Guida alla TARI ed ai suoi casi particolari : quando si paga e quanto si paga

guida di 13 pagine alla TARI (la vecchia cara tassa rifiuti): analizziamo i casi di debenza o di esenzione dal tributo, le modalità di calcolo, le possibili agevolazioni, e tante casistiche speciali (i parcheggi, le aree condominiali, i depositi, residenti all’estero, detenzione temporanea, tariffe…)

colf_immagineQUANDO E’ STATA ISTITUITA LA TARI.
Con il comma 639 della legge di stabilità 2014 (legge 27.12.2013, nr.147) è stata istituita l’imposta unica comunale (IUC).
Essa si basa su due presupposti impositivi:
1. il possesso di immobili, collegato alla loro natura e valore;
2. l’erogazione e fruizione di servizi comunali.
La IUC si compone:
1. dell’imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali;
2. di una componente riferita ai servizi, che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile;
3. della tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore, che ha sostituito le precedenti TIA1 e TIA2 e TARES.

CHI PAGA E CHI NON PAGA LA TARI.
La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, gli immobili su cui grava il tributo. Vi rientrano i fabbricati e le aree fabbricabili, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Sono gravati da TASI i seguenti fabbricati: abitazione principale, pertinenze, seconde case, immobili produttivi, alloggi delle coop a proprietà indivisa, alloggi sociali, ex case coniugali ed abitazioni delle forze armate. Per l’applicazione della TASI, va comunque verificato ciò che ha previsto il Comune nell’apposita delibera.
Sono, inoltre, soggette a TASI le aree fabbricabili ad eccezione dei terreni edificabili posseduti da un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo professionale in quanto sono comunque considerati terreni agricoli (quindi esenti da TASI).
Sono, inoltre, soggetti al tributo locale i fabbricati rurali strumentali anche se ubicati nei comuni montani o parzialmente montani (rimangono invece esenti da IMU).
Pertanto, la TARI la paga il proprietario, l’usufruttuario, il locatario (nei contratti di locazione finanziaria), il concessionario delle aree demaniali, l’ex coniuge assegnatario dell’immobile coniugale, il coniuge superstite.
E’ soggetto al tributo locale in qualità di occupante (e limitatamente a una quota che varia dal 10% al 30% del tributo) anche il comodatario o il locatario.
Se i possessori o i detentori sono più di uno, sono tutti tenuti in solido al versamento della tassa (comma 671, art. 1, L. 147/2013). Quindi, il Comune potrà pretendere l’integrale pagamento da uno qualsiasi dei soggetti, salvo poi il diritto di rivalsa nei confronti degli altri.
Proprietario e occupante hanno, invece, un’obbligazione tributaria autonoma: dunque, il proprietario non risponde solidalmente del tributo (10% – 30%), eventualmente non versato dall’occupante.

LA TASSA RIFIUTI SI PAGA SU PARCHEGGI (Cassazione – sentenza nr.25020 dell’11/12/2015)
La C.T.R. aveva accolto il ricorso del contribuente, affermando che la debenza della tassa era subordinata al fatto che vi fosse una effettiva fruizione del servizio.
Il Comune – controparte ricorrente – sosteneva che la norma prevede invece che la tassa sia dovuta a priori, in ragione della sola attivazione del servizio, indipendentemente dal fatto che il proprietario dell’immobile o dell’area fruisca o meno della raccolta dei rifiuti.
La Cassazione ha accolto la motivazione del Comune ricorrente in applicazione dell’art.62, 2^ comma, D.Lgs. n.507/1993, il quale afferma che siano da escludere dall’assoggettamento al tributo quei locali e quelle aree che non possono produrre rifiuti, in virtù del “particolare uso cui sono stabilmente destinati”, esigendo che sia il contribuente che apporti i documenti relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree.
L’art.62, d.lgs. 507/1993 (Presupposto della tassa ed esclusioni), al 2^ comma dispone che: Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione.
Dalla norma emerge che i proprietari di un’area sulla quale sorge un parcheggio devono pagare anche la TARSU perché i fruitori del parcheggio, in via presuntiva, potrebbero produrre rifiuti.
Sulla base dei documenti presentati dal contribuente la Cassazione ha affermato che: “I possessori di parcheggi sono soggetti al pagamento della tassa sui rifiuti in quanto tali aree sono frequentate da persone, e quindi produttive di rifiuti in via presuntiva”.

