La costituzione tardiva

alcune riflessioni sugli effetti della costituzione tardiva dell’Ufficio nel giudizio tributario: segnaliamo i recenti interventi e chiarimenti in materia dei giudici di legittimità

Principi

L’articolo 23 del D.Lgs. 546/92 tratta della costituzione nel giudizio tributario della parte resistente. Esso prevede che l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 nei cui confronti è stato proposto il ricorso si costituiscano in giudizio entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale. La costituzione in giudizio, da espletare nei sessanta giorni, si attua mediante il deposito presso la segreteria della commissione del proprio fascicolo contenente le controdeduzioni in tante copie quante sono le parti in giudizio e i documenti offerti in comunicazione. Nelle controdeduzioni la parte resistente espone le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente e indica le prove di cui intende valersi, proponendo altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e instando, se del caso, per la chiamata di terzi in causa. Se l’Ufficio si costituisce non entro i sessanta giorni previsti dalla norma citata ma nei termini per la presentazione delle memorie ai sensi dell’articolo 32 non gli è più consentito di esporre nelle proprie controdeduzioni tutte le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’Ufficio. Nel caso specifico, l’Ufficio ha introdotto una eccezione di prescrizione, la quale non è rilevabile d’ufficio a norma dell’art. 2938 cod. civ. Ne consegue, che l’eccezione di prescrizione non può essere dedotta per la prima volta con la memoria illustrativa prevista dall’art. 32 comma 2 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, la quale non può determinare un ampliamento dell’oggetto del giudizio attraverso l’allegazione di fatti nuovi, impeditivi all’accoglimento del ricorso, non esposti nelle controdeduzioni. Tali importanti principi sono stati precisati dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11943 del 10 giugno 2016

Vicenda

Con istanza del 12.08.2010 un contribuente ha chiesto la restituzione dei crediti Irpef già chiesti a rimborso con la dichiarazione mod. 740/1990 relativa all’anno di imposta 1989, per l’importo di Euro 665.918,49, e con la dichiarazione mod. 740/1993 relativa all’anno 1992, per l’importo di Euro 11.079.Avverso il silenzio rifiuto il contribuente ha proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Taranto che con sentenza del 12.7.2012 lo ha accolto. Il contribuente ha proposto appello incidentale con riguardo alla omessa pronuncia sulla istanza di riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria. Il giudice del gravame ha rigettato l’appello principale della Agenzia delle Entrate ed ha accolto l’appello incidentale del contribuente, condannando l’Amministrazione finanziaria al pagamento del maggior danno da svalutazione monetaria. Il giudice di appello ha ritenuto tardiva l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione finanziaria, in quanto non contenuta nell’atto di costituzione come prescritto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, ma in una successiva memoria illustrativa; ha ritenuto l’eccezione di prescrizione non deducibile in quanto della L. n. 350 del 2003, art. 2, c. 58, prescrive all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di rinunciare a far valere la prescrizione; ha ritenuto la presenza di plurimi atti interruttivi della prescrizione provenienti dalla Agenzia delle Entrate; ha ritenuto non provata la circostanza che la dichiarazione mod. 740 del 1993, contenente l’esposizione del credito di imposta chiesto a rimborso, fosse stata annullata da una successiva dichiarazione del contribuente, poichè l’Agenzia delle Entrate non aveva prodotta tale seconda dichiarazione, e le interrogazioni dell’anagrafe tributaria costituivano atti interni inidonei a sostituire la produzione della seconda dichiarazione da parte dell’Ufficio. Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2936 e 2946 c.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 23, 24, 32 e 36, nella parte in cui ha ritenuto che l’eccezione di prescrizione fosse stata formulata tardivamente;

2) violazione e falsa applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2, c. 58, in relazione all’art. 360 c.p.c., c. 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto che la norma vieti alla Agenzia delle Entrate di eccepire la prescrizione;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2944 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., c. 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto la presenza di più atti aventi natura interruttiva;

4) violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 e art. 115 c.p.c., nella parte in cui ha disconosciuto la rilevanza probatoria di documenti come le interrogazioni dell’Anagrafe tributaria;

5) violazione D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 37, 38 e 44, in relazione all’art. 360 c.p.c., c. 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto che il risarcimento da svalutazione monetaria ai sensi dell’art. 1224 c.c., c. 2, spetti in maniera automatica.

