Il trust alla luce delle recenti novità normative

esaminiamo il rapporto tra il trust e alcune recenti modifiche normative contenute nel decreto internazionalizzazione e nella Legge di Stabilità 2016: l’abolizione della disciplina CFC da collegamento; la riapertura della rivalutazione delle quote societarie; l’assegnazione agevolata degli immobili ai soci; le agevolazioni a fini IMU e TASI; la riduzione dell’aliquota IRES

trust-immagineIntroduzione

In questo intervento esamineremo il rapporto tra il trust e alcune recenti modifiche normative operate soprattutto dal decreto internazionalizzazione (D.Lgs. 147/2015) e dalla Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015).

Ci soffermeremo in particolare sui seguenti temi:

  • Abolizione della disciplina cfc da collegamento (art. 168 del tuir);

  • Riapertura della rivalutazione delle quote societarie;

  • Assegnazione agevolata degli immobili ai soci;

  • Agevolazioni IMU e TASI;

  • Riduzione dell’aliquota IRES.

Avremo modo di valutare come alcuni di questi interventi si presenti come favorevole, mentre altri risultano penalizzanti.

Abolizione della disciplina C.F.C. da collegamento (art. 168 TUIR)

Il trust fiscalmente residente in Italia può essere un valido strumento per detenere una società estera fiscalmente residente in un Paradiso fiscale per la quale trova applicazione la disciplina CFC di cui all’art. 167 del tuir, recentemente riformata ad opera del D.Lgs. n. 147/2015 (c.d. decreto internazionalizzazione) e ad opera della L.208/2015 (c.d. legge di stabilità 2016).

Il trust può entrare in gioco sotto diversi profili.

E’ bene tuttavia premettere come le indicazioni che seguono non possono essere mutuate sic et simpliciter senza una puntuale analisi della fattispecie concreta.

Il trust, infatti, potrebbe essere considerato un soggetto interposto ed essere quindi disconosciuto dall’Agenzia delle Entrate.

Il primo aspetto di interesse consiste nell’abrogazione dell’art. 168 del tuir relativo alla cfc da collegamento. Si trattava di una norma che penalizzava ingiustamente situazioni in cui il contribuente, detenendo una quota minoritaria, non era in grado di indirizzare il processo di esternalizzazione verso il paradiso fiscale per cui non poteva essere accusato di un comportamento elusivo.

L’abrogazione dell’art. 168 permette di evidenziare come un frazionamento delle quote (ad esempio 50% al disponente e 50% al trust) porta formalmente ad escludere un rapporto di controllo e quindi, prima facie, la disapplicazione dell’art. 167 senza l’emersione dell’art. 168 ora abrogato.

In sostanza l’intestazione del 50% delle quote al trust determinerà la disapplicazione della disciplina cfc da controllo pur non facendo emergere l’art. 168 ora abrogato.

Ovviamente, in questo caso, si renderà necessaria una puntuale analisi delle clausole del trust e del contesto che ha portato alla sua istituzione.

Se la detenzione delle quote avvenisse da parte di un trust non residente, inoltre, l’eventuale reddito della CFC sarà imputato per trasparenza in capo al veicolo estero e non al disponente italiano.

Sul tema è intervenuta anche la R.M. 400/E/2008 che, implicitamente conferma questa impostazione. E’ essenziale che il trust garantisca un effettivo spossessamento dei beni in capo al disponente. E’ pertanto raccomandabile che il trust soddisfi i seguenti requisiti:

irrevocabilità: la revocabilità del trust consentirebbe al disponente di rientrare in possesso dei beni e farebbe avvicinare l’istituto al mero mandato;

mancata coincidenza del disponente con il beneficiario dei beni in trust;

durata del trust non eccessivamente breve, soprattutto se il disponente è anche beneficiario;

mancata coincidenza delle figure del disponente e del trustee.

La Risoluzione n.400/E/08 ha affrontato il caso di una società italiana che partecipava ad un GIE francese che deteneva alcune partecipazioni in società ubicate in Paradisi fiscali (Isola di Man e Repubblica di Mauritius). Queste partecipazioni erano state disposte in trust irrevocabili dove però il GIE risultava unico disponente e unico beneficiario. L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che, nonostante la disposizione delle partecipazioni in trust, la società italiana esercita comunque un rapporto di collegamento indiretto sulle stesse in quanto l’interposizione di un trust nella catena partecipativa di controllo o di collegamento fa comunque scattare il meccanismo di applicabilità della normativa CFC. Secondo l’Agenzia, «la detenzione delle partecipazioni tramite un trust può essere assimilata all’ipotesi di possesso della partecipazione “per interposta persona”, atteso che il trust, come chiarito nella Circolare n.48/E/07, rientra nella nozione di “persona».

