La dichiarazione può essere modificata anche oltre i termini per la presentazione di quella integrativa e il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, indicando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria. Tale orientamento si riferisce a quelle parti della dichiarazione che costituiscono mera dichiarazione di scienza
L’integrativa rileva anche se presentata oltre i termini
La dichiarazione dei redditi è – in linea generale, salvo casi particolari o parti specifiche di essa – un atto di scienza e quindi sempre emendabile. Il contribuente può fare valere eventuali vizi commessi nella redazione della stessa, che attengano al merito della pretesa tributaria, anche in sede contenziosa indipendentemente dal rispetto dei termini per la presentazione della emenda.
Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall’art. 2 D.P.R. 322/1998 e dall’istanza di rimborso di cui all’art. 38 D.P.R. 602/1973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria (Cassazione Sez. Un., n. 13378 del 2016).
Indipendentemente dalle indicazioni fornite dal D.P.R. n. 322/98, “il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria” (Cass. Sez. Un. n. 13378/2016), presentando idonea documentazione a supporto, ed anche nel caso in cui la pretesa tributaria sia “con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato” (Cassazione ordinanza n. 6628 del 14 marzo 2017).
E’ errato legare la possibilità di fare valere tali circostanze esclusivamente ai termini di presentazione della dichiarazione integrativa (Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 gennaio 2018, n. 2220)
Limiti alla dichiarazione integrativa: manifestazioni della volontà negoziale
La dichiarazione può essere modificata anche oltre i termini per la presentazione di quella integrativa, nel termine di cui all’articolo 43 del DPR 600/73[1] e il contribuente in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria. Tale orientamento si riferisce a quelle parti della dichiarazione che costituiscono mera dichiarazione di scienza.
Laddove si sia invece davanti ad una di quelle parti della dichiarazione che costituiscono manifestazione di volontà[2], perché espressioni di una opzione compiuta consapevolmente e volontariamente dal contribuente, ad esempio esercitando una opzione, non si può, poi, a posteriori, modificare la stessa, neppure attraverso una istanza di rimborso (CASS. 18-1-2018 n.1117 sez. T).
Gli elementi indicati in dichiarazione che costituiscono manifestazioni della volontà negoziale del contribuente sono immodificabili, salvo che sia dimostrata la commissione di un errore essenziale obiettivamente riconoscibile da parte dell’Amministrazione. Al contrario gli errori che consistono in manifestazioni di scienza[3] sono emendabili, anche oltre il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa ed anche a mezzo di istanza di rimborso.
La giurisprudenza ha ormai stabilito che la dichiarazione può essere emendata anche oltre i termini per la presentazione di quella integrativa ed anche a mezzo di istanza di rimborso, Invero detto principio si riferisce a quelle parti della dichiarazione che costituiscono una mera dichiarazione di scienza, quindi solo ad alcuni tipi di errori (come ad esempio a quello materiale dell’errata imputazione di una plusvalenza ad un anno anziché ad un altro).
La dichiarazione che costituisce manifestazione di volontà, frutto di una scelta consapevole e volontaria del contribuente in merito ad una determinata opzione, pertanto, non può essere modificata in futuro, nemmeno a mezzo di istanza di rimborso.
L’unica possibilità che ha il contribuente è quella di dimostrare, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà ex art. 1427 e seguenti c.c., la rilevanza dell’errore, in riferimento alla sua essenzialità ed all’obiettiva riconoscibilità da parte dell’Amministrazione.
Sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione» (v. Cass. 22/01/2013 n. 1427; Cass. 11/05/2012, n. 7294).
Trattandosi di dichiarazione negoziale e non di scienza, non può non concludersi per l’inapplicabilità, in radice, del principio affermato da Cass. Sez. U n. 13378 del 2016. Il principio di generale emendabilità delle dichiarazioni dei redditi (Cas