La Cassazione si è espressa in merito al termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente nell’ambito delle verifiche fiscali.
Partendo dal caso di specie proponiamo una rassegna ragionata delle principali sentenze della corte suprema sulla durata della verifica fiscale
La violazione del termine di permanenza non inficia l’accertamento
Con l’ordinanza n.10979 del 18 aprile 2019, la Corte di Cassazione ha ribadito che
“in tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 5, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati”.
Il termine di permanenza non è da considerarsi perentorio
La Corte, nel richiamare una serie di precedenti (Cass. sentenza n. 7584 del 15/04/2015; Cass. sent. n. 2055 del 27/01/2017) fa propria fra l’altro l’ordinanza n. 10481 del 27/04/2017, secondo cui
“In tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla “ratio” delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione”).
Il caso esaminato nell’ordinanza 10979/2019
La questione investiva una controversia relativa all’impugnazione di cinque avvisi di accertamento per IVA, IRES ed IRAP relativamente agli anni d’imposta dal 2008 al 2012, notificati alla società contribuente ed ai soci, dove la CTR, accogliendo l’appello dei contribuenti, annullava gli atti impositivi ritenendo inutilizzabili gli elementi di prova raccolti dalla G.d.F. in sede di verifica perché questa si era protratta oltre il termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5.
Corte di Cassazione: posizione chiara sulle verifiche tributarie
Sulla tematica in questione, pur con alcuni distinguo, la posizione della Corte di Cassazione appare ormai chiara e precisa.
Ecco di seguito le pronunce più significative e i principi espressi
- con la sentenza n. 14020 del 27 giugno 2011 (ud. del 25 ottobre 2010) la Corte ha affermato che “ il termine fissato per il compimento di un atto deve ritenersi ordinatorio o sollecitatorio se non ne sia espressamente stabilita la perentorietà. Le norme di cui agli artt. 152 e 156 cod. proc. civ. traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità”;
- con la sentenza n. 19338 del 22.9.2011 (ud. del 27.5.2011) la Corte di Cassazione, nell’escludere l’efficacia retroattiva delle norme della Statuto del contribuente, ha confermato che “ alla eventuale violazione del termine di permanenza non siano ricollegate dalla legge le conseguenze (inutilizzabilità delle prove raccolte; nullità degli atti di accertamento compiuti) che ne intende trarre la parte ricorrente, come è dato agevolmente evincere dalla mancanza di una siffatta norma sanzionatoria e dalla compiuta disciplina dettata dalla legge n. 212/2000 con riferimento ad eventuali irregolarità commesse dai verificatori durante la ispezione. In tali ipotesi – tra cui deve ricomprendersi anche la ingiustificata protrazione delle operazioni di verifica – il contribuente, oltre a formulare a verbale osservazioni e rilievi (art. 12, co. 4), può, infat