Pronuncia

Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto il quinto motivo del ricorso in cassazione del fisco, poiché il giudice del gravame non aveva specificato se il contribuente aveva assolto l’onere di dimostrare l’esistenza di un maggior danno, quantomeno sotto il profilo che, nel periodo di interesse, il saggio medio di interesse dei titolo di Stato con scadenza annuale era stato effettivamente superiore al saggio degli interessi legali.

La suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, inoltre, che l’eccezione di prescrizione era stata formulata tardivamente sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. L’articolo 23, comma 3, del D.lgs. 546/1992, pone nelle controdeduzioni il termine ultimo, in cui il resistente espone le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente e indica le prove di cui intende valersi, proponendo altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e instando, se del caso, per la chiamata di terzi in causa. E’ valida l’eccezione processuale della prescrizione se presentata all’atto della costituzione in giudizio e non successivamente nelle memorie illustrative. Sussiste per l’Ufficio la necessità di esporre tutte le eccezioni processuali e di merito nelle controdeduzioni, che non siano rilevabili d’ufficio, pena l’impossibilità di dedurle in seguito. Qualora, infatti, sia spirato il termine processuale non si potranno fare ulteriori eccezioni, e tra di esse rientra certamente anche la prescrizione, per la quale è preclusa la rilevabilità d’ufficio a norma dell’articolo 2938 del Codice civile. E’ preclusa alla parte resistente, non rispettosa dei termini processuali di poter eccepire nelle memorie ex articolo 32, comma 2, del D.lgs. 546/1992 ciò che doveva essere dedotto nelle controdeduzioni. Infatti, la memoria illustrativa, che può essere depositata fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza (computando il termine senza considerare né il dies a quo né il dies ad quem) non può determinare, un ampliamento dell’oggetto del giudizio attraverso l’allegazione di fatti nuovi, impeditivi all’accoglimento del ricorso, non esposti nelle controdeduzioni.

Il momento deputato alla costituzione in giudizio è solo quello precedente in cui l’ente impositore, l’agente della riscossione e i soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del D.lgs. 446/1997 si costituiscono entro sessanta giorni decorrenti dal giorno in cui il ricorso è stato notificato. Tale costituzione, deve rispettare le procedure di deposito presso la segreteria della commissione tributaria, contenente le controdeduzioni in tante copie quante sono le parti in giudizio e i relativi documenti.

Conclusioni

Nell’ipotesi di costituzione tardiva in primo grado, il fisco è sottoposto alle preclusioni previste dalla normativa a seconda del momento in cui tale onere è adempiuto e più precisamente.

A) la perdita della possibilità di effettuare la chiamata in causa di terzo

Giova osservare che secondo un preciso orientamento alla parte resistente, costituitasi tardivamente, non è preclusa la chiamata dei litisconsorti necessari pretermessi;

B) non possono essere proposte eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio

La costituzione della parte resistente oltre i 60 giorni dalla data di notifica del ricorso introduttivo non provoca l’esclusione dal diritto a essere destinatario della comunicazione dell’udienza di trattazione, salvo nel caso in cui la costituzione sia avvenuta in un momento successivo a quello nel quale l’avviso di trattazione1 sia già stato inoltrato. Di conseguenza, l’omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza, in favore della parte che si è costituita tardivamente, ma prima che tale avviso sia inoltrato, comporta la nullità del procedimento e della sentenza, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. L’importante principio è stato statuito dalla Cass. civ. 8 ottobre 2007, n. 21059. La pronuncia, nell’evidenziare la fondamentale differenza fra la mancata costituzione e la tardiva costituzione nel giudizio tributario, denota i seguenti capisaldi:

– nel processo tributario, la tardività della costituzione in giudizio del resistente non comporta alcun tipo di nullità. Infatti, vigendo nel nostro ordinamento, in relazione alle cause di nullità, un principio di tassatività (art. 156 c.p.c.) e mancando la previsione di tale sanzione nel processo tributario, la tardiva costituzione in giudizio del resistente determina soltanto la decadenza dalla facoltà di chiedere o svolgere attività processuali, eventualmente precluse;

– la tardiva costituzione non può avere come conseguenza l’esclusione dal diritto a essere destinatario della comunicazione dell’udienza di trattazione, salvo quando la costituzione è avvenuta successivamente all’inoltro dell’avviso di trattazione.

Pertanto, l’omessa notifica dell’avviso di trattazione in favore della parte costituitasi tardivamente determina nullità del procedimento e della sentenza, eventualmente pronunciata.