LA TARI NON SI PAGA PER LE AREE COMUNI CONDOMINIALI (es. cortili, locali per la lavanderia, ingresso del palazzo, ecc.) che non siano detenute o occupate in via esclusiva (l’alloggio del portiere è tassato). Ad esempio, il giardino è tassabile, invece, non è tassabile il posto macchina scoperto (cioè la parte di cortile condominiale utilizzata come parcheggio privato).
Il presupposto della norma è quello per cui non sono tassabili gli spazi improduttivi di rifiuti, in base al criterio della “non utilizzabilità” dei locali e delle aree.
Tale indisponibilità deve tuttavia dipendere da condizioni oggettive, cosicché, ad esempio, un’abitazione priva dei requisiti di abitabilità (mancanza di allacciamenti elettrici, idrici e fognari, ecc.) non è soggetta all’imposta, mentre un locale che disponga di tali infrastrutture è comunque tassabile, anche se materialmente inutilizzato.
Sono pertanto esenti:
le parti condominiali, non utilizzate in via esclusiva (ad esempio, l’androne, o le scale di accesso);
i locali dove è oggettiva l’impossibilità di produrre rifiuti in maniera autonoma (ad es. solai e cantine);
i locali dove, in specifiche circostanze temporali , non è possibile produrre rifiuti.

LA TARI NON SI PAGA SUI MAGAZZINI DI PRODUZIONE O ADIBITI A STOCCAGGIO DEI PRODOTTI FINITI – Risoluzione M.F. del 09.12.2014.
La citata risoluzione ha precisato che questa tipologia di magazzini, strettamente connessi al processo produttivo, devono essere considerati esenti da TARI, in quanto produttivi di rifiuti speciali, a prescindere dalle disposizioni previste dal regolamento comunale.
Così come devono essere escluse dal computo dell’imposta le aree scoperte, se funzionalmente connesse al processo produttivo, che danno luogo alla produzione, in via continuativa e prevalente, di rifiuti speciali non assimilabili ai normali rifiuti urbani.
Nel quesito sono stati chiesti chiarimenti in ordine all’applicazione della TARI agli immobili nei quali viene svolta l’attività industriale di produzione di tubi in acciaio senza saldatura. Nel quesito si precisa che le aree produttive insistono su superfici molto vaste, occupate da capannoni industriali e da aree scoperte che sono asservite al ciclo produttivo e che sono parte integrante dello stesso in quanto si tratta di:
superfici adibite allo stoccaggio di materie prime;
magazzini intermedi di produzione;
magazzini adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti.
A tal fine, il Ministero ha precisato che è necessario esaminare in maniera approfondita la disciplina dei rifiuti speciali introdotta in materia di TARI dalla legge di stabilità per il 2014.
Il primo periodo del comma 649 dell’art.1, legge 147/2013, stabilisce che nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. La nuova disposizione, nel prevedere che nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano rifiuti speciali, in via continuativa e prevalente, ha aggiunto una specificazione, rispetto alla normativa precedente che consente di delineare meglio l’ambito applicativo della TARI alle superfici produttive di rifiuti speciali.
La norma permette, quindi, di considerare intassabili le aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali, che in genere producono in via prevalente rifiuti speciali, poiché la presenza umana determina la formazione di una quantità non apprezzabile di rifiuti urbani assimilabili.
Conseguentemente, non può ritenersi corretta l’applicazione del prelievo sui rifiuti alle superfici specificamente destinate alle attività produttive, con la sola esclusione di quella parte di esse occupata dai macchinari. Tale comportamento potrebbe, infatti, dare origine a una ingiustificata duplicazione di costi, poiché i soggetti produttori di rifiuti speciali, oltre a far fronte al prelievo comunale, dovrebbero anche sostenere il costo per lo smaltimento in proprio degli stessi rifiuti.
Ovviamente, nel rispetto della norma, l’esclusione dalla tassa avviene a condizione che i produttori di rifiuti speciali ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. ………..
In conclusione, alla luce di quanto si qui evidenziato, si esprime l’avviso che nel caso in esame, magazzini intermedi di produzione e quelli adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti devono essere considerati intassabili in quanto produttivi di rifiuti speciali, anche  a  prescindere  dall’intervento regolamentare del comune di cui al terzo periodo del comma 649 dell’art. 1della legge n. 147 del 2013.

