La motivazione per relationem dell'avviso di accertamento è atto di spendig review

il Fisco può sempre legittimamente motivare per relationem l’avviso di accertamento in base alle risultanze del PVC, poichè tale scelta comporta solo un’economia di scrittura e non viola il diritto alla difesa del contribuente

Con la sentenza n. 25127 del 26 novembre 2014 (ud. 28 ottobre 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che, in tema di avviso di rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria, la motivazione degli atti di accertamento per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, o di altro Ufficio finanziario (nella specie l’Agenzia delle Dogane), “non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Amministrazione degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. 2780/2001; 8183/2011; 21119/2011; 4523/2012)”.

Breve nota

La giurisprudenza è ormai concorde nel ritenere che la funzione di informazione della motivazione venga rispettata anche nel caso di motivazione per relationem, quando questa rinvia ad un precedente processo verbale di constatazione, se tale atto è in possesso del contribuente ed è idoneo ad illustrare le ragioni della rettifica, in quanto descrive chiaramente tutti i passaggi logici che conducono all’accertamento e consente, pertanto, “l’esercizio del sindacato di legittimità“ (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9.1.1973, n. 1).

Accade spesso che gli uffici dell’Agenzia delle Entrate emettano avvisi di accertamento motivati per relationem al processo verbale di constatazione, utilizzando l’atto istruttorio interno (il p.v.c.) per il perfezionamento ed il sostentamento dell’atto amministrativo esterno (l’avviso di accertamento).

Secondo i Giudici Supremi (Cass. sez. I, 17.5.1990, n. 4290), la legittimità della motivazione perrelationem è riscontrabile in tutti quei casi in cui il p.v.c. sia conoscibile, anche se in concreto non conosciuto dal destinatario dell’avviso per propria colpa (verbalizzazione del rifiuto di ricevere copia del p.v.c.).

Tale pensiero risulta confermato in successive pronunce con le quali è stata ribadita la necessità dell’obbligo di consegna/notificazione del p.v.c., ai fini della validità della motivazione per relationem, per consentire al contribuente di esercitare pienamente il diritto di difesa.

Ancora, per l’efficacia delle conclusioni espresse, assolutamente condivisibili,– si richiama la sentenza n. 11994 dell’8 agosto 2003 (18 novembre 2002) della Suprema Corte secondo cui “in tema di avviso di accertamento, la motivazione per relationem non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi acquisiti dalla Guardia di Finanza, ma è idonea ( se i documenti richiamati siano allegati o conosciuti dal contribuente) ad indicare le ragioni di fatto e di diritto della pretesa impositiva: condividendo le argomentazioni e conclusioni della Guardia di Finanza, l’Ufficio realizza semplicemente una economia di scrittura, tale da non arrecare alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio con il contribuente ed ai diritti di difesa di quest’ultimo1” (cfr. Cass., Sent. n. 21265 del 2 novembre 2005, secondo cui il pvc fa piena prova, fino a querela di falso, anche dei fatti materiali che i verbalizzanti attestano di avere constatato personalmente. Il pvc della Guardia di Finanza è assistito da fede privilegiata ex art. 2700 del C.C. La prova, quindi, può essere data dall’ufficio attraverso la produzione del pvc, atteso che per contestarne la veridicità occorre proporre querela di falso).

La legittimità della motivazione per relationem va tenuta distinta dal necessario “vaglio critico ” cui deve essere sottoposto il p.v.c. prima della notifica dell’avviso di accertamento, trattandosi di problematiche profondamente diverse: in effetti, l’ammissibilità della motivazione per relationem non sottrae l’ufficio all’inderogabile dovere di valutare, criticamente ed autonomamente, gli elementi posti a base della pretesa impositiva, prima di farli propri e trasferirli nell’avviso di accertamento.

L’allora Ministero delle Finanze, con la circolare n. 1/9/2662 del 12 gennaio 1983, ha avuto modo di ribadire ai propri uffici periferici “la necessità che i risultati delle verifiche, eseguite dagli uffici e dalla Guardia di Finanza, vengano, in sede di redazione dell’atto di accertamento, esaminati accuratamente e non trasferiti acriticamente nell’atto medesimo“. Tali principi, infatti, avevano già formato oggetto di precedenti istruzioni operative (C.M. n. 29/410811 del 23 maggio 1978 ; nota min. n. 411053 del 17 novembre 1979; R.M. n. 421120 dell’8 aprile 1981 ).

