La tassa sulle mance torna a far discutere

Una recente sentenza di Cassazione ha detto che le mance vanno tassate! Visto che tale previsione appare estremamente penalizzante per i lavoratori del settore (pensiamo alla ristorazione e al turismo) analizziamo il caso di tribunale e cosa dice il TUIR.

Le mance vanno tassate?

tassa manceLa Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la spinosa questione del trattamento fiscale delle mance che vengono percepite dal lavoratore dipendente durante l’esercizio della propria attività lavorativa, per ribadire un principio giurisprudenziale secondo cui:

“le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, sono soggette ad imposizione fiscale IRPEF, quindi tassate come reddito da lavoro dipendente ai sensi dall’art. 51, primo comma, del Dpr n. 917/1986”.

In particolare, con la suddetta ordinanza, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate ed ha cassato la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Sardegna che aveva considerato non tassabili le somme percepite a titolo di mance dal capo ricevimento di una struttura alberghiera, che per l’anno d’imposta 2005, aveva incassato e non dichiarato oltre 77 mila euro di mance.

Ebbene, il tema del trattamento fiscale delle erogazioni liberali, comunemente note con il termine “mance”, costituisce da sempre un tema di non poco conto nell’ambito del diritto tributario, posto che si pone al centro dell’attenzione la nozione vera e propria di reddito soggetto a tassazione.

 

Le mance: definizione fiscale

In linea generale, la mancia è qualificabile come una donazione remuneratoria ai sensi dell’art. 770 comma 1 del codice civile, che il cliente elargisce al lavoratore in piena libertà ed in assenza di obblighi o accordi tra le parti.

Pertanto, in un primo momento, potrebbe ritenersi che proprio l’esistenza di questo rapporto liberale che intercorre tra l’erogatore ed il percettore della mancia non sia sufficiente a soddisfare quella correlazione con il rapporto di lavoro richiesto, invece, dagli artt. 49 e 51 del Dpr n. 917/1986 – TUIR.

Tuttavia, tale correlazione sorge nel momento in cui tale donazione remuneratoria (c.d. mancia) viene elargita a seguito dell’esercizio di un’attività o prestazione lavorativa e, pertanto, va tassata come reddito da lavoro dipendente.

Ebbene, sul punto la Suprema Corte di Cassazione, con la suddetta ordinanza, ha evidenziato che nel nostro ordinamento giuridico esiste un’unica nozione di reddito da lavoro dipendente tanto ai fini fiscali quanto ai fini contributivi, fornendo di fatto una visione onnicomprensività del concetto di reddito da lavoro dipendente non più limitata al solo salario percepito dal datore di lavoro ma esteso a tutto ciò che il dipendente può ricevere durante l’esercizio della propria attività lavorativa, comprese le mance.

Sul punto i giudici di legittimità hanno ricordato come l’attuale art. 51, primo comma, del Dpr n. 917/1986, nel testo post riforma del 2004, prevede che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere” (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e dei servizi) “a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

È dunque marcata, prosegue la decisione, la differenza rispetto all’originaria previsione (art. 48 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597) che definiva il reddito da lavoro dipendente come “costituito da tutti i componenti in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta anche sotto forma di partecipazione agli utili in dipendenza del rapporto di lavoro” (poi sostanzialmente trasfuso nell’art. 48 del Tuir).

La Corte di Cassazione ha ricostruito il quadro normativo del reddito soggetto a tassazione, sottolineando la differenza esistente tra i diversi concetti di reddito di lavoro dipendente.

 

Riferimenti legislativi

  • Art. 49 comma 1 del Dpr n. 917/1986 (TUIR) considera “redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro”.
     
  • Art. 51 comma 1 Dpr n. 917/1986 (TUIR) stabilisce che il “reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
     
  • e Art. 51 comma 2 lett. i) del TUIR: “non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, per il 25% del loro ammontare, le mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco (croupiers) direttamente o per effetto del riparto a cura di appositi organismi costituiti all’interno dell’impresa”.

Una volta ricostruito il quadro normativo la Suprema Corte ha condiviso l’assunto dell’Amministrazione finanziaria con la Circolare Ministeriale n. 326/97 secondo cui:

“l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo affidamento”.

In conclusione, il trattamento fiscale delle mance, che vengono percepite dal lavoratore dipendente durante l’esercizio della propria attività lavorativa, è da ritenersi soggetto a tassazione come reddito da lavoro dipendente ai sensi dall’art. 51, primo comma, del Dpr n. 917/1986, atteso che tale nozione è diversa e ben più ampia di quella della retribuzione, in quanto in essa rientrano  tutti quegli introiti del lavoro subordinato, ottenuti in denaro o in natura, che si legano con l’esercizio della prestazione lavorativa.

 

Fonte: Ordinanza Corte di Cassazione n. 26510 del 30 settembre 2021

 

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A cura di Avv. Alessandro Villani e Avv. Maurizio Villani

Sabato 16 ottobre 2021