L’AUMENTO DELLA TARI TROVA GIUSTIFICAZIONE NEL MAGGIOR CARICO AMBIENTALE ASCRIVIBILE A DETERMINATE ATTIVITA’ CAPACI DI PRODURRE RIFIUTI PIU’ INQUINANTI INDIPENDENTEMENTE SE FA O MENO RACCOLTA DIFFERENZITA (TAR Campania, sentenza n. 5408, del 20.11.2015)
Il TAR della Campania, con la citata sentenza, ha accolto il ricorso di una società che ha impugnato la delibera di un Consiglio Comunale che aveva sostanzialmente aumentato la TARI in alcune zone del Comune.
I giudici amministrativi campani evidenziano che l’amministrazione comunale, nella contestata delibera comunale del 2014, non ha fornito una corretta attuazione del suo contenuto, travisandone il senso e ritenendo che la TARI potesse essere commisurata alla percentuale di raccolta differenziata raggiunta da una certa categoria di utenti, mentre la norma è chiara nel collegare l’importo del tributo ai diversi parametri “degli usi e della tipologia delle attività svolte”, con ciò volendo significare che le differenziazioni di trattamento tariffario devono trovare giustificazione nel maggior carico ambientale ascrivibile a determinate attività umane in virtù della loro più sviluppata capacità di produrre rifiuti inquinanti, indipendentemente dalla modalità (differenziata o indifferenziata) con cui viene effettuata la raccolta.
Secondo la legge, in altri termini, le maggiorazioni tariffarie non sono modulabili in ragione delle (minori) percentuali di raccolta differenziata, ma in ragione dell’intrinseca maggiore attitudine inquinante della singola attività umana, essendo, ad esempio, immediatamente comprensibile che diverso peso assumono i carichi ambientali di una civile abitazione e di un opificio.
D’altronde, ragionare diversamente significherebbe attribuire alla disposizione in commento un’impropria funzione sanzionatoria dei comportamenti della cittadinanza non consoni ai doveri imposti dal sistema di raccolta differenziata, per il cui rispetto sono invece predisposti altri strumenti dell’ordinamento.
Il TAR ritiene che emerge una palese illegittimità, per violazione dell’art. 1, comma 652, della legge n.147/2013, della delibera consiliare del 2014, la quale merita di essere annullata, unitamente all’allegato piano finanziario, nella parte in cui ha determinato la tariffa TARI 2014 per la categoria C3. Pertanto, ha accolto il ricorso presentato dalla società.

