La disposizione, contenuta nel nuovo decreto fiscale ha il chiaro intento di risolvere le rilevanti criticità sul credito d’imposta ricerca & sviluppo, quasi sempre sfociate in contenzioso, derivanti dalla presa di posizione, in verità poco tempestiva, del Fisco, laddove ha fornito chiarimenti in ordine ai contenuti dell’attività di ricerca e sviluppo eleggibile al credito d’imposta, segnatamente per quanto riguarda il bonus riferito alla realizzazione di software innovativi.
Credito d’imposta Ricerca & Sviluppo: da dove nasce il problema
Con Risoluzione n. 46 del 22 giugno 2018, l’Agenzia delle entrate, in tema di credito di imposta Ricerca & Sviluppo, ha esaminato un progetto sottoposto da una azienda operante nel settore fieristico che comprendeva anche la realizzazione di un software e una piattaforma volta a integrare la catena logistica di produzione della fiera, includendo tutti i processi relativi a visitatori, espositori e fornitori in una prospettiva di aumenti di efficacia ed efficienza, e inoltre, ad avvicinare i servizi alle persone, creando servizi innovativi attraverso il cosiddetto “Internet of Things”.
In particolare, l’azienda ha adottato e introdotto numerose tecnologie di avanguardia, tra le quali, a titolo di esempio:
- tecnologie di geolocalizzazione indoor basata su dispositivi bluetooth LTE, quali i beacon fisici, i virtual beacon, tecnologie tipo QUUPPA o tecniche di localizzazione che utilizzano connessioni Wi-Fi;
- tecnologie che applicano la c.d. “Realtà Aumentata” per fornire contenuti personalizzati e finalizzati ad arricchire l’esperienza di visita presso la fiera;
- tecnologie Digital Signage per la diffusione di contenuti e l’acquisizione di informazioni;
- tecnologie di proximity marketing;
- tecnologie di Big Data Analytics per l’applicazione di tecniche di Machine Learning e Cognitive Marketing.
Tanto premesso, l’Agenzia riporta nella propria risposta all’interpellante il parere del Mise, specificamente coinvolto in considerazione delle caratteristiche tecniche del quesito.
Quest’ultimo ha precisato che:
“L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, fonte giuridica dell’articolo 3 del citato decreto-legge n. 145 del 2013. (cfr. nostro precedente contributo sul tema).
Tali definizioni sono, a loro volta, sostanzialmente mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati, concernente “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development”: in questo senso, al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, viene espressamente precisato che “per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell’OCSE”.
In virtù di tale espresso richiamo, quindi, i criteri di qualificazione e classificazione contenuti nel suddetto Manuale di Frascati (la cui ultima edizione è stata pubblicata dall’OECD in data 8 ottobre 2015) costituiscono in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina agevolativa introdotta dal citato articolo 3.”.
Sul punto, occorre sottolineare che prima del 9 febbraio 2018 in cui il Mise con la circolare direttoriale n. 59990 ha fornito alcune delucidazioni in materia, né la norma agevolativa, né il decreto attuativo né, da ultimo, i documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate, avevano fatto riferimento a tale fonte interpretativa.