Le posizioni dell’Agenzia non sono in contrasto con quanto illustrato in quanto sostiene che il trust “può” e non “deve” essere assimilato ad un’intestazione fiduciaria, nel caso di specie, il disponente coincideva con il beneficiario dei beni.

Ad ogni buon conto, il trust residente può rappresentare un ottimo veicolo per la detenzione della partecipazione anche nel caso in cui sussista palesemente il rapporto di controllo per cui la disciplina cfc trova irrimediabilmente applicazione.

In questo caso, infatti, il reddito imputato per trasparenza al trust opaco sconterà l’IRES del 27.5% ma nessun ulteriore prelievo sarà operato sull’attribuzione dei frutti ai beneficiari (C.M. 48/E/2007).

Ad analoghe conclusioni si giunge anche nel caso in cui i dividendi siano tassati integralmente in capo al socio trust in quanto il socio è riuscito a disapplicare la tassazione per trasparenza, sussistendo le condizioni per l’esimente di tipo a).

Riapertura della rivalutazione delle quote societarie

La L. 208/2015 ha riaperto i termini per la rivalutazione delle quote sociali.

In particolare, con l’art. 1, co. 887-888, è stata prevista la riapertura dei termini per rideterminare il valore dei terreni a destinazione agricola ed edificatoria e delle partecipazioni in società non quotate posseduti da persone fisiche per operazioni estranee all’attività d’impresa, società semplici, società ed enti ad esse equiparate di cui all’art. 5, D.P.R. 917/1986, enti non commerciali per i beni che non rientrano nell’esercizio di impresa commerciale e soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia.

Tra gli enti non commerciali rientrano anche i trust.

L’aliquota per la rivalutazione del costo delle partecipazioni in società di qualsiasi tipo, purché non negoziate in mercati regolamentati, è stata uniformata all’8% sia per le partecipazioni qualificate sia per le partecipazioni non qualificate.

Si tratta quindi di una aliquota meno vantaggiosa rispetto al passato.

La rivalutazione può essere eseguita se le partecipazioni sono detenute alla data dell’1.1.2016 e consegue effetti solo se si redige un’apposita perizia di stima entro il 30.6.2016, che è anche la data per versare l’imposta sostitutiva dovuta, ovvero la prima rata.

Sulla seconda e terza rata sono dovuti interessi nella misura del 3% annuo1.

La rivalutazione viene spesso operata quando il socio ha in animo di cedere le quote a terzi estranei alla famiglia ma non è infrequente il caso in cui gli acquirenti siano i discendenti del socio stesso che acquisteranno le quote realizzando in questo modo una “fattispecie” di passaggio generazionale.

La cessione a titolo oneroso, infatti, permette di risolvere le criticità di carattere civilistico della donazione.

Che rapporto sussiste tra la rivalutazione delle quote e l’istituto del trust?

In prima battuta va evidenziato come la disposizione di quote in trust non generi un presupposto impositivo ai fini delle imposte dirette in capo al disponente. Il passaggio, infatti, essendo a titolo non oneroso, non configura una plusvalenza imponibile ai sensi dell’art. 67 del Tuir lett. c) e c – bis).

Chi intende disporre in trust delle quote, pertanto, può evitare di pagare l’imposta sostitutiva sostituendo l’8% con la meno onerosa imposta di donazione. In effetti l’imposta di donazione tiene conto delle franchigie di un milione di euro a favore di qualsiasi ascendente, discendente o coniuge. Inoltre, è appena il caso di ricordare come ai sensi dell’art. 3 comma 4 ter D. Lgs. 346/1990 sia in molti casi possibile beneficiare addirittura dell’esenzione totale.

Il nemico principale della rivalutazione delle quote è costituito dalla morte del rivalutante. Ciò in quanto l’art. 68 comma 6 del Tuir stabilisce che nel caso di acquisto delle quote per successione, si assume come costo originario il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Ebbene, la rivalutazione viene persa a favore del più modesto valore risultante dal bilancio di esercizio, così come previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 346/19902. La norma, in particolare, impone di far riferimento al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti.

