Una recentissima sentenza di Cassazione sembra stravolgere i principi noti sul conferimento di beni in trust, in particolare il Fisco ritiene dovuta l’imposta di donazione al momento del conferimento. Proponiamo alcune valutazioni sulla sentenza e sulle sue implicazioni pratiche
La recente sentenza n. 13626 del 30 maggio 2018 (ud. 4 maggio 2018) della Cassazione Civile, Sez. V torna ad affrontare il tema della fiscalità indiretta del trust entrando a gamba tesa sulla delicata questione del momento impositivo ai fini dell’imposta di donazione.
I giudici ripercorrono l’evoluzione interpretativa della Cassazione e mostrano, non senza qualche profilo di incertezza, di sposare la tesi sostenuta nelle ordinanze di inizio 2015, senza tuttavia ripudiare in toto le conclusioni della più recente sentenza 21.614 del 26 ottobre 2016.
Dopo aver illustrato il caso ed aver svolto alcune riflessioni sul tema, affronteremo la questione dei riflessi della sentenza sul comparto delle imposte ipocatastali.
Il caso
La sentenza in oggetto prende le mosse da un avviso di liquidazione notificato in data 26.5.2009 con il quale l’Agenzia delle Entrate richiedeva al notaio rogante il pagamento dell’imposta di successione e donazione nella misura dell’8% (in luogo dell’imposta di registro in misura fissa assolta in sede di autoliquidazione) in relazione all’atto istitutivo di trust, ricevuto dallo stesso notaio in data 11.5.2009 e registrato il 12 maggio seguente.
Una s.p.a., in qualità di disponente, disponeva in trust alcune sue quote di partecipazione in società a responsabilità limitata, con lo scopo di alienare tali quote e proporzionalmente provvedere al pagamento dell’esposizione debitoria della disponente medesima.
L’Ufficio ha contestato l’imposta di donazione nella misura del 8%. Il giudice di prime cure respingeva il ricorso[1].
A fronte dell’appello proposto dal Notaio, la CTR della Toscana, con sentenza n. 94/25/10 lo rigettava sul presupposto che nella specie si vertesse in ipotesi di imposta principale e non complementare, che nell’atto fosse stato indicato un valore netto delle quote trasferite al trustee che legittimava il riferimento di tale valore ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione e che con lo strumento adottato fosse stato creato un “vincolo di destinazione” come tale attratto nell’ambito dell’imposta di successione e donazione.
Il Notaio propone quindi ricorso per Cassazione.
Con il secondo motivo del ricorso si contesta l’illegittimità dell’avviso di liquidazione per violazione del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 47, convertito in L. 24 novembre 2006, n. 289, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 1 e 5, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20.
Si lamenta, in sostanza, che la CTR abbia erroneamente ritenuto che il trust sia un istituto necessariamente ricompreso tra i vincoli di destinazione, con conseguente applicazione dell’imposta di donazione indipendentemente dall’analisi della sua natura e dei suoi effetti giuridici.
Sorprendentemente i giudici sostengono che la censura non è fondata. I giudici esordiscono correttamente evidenziando come “il trust, secondo lo schema tipico emergente dall’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989, n. 364, concretizza un’entità patrimoniale costituita da un insieme di rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente, in rapporto a beni posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”.
La prima tesi
Viene rilevato, soprattutto in relazione alla disciplina previgente alla riforma dell’imposta di donazione del 2006, come la Cassazione abbia