Il trattamento IVA dei riaddebiti di spese nell'attività professionale

Il riaddebito delle spese al cliente; in questo articolo analizziamo i casi di:
– trattamento dei rimborsi spese in presenza di incarico conferito da un cliente
– anticipazioni effettuate in nome e per conto del cliente
– rimborsi spese assimilati ai compensi
– riaddebito delle spese di studio

Riaddebiti spese attività professionale: trattamento fiscale IVA

iva riaddebiti spese attività professionaleNell’ambito dell’attività professionale il trattamento fiscale del riaddebito delle spese assume particolare rilevanza quando:

  • si richiede il rimborso delle somme anticipate per il committente;
     
  • le spese sostenute da un professionista devono essere ripartite tra tutti gli altri che hanno beneficiano del servizio.

Capita spesso, infatti, che il professionista durante lo svolgimento della sua attività si trovi a dover anticipare alcune spese che in un secondo momento riaddebiterà:

  • al proprio cliente.
    È il caso, ad esempio, dell’avvocato che anticipa le spese per i diritti di segreteria;
     
  • ad un altro professionista.
    Si pensi, ad esempio, alle spese comuni sostenute per l’affitto dello studio, ai costi per le utenze di qualsiasi natura o al canone pagato per l’utilizzo di attrezzature.

Sotto il profilo civilistico il riaddebito delle spese è disciplinato dalle norme sul mandato, di cui agli artt. 1703 e ss. del c.c..

In particolare, a norma dell’art. 1703 del c.c. “Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra”.

Sul punto si ricorda, inoltre, che:

  • il soggetto che conferisce l’incarico è il mandante;
     
  • il mandato può essere:
    • con rappresentanza” se il mandante attribuisce al mandatario il potere di rappresentarlo;
       
    • senza rappresentanza” se il mandatario operando nell’interesse del mandante spende il proprio nome nei rapporti giuridici con in terzi, assumendosi la responsabilità degli atti compiuti.

Di seguito l’analisi della tematica.

 
Questi gli argomenti qui trattati:

 

***

 

Il trattamento dei rimborsi spese in presenza di un incarico conferito da un cliente

I rimborsi spese spettanti ad un professionista per l’esecuzione di un incarico conferito da un cliente possono essere di due tipi:

  • anticipazioni effettuate in nome e per conto del cliente;
  • rimborsi spese assimilati ai compensi.

Dalla tipologia di spesa sostenuta discende, inoltre, il diverso trattamento da riservare al rimborso.

In particolare, le anticipazioni devono sottostare alle regole del “mandato con rappresentanza”, mentre i rimborsi spese assimilati ai compensi devono seguire le norme fissate per il “mandato senza rappresentanza”.

 

Anticipazioni effettuate in nome e per conto del cliente

I rimborsi spese rientranti in questa tipologia sono considerati come anticipazioni “finanziarie” eseguite “in nome e per conto”.

È il caso ad esempio:

  • dei pagamenti anticipati di documenti di spesa intestati al cliente;
     
  • dell’acquisto di marche da bollo, di diritti di cancelleria, di diritti camerali, di diritti di segreteria, etc.;
     
  • del pagamento di imposte, di tasse relative a concessioni governative, etc.

Ebbene, come si anticipava, questi rimborsi seguono la normativa stabilita per il “mandato con rappresentanza”.

Pertanto, ai fini IVA il successivo riaddebito al cliente deve essere trattato secondo i dettami dell’art. 15, comma 1, n. 3) del DPR n. 633/1972.

Una disposizione che esclude dalla base imponibile “le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, perché regolarmente documentate”.

Sotto un profilo operativo osserviamo, inoltre, che:

  • il documento di spesa deve essere intestato al cliente;
     
  • il professionista deve registrare la spesa come un’anticipazione, senza recuperare l’eventuale imposta assolta;
     
  • occorre emettere una nota spese al cliente, separata o in fattura, ma esclusa dalla base imponibile.

Aggiungiamo, infine, che se vengono rispettate tutte le regole appena viste i rimborsi spese, oltre a non essere assoggettati ad IVA non sono sottoposti a ritenuta d’acconto e non concorrono nemmeno alla formazione del reddito professionale e del volume d’affari.

 

Rimborsi spese assimilati ai compensi

Quando il professionista sostiene delle spese per conto del cliente, ma a nome proprio, dette spese devono seguire le regole del “mandato senza rappresentanza” e di fatto:

  • risultano imponibili ai fini IVA;
  • concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo;
  • sono sottoposte a ritenuta d’acconto.

È questo il caso dei rimborsi assimilati ai compensi, ovvero di spese sostenute per lo svolgimento di uno specifico incarico. Si pensi in tal senso alle spese generali di studio, alle spese di trasferta, etc..