Diversamente, in caso di donazione, l’art. 68 comma 6 del Tuir è chiarissimo nel prevedere che si assume come costo il costo del donante. Se il donante ha effettuato la rivalutazione, il donatario subentrerà nel valore rivalutato. Sotto questo profilo emerge il rapporto di “amore” con il trust: non serviva rivalutare se fai il trust, ma se hai rivalutato e non hai venduto, il trust ti permette la perpetuare il valore rivalutato oltre la morte del disponente.

Infatti, il trustee subentrerà nel costo rivalutato e ne beneficerà in ipotesi di successiva cessione delle quote.

In caso di trust opaco la plusvalenza qualificata, in assenza di rivalutazione risulterebbe tassata al 27,5% sul 49,72% del suo ammontare.

Assegnazione agevolata degli immobili ai soci

Dopo diversi anni, la L. 208/2015 ha riproposto l’opzione dell’assegnazione degli immobili al socio detenuti da società. La disciplina, contenuta nei commi dal 115 al 121, appare particolarmente in linea con le precedenti edizioni per cui possiamo ragionevolmente fare riferimento ai contenuti dei precedenti interventi di prassi, tra cui la C.M. 40/E/2002, che ha fornito interessanti chiarimenti in materia soprattutto in relazione al regime fiscale del socio assegnatario.

In questa sede ci interessa esaminare il caso in cui il socio sia un trust fiscalmente residente in Italia, in particolare un trust assimilato ad un ente non commerciale.

Dalla lettura della C.M. 40/E/2002 e dei commenti che sono intervenuti in questo periodo possiamo evidenziare alcuni punti fermi che possono essere meglio chiariti sulla scorta di un esempio.

Si supponga che una srl, detenuta da un trust, abbia un immobile di civile abitazione inquadrabile come immobile patrimonio il cui costo storico sia 40 ed il cui valore normale sia 100.

La società pagherà l’imposta sostituiva dell’8% o del 10,5% sul maggior valore di 60.

Tale importo non rileverà in capo al socio né se viene distribuita una riserva di capitali, né se viene distribuita una riserva di utili (C.M. 40/E/2002).

Pertanto, nel nostro esempio, se viene distribuita una riserva di utili, la stessa rileverà in capo al socio solamente per l’importo di 40 e non anche per il plusvalore di 60.

Se, invece, viene intaccata una riserva di capitali, la stessa ridurrà il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione e risulterà tassato il c.d. sottozero.

Se, nel nostro caso, ipotizziamo che il costo della partecipazione sia 30, sarà tassato solamente il sottozero di 10.

La possibilità di arbitraggio tra le riserve di utili e quelle di capitali discende dal comma 118 che rende inapplicabile il secondo periodo del comma 1 dell’art. 47 del tuir relativo alla presunzione di prioritaria distribuzione di dividendi.

L’assegnazione degli immobili di una società detenuta dal trust assimilato ad un ente non commerciale fa sì che l’immobile entri in una sfera privatistica e non rilevi più ai fini della disciplina delle società di comodo e, se non si tratta di area edificabile, una volta venduto dopo il quinquennio, non rileva nemmeno ai fini della plusvalenza (art. 67 del tuir).

Sotto il profilo dell’IMU non vi sono sostanziali cambiamenti in quanto lo stesso sarà trattato come seconda casa sia all’interno della società, sia se detenuto direttamente dal trust.

La detenzione di immobili in luogo di quote, tuttavia, può essere maggiormente onerosa. Il compenso del trustee, a parità di valore del patrimonio, tende ad essere più elevato in caso di detenzione diretta degli immobili in quanto aumentano le sue responsabilità.

Nell’esempio che abbiamo proposto, il trust potrà determinare una base imponibile di 40 come dividendo o di 10 come sottozero, rispettivamente a seconda che la società attribuisca riserve di utili o di capitale.

A questo punto si rende necessario inquadrare il regime fiscale del sottozero in capo al trust.

Poiché, ai fini delle imposte dirette, lo stesso è generalmente equiparato ad un ente non commerciale, trova applicazione l’art. 144 del tuir il quale prevede la determinazione del reddito imponibile con le regole contenute nel titolo I del tuir che a sua volta individua le diverse categorie di reddito per le persone fisiche.

