivi di vendita forzata.

 

La frequenza di investimento

Ecco che quando predisponiamo una frequenza e un importo dobbiamo avere chiaro che il mercato crea delle fluttuazioni quotidiane per cui la quota investita ci fornirà in alcuni periodi l’acquisto di un tot. di titoli e in un altro un altro tot. di titoli.

Esempio: se siamo in un trend positivo avremo che:
  • investendo 100€ ad aprile in azioni Apple dal valore di 2€, avremo acquistato 50 azioni;
     
  • investendo 100€ a maggio sempre in azioni Apple dal valore questo mese 2,5€, avremo acquistato 40 azioni;
     
  • e investendo a giugno 100€ sempre in azioni Apple dal valore questo mese 4€, avremo acquistato 25 azioni.

Chiaramente l’esempio possiamo farlo anche al contrario ossia al deprezzarsi del titolo la 100 € ciu permetterà di avere in portafoglio più titoli.

Qualcuno può pensare allora che ogni momento è buono per aprire un Piani di Accumulo Capitale, nella realtà però dipende dalla scadenza; se infatti avessimo una scadenza a 20 anni e siamo al 5° anno di versamenti ed il mercato mostra un trend positivo, qualora vi fosse un calo anche significativo saremo non molto contenti ma convinti che stiamo acquistando a prezzi via via minori per cui quando ripartirà il trend al rialzo avremo performance decisamente migliori.

Se in un Piani di Accumulo Capitale a 20 anni ci troviamo invece prossimi alla scadenza ecco che questa logica non ha senso.

Infatti uno dei svantaggi dei Piani di Accumulo Capitale è rappresentato proprio dal fatto che le quote versate verso la fine valgono di meno, cosa vuol dire?

 

Vediamolo con un esempio:

consideriamo un investimento di 100 euro al mese in un Piani di Accumulo Capitale a 10 anni, al 5° anno abbiamo con un valore di 6000€, se quel mese c’è un crollo del 30% leggeremo una perdita di 1800€ per cui i 100€ investiti il mese prossimo saranno insufficienti per colmare il gap della grande perdita, proprio per una questione temporale.

Seguire gli andamenti è importante, aspettare che sia il consulente a gestire da solo tutto è oggi Fanta finanza, un  mercato che muove i massimi assoluti ad esempio sarebbe da comprare?

Ecco che diventa fondamentale il discorso “diversificazione”, poiché seppur vero che molti mercati sono tra loro correlati positivamente ce ne sono altri che permettono strategie di protezione che se adottate non ci fanno preoccupare di qualche segno meno davanti.

Un’altra storia importante sono i costi, come sempre l’attenzione deve essere posta su ciò che il cliente non vede e quindi non percepisce, ma il non percepire non vuol dire che non ci siano anzi.

Partiamo con le imposte di bollo sul capitale investito che ammontano allo 0,2% del valore complessivo al 31/12, più investiamo negli anni più sarà elevata in termini assoluti.

Per quel che concerne le plusvalenze in Italia paghiamo il 26%, percentuale che sosterremo o in caso di riscossione dei dividenti o in caso di smobilizzo del prodotto.

Nel caso degli ETF (Exchange Traded Funds), prodotto più utilizzato per creare piani di accumulo capitale, abbiamo il TER il costo implicito nella quota dell’etf.

Di fatto non pagheremo materialmente il costo, ma ogni giorno viene sottratta dalla quota acquistata.

Il range di costo, come detto in precedenti articoli, varia tra lo 0,05 ed il 40%.

 

Esempio 1 – Rendimento di un Piani di Accumulo Capitale

piani accumulo capitale

Esempio 2 – rendimento di un Piani di Accumulo Capitale

piani accumulo capitale

Esempio 1 – Investendo con ETF

Esempio 2 – Investendo in ETF

Dagli esempi notiamo come una gestione con ETF è sia più redditizia rispetto ad una gestione classica per la percentuale dei costi che vengono risparmiati a parità di condizioni temporali e di rendimento mantenendo lo stesso capitale investito in tutti gli esempi.

Un altro costo di cui dobbiamo tenere presente sono quelli relativi al Broker, società di servizi finanziari che permettono di acquistare e vendere strumenti finanziari.

Ci sono Broker che hanno costi fissi di commissione ce ne sono anche alcuni che non prevedono costi fissi ma solo variabili.

Un altro costo è lo spread ossia la differenza tra denaro/lettera ossia tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.

Continuiamo questo viaggio di informazione e consapevolezza scoprendo come ciò che abbiamo fino ad oggi assunto idealmente come sicuro, certo e conveniente in realtà presenta delle clausole, condizioni che se non attentamente valutate possono creare scostamenti rispetto a obiettivi ed aspettative iniziali.

Investire richiede consapevolezza e partecipazione, il fiscalista è importante nella fase dichiarativa, quando cioè arriva il momento di dichiarare le plusvalenze, il capital gain o le eventuali minusvalenze ma difficilmente sarà dedito a consigli su come gestire il portafoglio finanziario, scelta che compete al consulente ma soprattutto dipendente alla propria sfera emotiva.

 

Ti suggeriamo di approfondire l’argomento anche nell’articolo: Gestione del Risparmio: i Piani Individuali di Risparmio

 

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A cura di Giuseppe Marciano

Sabato 13 novembre 2021