La gestione dei patrimoni familiari passa anche attraverso lo strumento delle donazioni: questi atti comportando diverse implicazioni anche di carattere fiscale, per la particolare struttura dell’imposta di successione e donazione che vede esenzioni in base a franchigie differenziate con riferimento al grado di parentela. Una guida al labirinto tributario
Donazioni ai parenti, liberalità: quadro normativo
L’art. 2, comma 49, del D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito nella L. 24 novembre 2006 n. 286, ha disposto che, per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e per la costituzione di vincoli di destinazione di beni, la franchigia d’imposta e la relativa imposta sulle successioni e donazioni (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, ovvero TUS), su valori superiori alla franchigia, sono le seguenti:
- a favore del coniuge e dei parenti in linea retta (figli e nipoti): € 1.000.000 per ogni beneficiario, oltre la franchigia l’aliquota d’imposta è del 4%;
- a favore dei fratelli e delle sorelle: € 100.000 per ogni beneficiario, oltre la franchigia l’aliquota d’imposta è del 6%;
- mentre a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale: non è presente alcuna franchigia e l’aliquota d’imposta è in ragione del 6%;
- a favore di altri soggetti: non è presente alcuna franchigia e l’aliquota d’imposta è in ragione dell’8%;
- a favore di una persona portatrice di handicap riconosciuto grave (si veda la L. 5 febbraio 1992, n. 104): a prescindere dal grado di parentela o di affinità, la franchigia è di € 1.500.000, oltre la franchigia l’aliquota d’imposta è determinata in funzione dei suddetti gradi di parentela e di affinità (4%; 6%; 8%).
Ma cosa si intende, secondo il codice civile, per donazione?
L’art. 769 codice civile la definisce come quel contratto in virtù del quale:
“per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.
Il successivo art. 770 codice civile, a proposito della donazione rimuneratoria (detta anche remuneratoria), la definisce come quella liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione.
Quindi, la donazione è una liberalità (si rimanda all’Allegato A, per una disamina completa, da un punto di vista civilistico, della donazione).
A completamento del quadro normativo, si rende utile richiamare i seguenti articoli:
- art. 57, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346: se, anteriormente all’ultima donazione, è stata effettuata o sono state effettuate altre donazioni, ai fini della franchigia, occorre fare riferimento al totale delle stesse.
In pratica, il donante deve tener presente tutte le donazioni fatte allo stesso donatario nel passato e, sulla base delle stesse, deve calcolare la franchigia. Supponendo che Tizio abbia fatto al figlio le precedenti donazioni: € 500.000, per l’acquisto dell’abitazione, € 100.000 per l’arredamento dell’immobile e € 200.000, per l’acquisto di tre pertinenze.
Volendo offrirgli una villa al mare di € 250.000, la franchigia splafona per € 50.000 e, su quest’ultima somma, occorre versare l’imposta di donazione in ragione di € 2000 (= € 50.000 x 4%);
- 57, comma 1, del D.Lgs. 346/1990, che definisce la data di riferimento per la valutazione dei beni e dei diritti donati in precedenza: si assume il loro valore attuale.
Pertanto, per i beni donati in precedenza, è necessario attualizzare il loro valore (Si veda anche l’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 346/1990, il cui ultimo periodo recita:“Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell’apertura della successione (per quanto ci riguarda, … alla data dell’ultima donazione), riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento”;
- 57, comma 2, del D.Lgs. 346/1990: si dispone che, negli atti di donazione e in quelli di cui all’art. 26, del D.P.R. n. 131/1986, devono essere indicati gli estremi delle donazioni fatte in precedenza dallo stesso donante allo stesso donatario o ad alcuno dei donatari (quando l’atto di donazione prevede più donatari).
La relativa omissione, incompletezza o inesattezza di tale indicazione comporta l’applicazione della pena pecuniaria da una a due volte la maggiore imposta dovuta, a carico solidalmente dei donanti e dei donatari;
- l’art. 56, comma 4, del Lgs. n. 346/1990, che stabilisce come valutare i beni e i diritti donati. Si rimanda all’Allegato B;
- l’art. 1, comma 4, del suddetto art. 1, comma 4, del D.Lgs. n. 346/1990, in virtù del quale l’imposta non si applica quando la donazione o la liberalità riguarda i beni di cui all’Allegato C.
La presunzione di liberalità
L’art. 26, del D.P.R. n. 131/1986, ha stabilito che:
- i trasferimenti immobiliari, tranne le permute che hanno per oggetto immobili nei limiti del minore dei valori permutati;
- i trasferimenti di partecipazioni sociali, quando il valore della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori all’importo di € 180.759,91 (= Lit. 350 milioni: 1936.27);
effettuati tra coniugi o tra parenti in linea retta o che siano considerati tali, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, si presumono donazioni, quando l’ammontare complessivo dell’imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento, anche se pretesa in seguito alla registrazione, risulta inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni spettanti.
Una disposizione succedanea è quella che i contraenti, nei trasferimenti anzidetti, devono rilasciare contestualmente, nell’atto, la dichiarazione circa la sussistenza o meno tra loro di un rapporto di coniugio o di parentela in linea retta o, come anticipato, che siano considerati tali, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.
Nel caso questa dichiarazione non sia riportata nell’atto di trasferimento, quest’ultimo si considera a titolo gratuito, se, al momento della registrazione, non è attestata l’inesistenza del rapporto.
E’ data facoltà, entro un anno dalla stipula dell’atto, di dare prova dell’inesistenza del rapporto di coniugio o di parentela in linea retta, nel qual caso si ha diritto al rimborso della maggiore imposta pagata.
Inoltre, sulla presunzione in parola, si presentano due ulteriori disposizioni:
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