TARIFFE
Ogni comune stabilisce le proprie tariffe in base ai costi reali della raccolta e smaltimento dei rifiuti, in base alla superficie calpestabile degli immobili e al numero di componenti del nucleo familiare che vi risiedono.
Per le utenze domestiche, a destinazione ordinaria, la base imponibile TARI è calcolata in base alla superficie catastale rapportata all’80% (per le categorie D e E è quella dichiarata), moltiplicata per la tariffa fissa e per la tariffa variabile. Nel caso di civile abitazione priva, in visura catastale, della “superficie catastale”, la stessa dovrà essere dichiarata dal proprietario o occupante.
Esempio: Si moltiplica la superficie “calpestabile” dei locali (ovvero i metri quadrati netti misurati al filo interno delle murature) per la tariffa fissa unitaria, e poi si aggiunge la tariffa variabile.
Abitazione di 100 mq con 4 persone residenti:
(100 mq X “tariffa fissa unitaria” Euro 1,30 /mq X giorni/365) + (nucleo familiare di 4 componenti X “tariffa variabile” pari a Euro 100/nucleo familiare X giorni/365) = Tariffa.
Ai fini della tassa rifiuti, sono considerati presenti nel nucleo familiare anche i membri temporaneamente domiciliati altrove (esempio studenti universitari) fermo restando che, ai sensi dell’art.1, comma 643, Legge di Stabilità 2014, in caso di detenzione temporanea di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, la TARI è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie.
Nel caso di servizio di volontariato o attività lavorativa prestata all’estero e nel caso di degenze o ricoveri presso case di cura o di riposo, comunità di recupero, centri socio-educativi, istituti penitenziari, per un periodo non inferiore all’anno, la persona assente non viene considerata ai fini della determinazione della tariffa, a condizione che l’assenza sia adeguatamente documentata.

IMMOBILE POSSEDUTO IN ITALIA DA PENSIONATO RESIDENTE ALL’ESTERO E ISCRITTO ALL’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti Estero).
L’art.9/bis, del D.L. 23/03/2014, convertito con modificazioni dalla legge 23/05/2014, n.80 (IMU per immobili posseduti da cittadini residenti all’estero), ha stabilito che:
1. All’art.13, 2^ comma, D.L. 06/12/2011, n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22/12/ 2011, n.214, al settimo periodo, le parole da: “l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti” fino a: “non risulti locata” sono soppresse e dopo l’ottavo periodo è inserito il seguente: “A partire dall’anno 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso”.
2. Sull’unità immobiliare di cui al comma 1, le imposte comunali TARI e TASI sono applicate, per ciascun anno, in misura ridotta di due terzi.
Quindi, per quanto riguarda l’IMU, il comma 1 del citato art.9/bis, D.L. 23.03.2014, ha modificato l’art. 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011 prevedendo che, a partire dall’anno 2015, “è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso”.
Il successivo comma 2 ha altresì stabilito che sull’”unità immobiliare di cui al comma 1, le imposte comunali TARI e TASI sono applicate, per ciascun anno, in misura ridotta di due terzi”.
In sostanza, è considerata abitazione principale quella posseduta dai contribuenti che:
1. la detengono a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia come unica unità immobiliare non locata o non data in comodato d’uso;
2. sono iscritti all’AIRE;
3. siano già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza.
Ricorrendo queste tre condizioni, l’ordinamento tributario prevede le seguenti agevolazioni a favore dei contribuenti in discorso:
esenzione dall’IMU del fabbricato nonché delle pertinenze dello stesso nei limiti indicati dal predetto comma 2 dell’art.13, ad eccezione delle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
applicazione della TASI in misura ridotta di due terzi;
applicazione della TARI nella misura di un terzo rispetto all’ammontare “ordinariamente” dovuto.
A riguardo, la Risoluzione Min. n.6/2015 ha precisato che:
per quanto riguarda l’iscrizione all’AIRE, è sufficiente che il cittadino sia ivi iscritto e non anche che l’immobile sia ubicato nello stesso comune di iscrizione all’AIRE;
per quanto riguarda il pensionamento nel paese di residenza, i cittadini italiani residenti all’estero  devono percepire esclusivamente pensioni in convenzione internazionale, nelle quali la contribuzione versata in Italia si totalizza con quella versata in un Paese estero, oppure pensioni autonome italiane e pensioni estere, rimanendo invece esclusi coloro che percepiscono pensioni italiane. Ciò in quanto solo nei primi due casi si verifica la condizione prevista dalla norma, vale a dire che i contribuenti risultino “già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza”.
In particolare, per quanto riguarda la pensione in convenzione internazionale, si deve evidenziare che detta tipologia di pensione va considerata, a tutti gli effetti, una pensione a carico dei due Stati. Pertanto, se il Paese estero che eroga la pensione, in convenzione internazionale o autonoma, è anche il Paese di residenza del soggetto, può applicarsi il beneficio in questione.
Diversamente, ovverosia nel caso in cui il pensionato risieda in un Paese estero diverso da quello che eroga la sua pensione, sempre autonoma o in regime di totalizzazione internazionale, non può trovare applicazione la norma in commento dal momento che, trattandosi di una norma di deroga e, quindi, eccezionale, va interpretata restrittivamente.
In merito a tale requisito, viene precisato che la norma si riferisce genericamente al trattamento pensionistico e ciò comporta che si possa ricomprendere in tale trattamento qualunque tipo di pensione e, quindi, ad esempio anche quella di invalidità.
La circolare poi ribadisce un principio fondamentale: “al di fuori dell’ipotesi tassativa di equiparazione all’abitazione principale prevista dalla norma, che esclude il versamento dell’IMU, si deve sottolineare che i comuni non possono, attraverso l’esercizio della potestà regolamentare, arrivare a stabilire ulteriori ipotesi di esclusione dall’IMU”.
In tal senso, per le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani residenti all’estero che non soddisfano le predette condizioni, il comune può, al massimo, stabilire un’aliquota agevolata, purché non inferiore allo 0,46 per cento.
Di contro, in merito agli altri tributi locali il comune può:
per quanto concerne la TASI, arrivare all’azzeramento del tributo azzerando l’aliquota base;
per quanto riguarda la TARI, prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni di abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero.