Le spese in questione possono essere documentate a “piè di lista”, come nel caso delle trasferte, oppure possono essere a “forfait”, come le spese generali di studio.

Operativamente:

  • il documento di spesa è intestato al professionista, che deve registrarlo tra gli acquisti. In tal modo il professionista recupera l’IVA assolta;
     
  • il rimborso spese è assoggettato ad IVA al 22%, a ritenuta d’acconto IRPEF del 20% e concorre alla formazione del reddito professionale e del volume d’affari.

Di seguito una tabella di riepilogo.

Descrizione
IVA 22%
Ritenuta 20%

Contributo previdenziale INPS a carico committente

SI

SI*

Contributi a casse previdenziali private a carico del cliente

SI

NO

Compensi per prestazioni

SI

SI*

Rimborsi spese:

  • a piè di lista. È il caso delle spese di viaggio, di vitto, alloggio, etc.. Sono escluse le spese che non costituiscono costi produttivi per il lavoratore autonomo;
     
  • a forfait. Si pensi alle diarie, alle indennità, ai rimborsi chilometrici, etc..

SI

SI*

Spese anticipate in nome e per conto del cliente, adeguatamente documentate

NO

NO

* Solo nel caso in cui il committente è un soggetto passivo, che assume il ruolo di debitore d’imposta

 

Il riaddebito delle spese di studio

Sempre più spesso assistiamo al caso di professionisti che senza alcun vincolo associativo scelgono di dividere le spese comuni di uno studio per ottenere un risparmio economico.

In situazioni di tal genere capita anche che il contratto risulti intestato ad uno solo dei professionisti, che poi riaddebita le spese agli altri.

Ebbene, in questi casi occorre fare riferimento alle regole del “mandato senza rappresentanza”.

Regole in base alle quali:

il riaddebito effettuato in esecuzione del mandato senza rappresentanza presuppone, invece, che l’interposizione del mandatario non sia “trasparente”, siccome gli effetti delle operazioni compiute da tale soggetto non sono acquisiti direttamente nella sfera giuridica del mandante; a seguito, infatti, della “finzione” prevista dall’art. 3, comma 3, ultimo periodo, DPR n. 633/1972, “le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario”.

 

Il principio di diritto n. 7/2020

Con il principio di diritto n. 7/2020 sul riaddebito delle spese di studio si è espressa l’Amministrazione Finanziaria chiarendo che ai fini IVA nel “mandato senza rappresentanza”:

  • il riaddebito delle spese anticipate dal mandatario al mandante assume la stessa natura delle spese sostenute dal mandatario;
     
  • si realizza il principio dell’omologazione delle prestazioni ricevute tra il mandante e il mandatario e tra il mandatario e il terzo (e viceversa).

Per questi motivi, molti sostengono che se il rapporto tra professionista (mandatario) intestatario del contratto e gli altri professionisti (mandanti) è riconducibile al “mandato senza rappresentanza” occorre rifarsi ai dettami dell’art. 3, comma 3 del DPR n. 633/1972[1].

Una disposizione che prevede che il regime delle prestazioni ricevute dal mandatario dovrebbe applicarsi anche nel rapporto con i mandanti.

In buona sostanza, in ragione di questo orientamento potrebbe dedursi che se le prestazioni ricevute dal mandatario fossero esenti IVA, lo stesso trattamento dovrebbe essere riservato al riaddebito delle spese nei confronti degli altri professionisti.

 

L’orientamento della Ladc

Con la norma di comportamento n. 93 la Libera Associazione Dottori Commercialisti (Ladc) ha avuto modo di chiarire, a suo tempo, che il riaddebito dei costi di studio per servizi utilizzati da più professionisti:

  • non rientra nel campo di applicazione dell’IVA;
  • non concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo.

A parere della Ladc, infatti:

  • sono deducibili, per l’intestatario del contratto, solo le spese totali di studio meno le note addebitate;
  • il riaddebito delle spese comuni non deve essere assoggettato ad IVA perché non costituisce né una cessione di beni e né una prestazione di servizi.

 

La circolare n. 58/E/2001

Nel documento di prassi n. 58/E/2001 l’Agenzia delle Entrate in merito al riaddebito delle spese di studio ha preso una posizione netta.

In particolare, era stato posto il seguente quesito:

Quando più professionisti, senza vincoli associativi, dividono lo stesso studio, si pone il problema della ripartizione delle spese comuni (energia elettrica, telefono etc.).

Generalmente accade che uno di essi è intestatario delle forniture dei servizi comuni e lo stesso provvede a ripartire le spese pro quota tra gli altri professionisti.

Qual è il trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette e indirette di tali rimborsi spese?

