Il contribuente può utilizzare le dichiarazioni di terzi acquisite fuori processo, rilevando come elementi indiziari che concorrono a formare il convincimento del giudice.
Tali dichiarazioni, infatti, hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, se presentano i caratteri di gravità precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni.
Ammissibilità delle dichiarazioni di terzi nel processo tributario
Il contribuente può utilizzare le dichiarazioni di terzi acquisite fuori processo, rilevando come elementi indiziari che concorrono a formare il convincimento del giudice.
Tali dichiarazioni, infatti, hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, se presentano i caratteri di gravità precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni (Cass n. 24531/2019).
Poteri del giudice tributario: normativa
Si deve partire dalla natura giuridica del rito tributario che, com’è noto, è un processo documentale per cui dall’introduzione del decreto legislativo n. 546/1992, entrato in vigore nel 1996, non sono ammessi la prova testimoniale e il giuramento.
L’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992 dispone che “Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”, sancendo, quindi, un divieto perentorio in merito all’ammissibilità delle prove testimoniali nel processo tributario. Tale divieto comunque è soggetto a limitazioni che la giurisprudenza ha riconosciuto nel corso degli anni.
Tale divieto risulta venire meno in presenza di dichiarazioni rese dai terzi (ad es. atto notorio contenente le dichiarazioni rese dal genitore del contribuente), ponendosi il problema circa la loro utilizzabilità nel processo tributari