Mai, comunque, l’ufficio deve rinunciare al potere–dovere di valutazione autonoma degli elementi sui quali si fonda la pretesa accertativa, cioè a tutta quella attività intellettiva, valutativa ed estimativa, consistente nell’apprezzamento tecnico–giuridico dei fatti e nella valutazione degli indizi e delle prove, evitando così che la motivazione per relationem non diventi l’altra faccia della medaglia: lo spossessamento della funzione accertativa da parte degli uffici, a favore dei verbalizzanti (civili e/o militari), cui si commette solo lo svolgimento dell’attività di verifica.

Gli uffici, capovolgendo una consuetudine radicata, dovranno abbandonare il ruolo di subalterni e, per così dire, di contoterzisti e cioè di meri esecutori di atti – ruolo si direbbe necessitato dalla pioggia di elementi di fonte esterna – e riappropriarsi delle loro attribuzioni istituzionali2.

Si ricorda che l’ufficio, non essendo vincolato alle quantificazioni operate dal p.v. , ben potrebbe tenere conto di eventuali ulteriori elementi in suo possesso o, comunque, intervenuti successivamente alla notifica del processo verbale di constatazione.

Ma non è un vizio in sé il il recepimento acritico, ovvero non accompagnato da argomentazioni nuove, originali, autonome e diverse: si deve ritenere, infatti, che l’obbligo di procedere al “vaglio critico“ non debba portare, per forza di cose, ad una motivazione diversa da quella del p.v.c., essendo possibile un integrale rinvio a questo, dopo una attenta valutazione e ponderazione dei rilievi proposti.

Sul punto, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 282 del 6 luglio 2006, dep. il 9 ottobre 2006, ha riaffermato che il rinvio operato dall’avviso di accertamento al contenuto del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza non costituisce assenza di autonomia di giudizio da parte dell’Amministrazione finanziaria, quanto deliberata e critica adesione alle conclusioni raggiunte dai verificatori.

Sempre la Suprema Corte, con sentenza n. 13578 dell’11 giugno 2007, ha confermato che l’avviso di accertamento motivato per relationem realizza un’economia di scrittura e resta valido sul piano della motivazione ove contenga un rinvio ad atti o documenti, ancorchè non allegati o riprodotti, conosciuti o conoscibili da parte dei contribuenti, e lo stesso soddisfa l’obbligo di motivazione ogni qual volta il pvc sia stato regolarmente notificato o consegnato al contribuente, così da conoscere la pretesa tributaria (cfr. anche Cass. sent.n. 16100 del 20 luglio 2007).

Sul punto, evidenziamo ancora che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 14200 del 10 maggio 2000, dep. Il 27 ottobre 2000, ha ritenuto formalmente legittimo l’avviso di accertamento acritico, essendo “sufficiente l’inserimento nell’atto di un richiamo alla fonte informativa integrante l’antecedente della relativa emissione, nella non necessità dell’espressione di una specifica valutazione critica in ordine all’accettabilità delle risultanze da tale fonte ricavabile”.

L’ufficio può copiare la Guardia di finanza, in quanto “il sintomo della motivazione fotocopia non esclude l’autonomia del giudizio”, e il mero rinvio alle considerazioni indicate dalla G.d.f. può voler realizzata “una economia di scrittura che non arreca nessun pregiudizio per un corretto svolgimento del contraddittorio” (Cass. Sez. Trib. Sent. n. 2780, dep. il 26 febbraio 2001).

Ed ancora, con l’ordinanza n. 25211 del 14 dicembre 2010 (ud. del 27 ottobre 2010) la Corte di Cassazione, nel ribadire il principio secondo cui costituisce ius receptum la legittimità della motivazione degli avvisi di accertamento per relationem, rinviando al contenuto del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, realizzandosi un’economia di scrittura,avendo l’ente impositore fatto proprie le conclusioni e non un difetto di autonoma valutazione, ha affermato che tale principio trova altresì applicazione laddove il p.v.c. abbia ad attingere da altri atti, anche del procedimento penale. In proposito, osserva la Corte, la motivazione degli atti di accertamento per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, “che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto volgimento del contraddittorio (v. sul punto tra le altre Cass. n. 10205/ 2003)”.