Tale rimborso va assoggettato all’Iva e considerato un provento diverso ai fini Irpef, come sostiene la dottrina prevalente, ovvero non sconta né l’Iva né l’Irpef, in quanto non rappresenta né una cessione di beni né una prestazione di servizi e quindi è da dedurre dalle spese generali del professionista intestatario delle forniture (diminuzione di costi), come sostenuto dalla Libera associazione dottori commercialisti (Ladc) con la norma di comportamento n. 93”.

Quesito al quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito la seguente risposta:

Il riaddebito, da parte di un professionista, delle spese comuni dello studio utilizzato da più professionisti non costituiti in associazione professionale, da lui sostenute, deve essere realizzato attraverso l’emissione di fattura assoggettata a Iva.

Ai fini reddituali, le somme rimborsate dagli altri utilizzatori comportano una riclassificazione in diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza”.

Come si può facilmente intuire dalla risposta dell’Ufficio, al riaddebito delle spese comuni tra più professionisti non associati deve essere applicata l’IVA a prescindere dalla tipologia di spesa.

 

Il parere della Corte di Cassazione

Con sentenza n. 16035/2015 i massimi giudici hanno confermato l’orientamento dell’Amministrazione Finanziaria chiarendo che le spese dello studio professionale, quali: telefono, energia elettrica, segreteria, se riaddebitate ai colleghi per l’uso in comune dei locali, non possono essere dedotte integralmente dall’intestatario del contratto.

In una simile ipotesi, affermano gli ermellini si realizzerebbe una sorta di liberalità indiretta, pacificamente indeducibile.

Pertanto, per gli stessi giudici occorre seguire i chiarimenti resi dall’Ufficio con la circolare n. 38/E/2010, § 3.4, ovvero:

  • le somme ricevute dagli altri professionisti per effetto del riaddebito non costituisce reddito da lavoro autonomo e non rileva come componente positivo di reddito;
     
  • il costo sostenuto può essere dedotto solo per la parte di attività svolta e non anche per la parte riaddebitata agli altri professionisti;
     
  • i professionisti che pagano il rimborso hanno diritto a dedurre il costo nell’anno di sostenimento della spesa, dato che nell’ambito del lavoro autonomo rileva il principio di cassa.

 

Il contributo integrativo sul riaddebito delle spese comuni di studio

Chiarita la questione del trattamento da riservare al riaddebito delle spese di studio, ci si chiede ora se l’assoggettamento ad IVA debba ricomprendere o meno la maggiorazione applicata per il versamento del contributo integrativo alle casse previdenziali.

In base alle regole stabilite dalle singole casse professionali il riaddebito potrebbe essere, infatti, “assoggettato” o “non assoggettato” al contributo previdenziale integrativo.

Prendendo a riferimento le regole fissate dalla cassa previdenza dei dottori commercialisti si ricava che è fatto obbligo di assoggettare a contribuzione previdenziale tutti i corrispettivi rientranti nel volume d’affari ai fini IVA.

La cassa previdenza commercialisti prevede che nel volume d’affari devono rientrare anche i corrispettivi riguardanti le parcelle emesse tra professionisti, seppur riguardanti il solo riaddebito delle spese.

Diversamente, le norme che regolamentano il contributo integrativo della cassa forense non prevedono l’obbligo di far rientrare tutti i corrispettivi nel volume d’affari.

Nel volume d’affari di un avvocato non devono, infatti, rientrare redditi non riconducibili all’attività professionale, se prodotti nell’esercizio di attività che rimangono estranee a quella di avvocato.

 

***

NOTA

[1] L’art 3, comma 3 del DPR n. 633/1972 afferma che:

“Le prestazioni indicate nei commi primo e secondo, sempreché l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile, costituiscono, per ogni operazione di valore superiore ad euro cinquanta prestazioni di servizi anche se effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore, ovvero a titolo gratuito per altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ad esclusione delle somministrazioni nelle mense aziendali e delle prestazioni di trasporto, didattiche, educative e ricreative di assistenza sociale e sanitaria, a favore del personale dipendente, nonché delle operazioni di divulgazione pubblicitaria svolte a beneficio delle attività istituzionali di enti del Terzo settore di natura non commerciale, e delle diffusioni di messaggi, rappresentazioni, immagini o comunicazioni di pubblico interesse richieste o patrocinate dallo Stato o da enti pubblici.

Le assegnazioni indicate al n. 6 dell’art. 2 sono considerate prestazioni di servizi quando hanno per oggetto cessioni, concessioni o licenze di cui ai nn. 1), 2) e 5) del comma precedente.

Le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario”.

 

A cura di Alessandro Marcolla

Mercoledì 25 agosto 2021

 

Questo intervento è tratto dalla circolare settimanale di CommercialistaTelematico…

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