CHI DETERMINA L’IMPORTO DA PAGARE E RIDUZIONI.
L’importo da pagare viene determinato e comunicato dal Comune o dall’azienda che effettua il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Il Comune può applicare delle riduzioni della tariffa con riferimento al valore dell’ISEE del nucleo familiare.
La legge prevede delle riduzioni obbligatorie:
nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita, prevedendo anche una modulazione: è dovuta in misura non superiore al 40% della tariffa;
in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente: è dovuta nella misura massima del 20% della tariffa;
in caso di raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche: la riduzione avviene in base a una variabile a scelta del Comune.
In aggiunta alle riduzioni previste dalla legge, i comuni ne possono prevedere ulteriori (la legge non prevede limiti):
abitazioni con unico occupante;
abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di 6 mesi all’anno, all’estero;
fabbricati rurali ad uso abitativo.
A tal fine, il comma 679 della legge 27 dicembre 2013 n. 147 prevede che il comune possa stabilire riduzioni ed esenzioni nel caso di:
a) abitazioni con unico occupante;
b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero;
e) fabbricati rurali ad uso abitativo.
Pertanto, sta ai Comuni disciplinare in modo preciso i casi sopra riportati.
Si evidenzia che nella formula di calcolo della TARI, peraltro mutuata dalla TARES,
(si vedano in proposito i commi 650 e 651, dell’articolo 1, Legge 147/2013, secondo cui: “650. La TARI è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria”.
651: “Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158”),
oltre ai metri quadrati dell’unità abitativa rientra il numero degli occupanti, per cui, a parità di metri quadrati occupati, la tariffa ha un incremento direttamente proporzionale al crescere del numero dei componenti il nucleo familiare.
Pertanto, l’unico componente del nucleo familiare, ha già di per sé una tariffa più agevolata rispetto al contribuente facente parte di un nucleo familiare di due o più persone.
Infatti, il comune, con regolamento di cui all’art.52, D.Lgs. 15.12.1997, n.446, può prevedere ulteriori riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di abitazioni con unico occupante
(si vedano in proposito i commi 659 e 660 dell’art.1, Legge 147/2013 secondo cui:
“659. Il comune con regolamento di cui all’art.52, D.Lgs. 15.12.1997, n. 446, può prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di: a) abitazioni con unico occupante; b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo; c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente; d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero; e) fabbricati rurali ad uso abitativo.
660. Il comune può deliberare, con regolamento di cui all’art.52, D.Lgs. 446/1997, ulteriori riduzioni ed esenzioni rispetto a quelle previste alle lettere da a) ad e) del comma 659. La relativa copertura può essere disposta attraverso apposite autorizzazioni di spesa che non possono eccedere il limite del 7% del costo complessivo del servizio. In questo caso, la copertura deve essere assicurata attraverso il ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del comune stesso”).