Il sottozero dovrebbe quindi essere assimilato ad un dividendo.

Si ricorda che il trust determina una base imponile dei dividendi pari al 77,74% del loro ammontare. Se lo stesso è opaco, il trust sconterà su tale importo l’IRES del 27,5% determinando un carico fiscale del 21,38%. Se, al contrario, è trasparente, l’importo, sempre pari al 77,74% dei dividendi, verrà imputato ai beneficiari del reddito.

In ipotesi di trust opaco la successiva attribuzione dei frutti al beneficiario non determina alcun ulteriore profilo impositivo. In tal senso, infatti, depone in modo inequivocabile la C.M. 48/E/2007.

Può tuttavia accadere che il trust sia interposto in base ai criteri enunciati nella C.M. 61/E/2010.

In questo caso il reddito verrà imputato direttamente al soggetto nei cui confronti opera l’interposizione come se lo stesso lo avesse percepito direttamente. L’interposizione generalmente si realizza in capo al disponente o al beneficiario.

L’aspetto interessante dell’assegnazione agevolata sta nel fatto che il valore normale in capo al socio può essere lo stesso della società, ossia un valore determinato su base catastale (C.M. 40/E/2002).

Potrebbe anche accadere che il valore normale sia inferiore al costo storico. Ci si chiede in questi casi se l’eventuale utile tassato in capo al trust corrisponda alla riserva attribuita o sia anche il minore valore catastale. Sul punto manca una presa di posizione da parte dell’Agenzia.

 

Agevolazioni IMU e TASI

Il trust deve confrontarsi anche con la disciplina IMU e TASI che è stata rivista ad opera della Legge di Stabilità 2016.

La L. 208/2015 all’articolo 1 dai commi dall’11 al 16, ha eliminato, con effetto dall’1.1.2016, la Tasi sull’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio), anche nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile ad abitazione principale.

D’ora in avanti il presupposto impositivo della Tasi sarà il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti ai sensi dell’Imu, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (art. 1, co. 669, L. 27.12.2013, n. 147).

Inoltre, la Tasi (art. 1, cc. da 669 a 676 639, L. 147/2013), sarà sia a carico del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare, tranne quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.In base alle regole vigenti, la Tasi è dovuta sia dal possessore che dall’utilizzatore dell’immobile.

Quest’ultimo versa la Tasi nella misura, stabilita dal Comune, compresa tra il 10% e il 30% dell’ammontare complessivo della Tasi, mentre la restante parte è dovuta dal titolare del diritto reale sull’immobile.

Pertanto, viene eliminata dal campo di applicazione della Tasi l’imposizione, sia nel caso in cui l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale del possessore sia nel caso in cui è l’occupante a destinare l’immobile detenuto ad abitazione principale, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

A partire dal 2016, non versa la Tasi il soggetto (utilizzatore) che destina l’immobile ad abitazione principale, mentre il possessore versa l’imposta nella percentuale stabilita dal Comune per l’anno 2015, ovvero, in mancanza, nella percentuale pari al 90% dell’ammontare complessivo del tributo.

Il trust non può avere per definizione l’abitazione principale per cui l’esenzione dalla tasi difficilmente si realizza.

È tuttavia da rilevare come il trust paghi di rado la Tasi in quanto si tratta di un prelievo che i comuni hanno generalmente previsto per l’abitazione principale.

Pertanto si possono verificare le seguenti situazioni:

  • Il comune prevede la TASI solo per l’abitazione principale;

  • Il comune prevede la TASI anche per le seconde case.

Nella prima ipotesi, il trust pagherà solamente l’IMU, a meno che non si tratta di immobili A1,Aa8 e A9. Nel secondo caso, invece, il trust pagherà la Tasi ma l’utilizzatore, se si tratta di prima casa, non pagherà più alcunché.

Va altresì ricordato che la L. 208/2015, al comma 10 dell’articolo 1, ha introdotto anche una riduzione del 50% della base imponibile Imu per gli immobili dati in comodato d’uso a figli o genitori.3

È stato da subito rilevato che, per come è scritta la norma, la stessa sarà difficilmente applicabile. Infatti, il beneficio si applica purché il contratto sia registrato, il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è sito l’immobile concesso in comodato.

Detto beneficio viene esteso anche al caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso Comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale (non di lusso).

Questa tipologia di agevolazione è preclusa ai trust in quanto manca per definizione un rapporto di parentela tra il trust ed il comodatario.