E con l’ordinanza n. 10252 del 2 maggio 2013 (ud. 27 febbraio 2013) la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della motivazione per relationem, realizzando una economia di scrittura. Per la Corte, “In tema di avviso di rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria di dichiarazione IVA, la motivazione degli atti di accertamento ‘per relationem’, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (sent. 10205/03; conformi, sentt. 25146/05, 21119/11).

E ancora con la sentenza n. 6388 del 19 marzo 2014 (ud. 24 febbraio 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che “è del tutto pacifico, nella giurisprudenza di questaCorte, che – ai fini IVA – l’avviso di accertamento debba considerarsicorrettamente motivato, come prescritto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art.56, ove faccia riferimento – come nella specie – ad un processo verbaledi constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato oconsegnato all’intimato (Cass. 6232/03)”.

E con la sentenza n. 10767 del 16 maggio 2014 (ud. 7 aprile 2014) la Corte di Cassazione ha ribadito che “la motivazione dell’atto impositivo, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, neppure per asserita mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti alla parte contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. 10 gennaio 2013, n. 446; 13 ottobre 2011, n. 21119)”. Peraltro, nel caso in questione, “avendo la parte operato deduzioni in calce al p.v.c., come dalla stessa affermato in ricorso, e dovendosi intendere quindi questo portato a sua conoscenza, non era neanche necessario allegare il medesimo p.v.c. all’atto di accertamento (cfr. Cass. 6 ottobre 2011, n. 20539)”.

E da ultimo, con la sentenza n. 23532 del 5 novembre 2014 (ud. 23 giugno 2014) la Corte di Cassazione ha confermato ancora una volta che la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel p.v.c. redatto dalla G.d.F. non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio, realizzandosi, invece, una economia di scrittura che non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. “La struttura procedimentale che caratterizza l’attività degli Uffici finanziari in quanto PP.AA., impone la specifica distribuzione delle competenze tra gli uffici ed organi che intervengono nel procedimento, con la conseguenza che appare del tutto fisiologico che l’Ufficio al quale compete l’adozione del provvedimento finale (e che quindi interviene nella fase decisoria del procedimento) eserciti le proprie competenze in base agli elementi acquisiti da altri organi ed uffici i quali, nell’ambito della loro autonoma competenza, intervengono nelle fasi preparatorie ed istruttorie del medesimo procedimento, dovendo, pertanto, ritenersi integrato il requisito motivazionale del provvedimento impositivo anche mediante la manifestazione di volontà dell’Ufficio emittente di adesione ai risultati emersi dagli accertamenti istruttori ed alle valutazioni e qualificazioni giuridiche dei fatti compiute dai verbalizzanti (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 26.6.2003 n. 10205; id. 5′ sez. 28.11.2005 n. 25146; id. 5′ sez. 11.4.2011 n. 8183 secondo cui ‘L’avviso di rettifica da parte della dichiarazione IVA, che abbia operato il semplice richiamo agli elementi risultanti dai verbali della polizia tributaria, non può ritenersi privo della necessaria autonoma valutazione di tali elementi da parte dell’Ufficio, dovendosi piuttosto ritenere implicitamente condivisa la valutazione di rilevanza espressa nei verbali richiamati’; id. Sez. 5, Sentenza n. 21119 del 13/10/2011 ‘In tema di atto amministrativo finale di imposizione tributaria, nella specie relativo ad avviso di rettifica di dichiarazione IVA da parte dell’Amministrazione finanziaria, la motivazione “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio’; id. Sez. 5, Sentenza n. 4523 del 21/03/2012. Vedi: Corte Cass. 5′ sez. 23.1.2006 n. 1236; id. 5′ sez. 12.3.2008 n. 6591)”.

13 marzo 2015

Gianfranco Antico

1 In senso conforme Cass. sentenza n. 26836 del 16 ottobre 2007, dep. il 20 dicembre 2007.

2 Direttiva n. 13016 del 21 febbraio 2001 della Direzione regionale delle Entrate della Toscana, pubblicata da “il fisco”, n. 19/2001, pag. 7088.