MODALITA’ DI PAGAMENTO.
La TARI si pagherà in un minimo di due e fino un massimo di quattro rate le cui scadenze saranno fissate con delibera regolamentare del comune. È comunque consentito il pagamento in un’unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Si paga con bollettino di conto corrente postale o con modello F24 inviato al contribuente a cura del comune o dell’azienda che eroga il servizio di raccolta.

COMUNICAZIONE ALL’UFFICIO E MODULI DICHIARAZIONE.
Chiunque occupi un immobile è tenuto, entro il 20 gennaio dell’anno successivo a quello di occupazione, a darne comunicazione all’ufficio tributi del Comune in cui si trova l’immobile, utilizzando il modulo appositamente predisposto. La denuncia ha efficacia sino a quando non mutino le condizioni alla base del prelievo, cioè il possesso dell’immobile stesso. La denuncia di variazione ha la medesima scadenza (20 gennaio).
Ogni comune potrebbe prevedere moduli diversi di dichiarazione, sia per la TASI che per la TARI e per l’IMU; la regola generale è che queste dichiarazioni andranno presentate tutte le volte che si modificano i criteri per calcolare le imposte di riferimento (ad esempio, quando l’inquilino cessa di abitare un immobile).
I termini di presentazione sono attualmente fissati dal D.L. 85/2013 al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si sono verificati gli eventi che hanno generato l’obbligo di presentazione della dichiarazione.
Soprattutto per la TARI, però, occorre avere particolare attenzione al regolamento comunale che potrebbe imporre obblighi di dichiarazione anche molto ravvicinati rispetto al verificarsi degli eventi che modificano la determinazione della tariffa.
In linea di massima, i soggetti passivi della TARI presentano una dichiarazione complessiva relativa alla IUC che include anche la TASI.
La presentazione va effettuata entro il 30 giugno dell’anno successivo alla data di inizio del possesso o della detenzione dei locali e delle aree assoggettabili alla IUC.
La dichiarazione, redatta su modello messo a disposizione dal comune, ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati dichiarati da cui consegua un diverso ammontare del tributo; in tal caso, la dichiarazione va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute le predette modificazioni.
Nella dichiarazione delle unità immobiliari a destinazione ordinaria devono essere obbligatoriamente indicati i dati catastali, il numero civico di ubicazione dell’immobile e il numero dell’interno, ove esistente. Ai fini della dichiarazione relativa alla TARI, restano ferme le superfici dichiarate o accertate ai fini della TARSU, TIA o TARES.
Nel caso di variazione della residenza, entro 90 giorni successivi alla data di avvenuta occupazione dell’immobile, occorre presentare al comune di nuova residenza la dichiarazione ai fini TARI, comunicando i dati riguardanti la superficie complessiva dei locali da dichiarare (ed eventualmente la superficie delle pertinenze ad essi collegati come ad esempio box, garage, cantine e locali di deposito), i dati catastali degli immobili, il numero degli occupanti (sia residenti che non residenti) ed ovviamente la data in cui ha iniziato ad occupare i nuovi locali.
Si evidenzia che vi sono dei Comuni che, all’atto del cambio di residenza, fanno compilare apposita dichiarazione, contenente i dati sopra indicati, che verrà automaticamente inviata all’Ufficio tributi ai fini del pagamento della tassa rifiuti. In questo modo si evita di incorrere nell’omessa dichiarazione e si previene l’evasione. Molti utenti, spesso, non pagano la tassa rifiuti perché aspettano che arrivi la comunicazione del Comune, che non arriva o arriva dopo diversi anni, semprechè sia ancora nei termini per l’accertamento, con l’applicazione di sanzioni in caso di omesso versamento.