L’omissione crea un irreparabile vulnus al diritto di difesa e al principio del contraddittorio. In definitiva, in relazione all’obbligo della notifica dell’avviso di trattazione da parte della segreteria della Commissione tributaria, va differenziata la posizione del soggetto che non si costituisce da quella di chi si costituisce tardivamente. Infatti, solo nella prima ipotesi (mancata costituzione), legittimamente, la cancelleria del giudice tributario non è tenuta a notificare alcunché, poiché il soggetto non costituito ha manifestato “disinteresse”, con tale sua condotta inerziale, nei riguardi degli sviluppi del processo tributario. In effetti, l’obbligo viene meno solo laddove la tardiva costituzione sia avvenuta in un momento successivo rispetto a quello nel quale l’avviso di trattazione sia già stato inoltrato.

La diatriba processuale sugli effetti processuali della tardiva costituzione della parte resistente nel processo tributario trova una precisa risoluzione nella sentenza 5 novembre 2004, n. 21212 del giudice di legittimità, che così recita: “Si osserva che la tardiva costituzione del convenuto/appellato nel giudizio tributario – sia per quanto stabilito dagli artt. 23 e 54, D.Lgs.n. 546/1992 sia in virtù delle disposizioni contenute nel c.p.c. (artt. 166,167, 347), richiamate dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 – non comporta alcun tipo di nullità, stanti la mancata previsione di simile sanzione ed il principio di tassatività delle relative cause (art. 156 c.p.c.) ma ne determina soltanto la decadenza della facoltà di chiedere o svolgere attività processuali eventualmente precluse, dovendo in tal caso il convenuto o appellato accettare il processo nello stato in cui si trova”. L’avere il giudice d’appello asseritamene utilizzato, ai fini della motivazione della propria decisione, il contenuto della comparsa di risposta dell’appellato non costituisce, di per sé, motivo di nullità della sentenza “Il convenuto o appellato, che si costituisce tardivamente, deve prendere possesso del processo nello stato in cui si trova al momento dell’intervento ossia deve accettare la procedura in statu et terminis e non può disconoscere i risultati istruttori (es. deposito di documenti) o decisori (es. sospensione dell’atto impugnato) del processo già realizzatesi”. Sussiste il divieto di riprendere il processo tributario da un punto superato dalla controparte.

Il termine per il deposito di memorie e documenti (previsto dall’art. 32, D.Lgs. n. 546/1992), deve considerarsi perentorio, anche se ciò non è espressamente previsto dalla legge Infatti, la presentazione di memorie e documenti è diretta a tutelare il diritto di difesa della controparte e a realizzare il necessario contraddittorio fra le parti e tra queste e il giudice. Pertanto, la mancata osservanza di detto termine determina la preclusione di ogni ulteriore attività processuale, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, la circostanza che la controparte si sia costituita in giudizio senza nulla eccepire al riguardo Inoltre, i giudici non possono tenere conto ai fini del proprio convincimento della documentazione prodotta fuori dei termini di cui all’art. 32, c. 1, D.Lgs. n. 546/1992 e che, pertanto, è invalida la sentenza concretamente basata soltanto ed esclusivamente su tale tardiva produzione Sussiste a carico dell’’Ufficio lo scrupoloso rispetto dei termini di costituzione, affinchè esso possa eccepire tutti i motivi espressi in ricorso, nelle controdeduzioni e non nelle memorie illustrative. E’ illegittima la prassi, ancora frequente ,della tardiva costituzione con le memorie illustrative, pena, altrimenti le preclusioni processuali; non potendo rappresentare quest’ultima un valido salvagente per le eccezioni non rilevabili d’ufficio, così come la prescrizione.

1 settembre 2016

Isabella Buscema

1 La costituzione della parte resistente oltre il termine di sessanta giorni stabilito dall’art. 23 del D.Lgs. n. 546 del 1992, pur non costituendo causa di inammissibilità della costituzione in giudizio, determina la perdita delle facoltà processuali connesse alla tempestività della costituzione. Ne deriva che se la costituzione, pur tardiva, interviene prima della comunicazione della data di trattazione, la parte resistente conserva il diritto alla ricezione dell’avviso. Viceversa, qualora la costituzione tardiva sia stata effettuata dopo che la segreteria ha già proceduto alla spedizione (al

ricorrente) dell’avviso di trattazione, la parte resistente non ha il diritto alla comunicazione dell’avviso ed il contraddittorio si deve intendere regolarmente costituito anche in assenza della parte resistente all’udienza di trattazione (Comm. trib. prov. di Bergamo, sez. 5, Sent. 31 marzo 2015, n. 310).