Per poter usufruire ugualmente dell’abbattimento del 50% dell’imposta locale sarebbe opportuno mantenere in capo al genitore (o figlio) l’usufrutto, conferendo in trust la nuda proprietà, ed assegnando l’abitazione come prima casa per il figlio (o genitore) in comodato gratuito4.

Vi sono, tuttavia, altre novità, in materia di Tasi e Imu. Si tratta, in particolare delle seguenti fattispecie:

  • la possibilità, per i Comuni, di maggiorare dello 0,8 per mille l’aliquota Tasi per gli immobili non esentati (art. 1, c. 28)

  • la riduzione del 25% di Imu e Tasi per le unità immobiliari locate a canone concordato (art. 1 cc. 53 e 54);

  • il regime di favore per gli immobili merce, che consiste nell’applicazione di un’aliquota ridotta pari allo 0,1%, con la possibilità, concessa ai Comuni, di modificare tale aliquota, in aumento, fino allo 0,25% (art. 1 c. 14 lett. c) ;

  • l’esenzione da Imu delle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica (art. 1 c. 15).

Per quanto concerne l’aumento della Tasi, il trust potrà risentirne se la tasi è applicata alle seconde case.

In relazione alla riduzione del 25% di Imu e Tasi per le unità immobiliari locate a canone concordato, si segnala quanto segue.

Ai fini Imu, per gli immobili locati a canone concordato (di cui alla L. 9.12.1998, n. 431), l’imposta determinata applicando l’aliquota stabilita dal Comune è ridotta al 75%. Ai fini Tasi si prevede un’analoga misura stabilendo che, per gli immobili locati a canone concordato, l’imposta è determinata applicando l’aliquota stabilita dal Comune ridotta al 75%.

L’agevolazione prevista per gli immobili merce potrà riguardare i trust dotati di partita iva, casistica alquanto limitata.

Infine, vanno fatte alcune considerazioni per quanto concerne l’introduzione dell’esenzione da Imu per le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.

Si tratta di una casistica che non può interessare il trust che, in qualità di ente non commerciale, non si qualifica come cooperativa.

Riduzione dell’aliquota IRES

Da ultimo, ma non meno importante, si segnala come la Legge di Stabilità 2016 al comma 61 dell’articolo 1 abbia previsto una riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24% a valere dal periodo d’imposta 2017. La riduzione di questa aliquota vale per tutti i soggetti di cui all’articolo 73 del tuir ivi compresi gli enti non commerciali come i trust.

Questa novità aumenterà la convenienza fiscale dei trust opachi rispetto a quelli trasparenti.

Atteso che la C.M. 48/E/2007 ha stabilito che il trust opaco non determina più alcuna tassazione in capo ai beneficiari in caso di attribuzione dei frutti, il reddito tassato in capo al trust sconterà una tassazione definitiva del 24% in luogo del 27,5%.

Per quanto concerne i dividendi provenienti da una società di capitali, la base imponibile del 77,74% sconterà ora il 24% in luogo dell’attuale 27,5%.

Il prelievo attuale del 21.38% sarà sostituito dal più mite 18,66%.

Si veda la successiva tabella.

imposizione attuale

imposizione dal 2017

77,74%

77,74%

27,50%

24,00%

21,38%

18,66%

18 febbraio 2016

Ennio Vial

 

NOTE

1 La perizia di stima deve essere redatta da un dottore commercialista, esperto contabile, revisore legale dei conti o perito iscritto alla CC.I.AA. ed asseverata presso un tribunale, un giudice di pace o un notaio entro la stessa data del 30.6.2016.

2 Art. 16 D.Lgs 346/90: “La base imponibile, relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’attivo ereditario, è determinata assumendo: … b) per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, nè negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto…”.

3 La riduzione del 50% dell’IMU era già stata prevista in alcune ipotesi contemplate all’articolo 13 comma 3 del D.L. 201/2011 convertito con L. 204/2011. Il comma 10 dell’articolo 1 della Legge di Stabilità 2016 ha esteso tale facoltà ad ulteriori casistiche inserendo la lettera oa) al sopracitato articolo 13.

4 Ovviamente l’impostazione del trust non può essere piegata a meri risvolti di tipo fiscale. In sostanza bisognerà sempre valutare che il trust trovi una giustificazione effettiva.