COME SI CALCOLA LA TARI E SUPERFICIE TASSABILE.
La TARI si calcola in base alla tariffa commisurata ad anno solare. La tariffa fa riferimento alla superficie dei locali e delle aree oggetto della tassa ed è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte.
La superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile alla TARI è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.
Ciò, sia per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, che per le altre unità immobiliari quali immobili a destinazione speciale o particolare (gruppi catastali D/E) e le aree scoperte.
A tale riguardo, si considerano le superfici già dichiarate o accertate ai fini della TARSU o della TIA o della TARES.
Per le unità immobiliari a destinazione ordinaria, il criterio della superficie calpestabile sarà utilizzato sino a quando non ci sarà il definitivo allineamento dei dati catastali degli immobili a destinazione ordinaria con i dati riguardanti la toponomastica e la numerazione civica interna ed esterna di ciascun comune.
Solo allora rileverà, come superficie assoggettabile al tributo, l’80% della superficie catastale.
La tariffa è determinata in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.
La determinazione avviene ad opera di ciascun Comune in modo tale da assicurare l’integrale copertura dei costi d’investimento e di esercizio.
Riguardo alla superficie tassabile, il comma 645 dell’art. 1 della Lege 147/2013 stabilisce che “la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile alla TARI è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati”, computata al netto delle aree scoperte, determinata in base alle specifiche dell’allegato C del DPR 138/1998 secondo cui “la superficie catastale è data dalla somma:
della superficie dei vani principali e dei vani accessori a servizio diretto di quelli principali quali bagni, ripostigli, ingressi, corridoi e simili;
della superficie dei vani accessori a servizio indiretto dei vani principali, quali soffitte, cantine e simili, computata nella misura: del 50%, qualora comunicanti con i vani di cui alla precedente lettera a); del 25% qualora non comunicanti;
della superficie dei balconi, terrazze e simili, di pertinenza esclusiva nella singola unità immobiliare, computata nella misura: del 30%, fino a metri quadrati 25, e del 10% per la quota eccedente, qualora dette pertinenze siano comunicanti con i vani di cui alla precedente lettera a); del 15%, fino a metri quadrati 25, e del 5% per la quota eccedente qualora non comunicanti”.
L’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile, unitamente alle visure catastali delle unità immobiliari, anche la superficie catastale delle unità stesse, al lordo ed al netto delle aree scoperte, che non terrà invece conto delle superfici di balconi, terrazzi e aree scoperte pertinenziali ed accessorie, comunicanti o non comunicanti.
La superficie catastale non deve invece essere confusa con la superficie utile lorda o netta utilizzata per la determinazione del valore locativo. Infatti tale misura potrà essere al netto delle murature esterne ed al lordo delle pareti divisorie (superficie utile lorda per le locazioni commerciali) oppure al netto di queste ultime (superficie utile netta per le locazioni a canone concordato).
Si evidenzia che i Comuni, ai fini accertativi, valutano come superficie assoggettabile al tributo quella pari all’80% della superficie catastale al netto delle aree scoperte. Per tale ragione, il contribuente dovrà verificare se la superficie a suo tempo dichiarata sia inferiore all’80% di quella risultante in catasto, nel qual caso dovrà verificare con esattezza la superficie calpestabile e, se del caso, comunicare la nuova superficie corretta.

DETENZIONE TEMPORANEA
In caso di detenzione temporanea di durata non superiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare, la TARI è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie (e non, quindi, dall’utilizzatore). Invece, nel caso di utilizzi inferiori a 6 mesi ma non di carattere temporaneo (es. locazione quadriennale che inizia ad ottobre), la TARI è dovuta dall’utilizzatore per tutta la durata della detenzione.

14 marzo 2016
Antonino Pernice