Ad oggi è ancora valida la normativa europea che, con direttiva del 2018, e a far data dall’1/1/2020, ha regolamentato le cessioni di beni intra UE in call off stock. La normativa resta tuttavia priva di istruzioni operative quanto ad alcuni aspetti sostanziali tra cui la tenuta del registro e la presentazione del modello intrastat. Approfondiamo con alcuni esempi la materia…
Call Off Stock: normativa senza istruzioni
La Direttiva (2018/1910) in tema di call off stock è del 2018 con effetto dall’1 gennaio 2020.
Ma ad oggi ancora non ci sono istruzioni operative sugli adempimenti da effettuare in relazione alle cessioni di beni in ambito di un in regime di call-off stock (o consignment stock, analogo al contratto estimatorio).
Vero è che il regime fiscale, ora espressamente disciplinato dal neo introdotto articolo 17-bis, Direttiva 2006/112/Ce, era già stato delineato in via interpretativa già da tempo dalla nostra amministrazione finanziaria.
Ma è vero anche che alcuni aspetti – procedurali, se non altro – vanno precisati, come quelli relativi alla tenuta del registro e alla presentazione dei modelli intrastat.
Come affermato dalla Rm 235/E/1996, trattandosi di cessione con effetti traslativi differiti (articolo 39, Dl 331/1993), il passaggio della proprietà verso l’acquirente avviene all’atto del prelievo dei beni dal deposito ad opera di quest’ultimo.
Quindi, è solo in relazione a tale momento che il fornitore nazionale provvederà ad emettere fattura non imponibile Iva ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993 e a presentare il modello INTRA 1-bis.
Specularmente, nel caso in cui l’acquirente fosse italiano (Rm 44/E/2000) solo all’atto del prelievo dal deposito (che deve essere nella sua piena disponibilità, ancorché gestito da terzi) andrà presentato il modello INTRA 2-bis.
La movimentazione intracomunitaria dei beni in esecuzione dell’accordo di consignme