A proposito degli interessi di mora sui crediti dei Commercialisti

alcune valutazioni controcorrente sulla norma che introduce la possibilità di addebitare gli interessi di mora sui crediti vantati dai Commercialisti verso i propri clienti

ivaIl cosiddetto Jobs act delle professioni contene tante misure che dovrebbero aiutare i professionisti e lavoratori autonomi a rilanciare le proprie attività. L’intenzione degli ultimi due Governi è sicuramente ottima perché per la prima volta dopo tanto tempo si cerca di inserire norme a tutela dei lavoratori intellettuali e di correggere alcune distorsioni normative o lacune legislative che penalizzano i lavoratori autonomi nello svolgimento del proprio lavoro.

Una di queste norme è quella che intende tutelare i crediti dei liberi professionisti verso la propria clientela. In primis, i crediti diventano esigibili dopo 60 giorni dall’emissione della fattura; inoltre si prevede di estendere ai rapporti commerciali fra liberi professionisti e imprese le tutele sui ritardi dei pagamenti previste dal D.Lgs. 231/2002: in pratica anche i liberi professionisti potranno richiedere un interesse di mora “punitivo” (la maggiorazione attualmente è dell’8%) per i pagamenti in ritardo rispetto alle scadenze contrattuali.

L’intenzione della norma è evidente: evitare che il libero professionista subisca un ritardo nei pagamenti di quanto maturato, dato che spesso il cliente-debitore sapeva che un eventuale ritardo non sarebbe stato penalizzato dal punto di vista monetario.

L’intenzione è spesso scollegata dalla realtà, soprattutto per quei liberi professionisti come i Commercialisti che seguono il cliente in via continuativa.

Come quotidianemente leggiamo sulle nostre pagine social, se anche il cliente inizia a ritardare i pagamenti quasi sempre il Commercialista continua a gestire la posizione per vari motivi, a volte anche per non perdere il cliente stesso. Per un professionista come il Commercialista smettere di gestire gli adempimenti continuativi significa mettere il cliente (anche se inadempiente) in difficoltà anche nei confronti del Fisco e/o Enti previdenziali e veder ridurre le possibilità di recupero del credito. Nel momento in cui il cliente inadempiente/ritardatario torna a pagare (magari neanche l’intero importo dovuto) l’applicazione e soprattutto l’incasso di un tasso di interesse di mora è un’utopia.

Il problema più rilevante su legislazione del genere è dato dalla liquidità/solvibilità del debitore: se il cliente debitore non onora i pagamenti nei termini per motivi di scarsa liquidità finanziaria, l’applicazione di un tasso d’interesse di mora appare un miraggio. Il diritto del creditore a veder onorato il proprio credito si scontra sempre con un limite insormontabile: il patrimonio del debitore, se tale patrimonio è incapiente per i crediti già sorti, tanto più sarà incapiente per eventuali accessori.

In un momento in cui tanti clienti si trovano in difficoltà ad onorare le scadenze debitorie regolarmente, probabilmente tale provvedimento avrà un impatto minimo: difficilmente un bravo commercialista rinuncerà ad un cliente storico per qualche spicciolo sulle fatture arretrate. Difficilmente un bravo commercialista andrà a rincorrere gli interessi di mora di un cliente che sa essere incapiente. L’applicazione degli interessi sarà così relegata ai soli casi di controversie arrivate in Tribunale.

Forse il problema ha origini più lontane: le liberalizzazioni mal studiate hanno depresso il mercato delle libere professioni originando una concorrenza selvaggia che svilisce, a danno degli stessi clienti, le prestazioni svolte dal professionista.

19 maggio 2017

Luca Bianchi