Il Ministero del Lavoro è recentemente intervenuto fissando criteri e limiti delle attività diverse da quelle di interesse generale svolte dagli enti del terzo settore.
Nel soffermarci sulle previsioni di tale decreto esamineremo cosa succede in caso di mancato rispetto dei suddetti limiti…
Oltre alle attività di interesse generale riportate nell’elenco contenuto nel 1° comma dell’art. 5 del Dlgs 117/2017, gli Enti del terzo settore possono esercitare anche attività diverse da quelle riportate in tale elenco, a condizione che esse siano previste dallo statuto o dall’atto costitutivo e siano secondarie e strumentali alla/e attività di interesse generale esercitata/e dall’ente secondo criteri e limiti che sono definiti da un decreto del Ministro del lavoro[1] tenendo conto dell’insieme delle risorse (economiche, umane, strumentali e di altro tipo), anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività diverse in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale (art. 6).
Il suo art. 2 stabilisce che:
“le attività diverse […] si considerano strumentali rispetto alle attività di interesse generale se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del terzo settore per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo”.
Ciò significa, a nostro giudizio, che rientrano nelle attività diverse, oltre alle attività che servono, in quanto connesse, a realizzare quelle di interesse generale (per esempio, l’attività di pulizia dei locali o di manutenzione degli impianti), anche tutte le attività i cui utili vengono utilizzati interamente per finanziare le attività di interesse generale, vale a dire tutte le attività che hanno scopo di autofinanziamento.
Le attività diverse per gli Enti del Terzo Settore: i limiti ammissibili
Ai sensi dell’art. 3 del decreto di attuazione, le attività diverse si considerano secondarie rispetto alle attività di interesse generale qualora sussista almeno una di queste due condizioni:
- i ricavi di esse non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’ETS;
- i ricavi di esse non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’ETS.
Questo secondo criterio rischia di essere molto generoso nel caso di un ente che abbia un’alta incidenza dei costi rispetto ai ricavi, tanto più che i costi risultanti dal bilancio possono essere aumentati nelle maniere che descriveremo tra poco.
Ciò