La legge di stabilità per gli enti locali (seconda parte)

in questa seconda parte della nostra rassegna sulla Legge di Stabilità approfondiamo tutte le novità che investono il patto di stabilità interno per il 2015

 

Per leggere la prima parte clicca qui

Patto di stabilità 2015

La Legge di stabilità allenta decisamente per il 2015 il Patto di stabilità interno delle autonomie locali.

Il comma 489 presenta sì un aggiornamento della base di calcolo per gli anni dal 2015 al 2018 alla media di spesa del triennio 2010-2012 (in precedenza era il 2009-2011), ma apporta anche una forte riduzione delle percentuali utilizzate per calcolare gli obiettivi di Patto dei singoli enti, che per tutti i Comuni scendono al 8,60% (in precedenza era il 14,07%) per il 2015 e all’9,15% (dal previgente 14,62%) per gli anni dal 2016 al 2018. Per le Province le percentuali passano invece dal 19,25% al 17,20% per l’anno 2015 e dal 20,05% al 18,03% per gli anni dal 2016 al 2018.

Il comma 489 della Legge di stabilità lascia aperta la possibilità che con Decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da adottare previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il prossimo 31 gennaio 2015, vengano rideterminate le percentuali da applicare alla spesa corrente media 2010-2012 per il calcolo dei saldi obiettivo di ciascun ente locale, rilevanti ai fini del Patto di stabilità interno per gli anni 2015-2017, fermo comunque restando l’obiettivo complessivo del comparto delle autonomie locali.

Accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità

Il comma 490 include a partire dal 2015 nel computo del saldo di competenza mista rilevante ai fini della valutazione del rispetto del Patto di stabilità anche gli stanziamenti di competenza del Fondo crediti di dubbia esigibilità, che saranno effettuati nel corso del 2015 in base al nuovo principio della contabilità finanziaria rafforzata che dovrà essere applicato dalla generalità delle autonomie locali a partire dal 1° gennaio 2015. Si sottolinea che la disposizione in esame potrebbe creare non poche difficoltà di conseguimento degli obiettivi di Patto assegnato per il 2015 in tutte quelle realtà locali contraddistinte da bilanci appesantiti da crediti di dubbia esigibilità di importo ingente. In questi enti il consistente accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità, che occorrerebbe effettuare in adempimento ai nuovi principi contabili dell’armonizzazioni, potrebbe rivelarsi essere alquanto penalizzante ai fini del calcolo del saldo di competenza mista. Alla luce di questi elementi di criticità si può comprendere la ratio dell’abbassamento degli importi delle somme da accantonare al Fondo crediti di dubbia esigibilità introdotto dal comma 509, di cui parleremo in seguito.

Il secondo periodo del comma 490 apre inoltre all’eventualità che, sulla base dei valori relativi agli accantonamenti effettuati sul Fondo crediti di dubbia esigibilità per l’anno 2015 acquisiti con specifico monitoraggio, le percentuali obiettivo del Patto per l’anno 2015, possano essere modificate. A decorrere dall’anno 2016, le percentuali obiettivo vanno rideterminate tenendo conto in ogni caso anche del valore degli accantonamenti effettuati sul Fondo crediti di dubbia esigibilità nell’anno precedente.

Soppressione dei meccanismi di “virtuosità” ex D.L. n. 98/2011

Il comma 492 sospende a decorrere dall’anno 2015 l’applicazione del meccanismo di “virtuosità” disciplinato dall’articolo 20, commi 2, 2-bis e 3 del D.L. n. 98/2011, convertito dalla Legge n. 111/2011 (cosiddetta Manovra d’estate 2011), che attribuiva ad un gruppo di enti valutati come “virtuosi” secondo un determinato elenco di criteri, allentamenti degli obiettivi di bilancio da conseguire ai fini del rispetto del Patto di stabilità, che a loro volta determinavano un automatico incremento degli obiettivi di Patto posti a carico degli enti “non virtuosi”.

La sospensione sine die del meccanismo di virtuosità, che invero sinora non era mai stato applicato nella sua versione definitiva, va letta nell’ottica promossa dal Legislatore di un progressivo superamento della logica del Patto di stabilità e di un’evoluzione dei criteri di riparto dei trasferimenti verso le amministrazioni locali maggiormente orientati verso i parametri dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard (in teoria meno grossolani rispetto ai criteri di “virtuosità” utilizzati nelle precedenti versioni del meccanismo e spesso in passato oggetto di accese critiche da parte degli addetti ai lavori).

Edilizia scolastica e Patto di stabilità di Province e Città Metropolitane

Il comma 467 modifica l’articolo 31 della Legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012) escludendo dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del Patto di stabilità interno per gli anni 2015 e 2016 le spese sostenute dalle Province e dalle Città metropolitane in tali anni per interventi di edilizia scolastica. L’esclusione opera nel limite massimo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

L’individuazione degli enti beneficiari dell’esclusione e dell’importo per ciascun ente delle spese di edilizia scolastica escluse è affidata ad un DPCM da emanare entro il 1° marzo 2015, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Patto verticale incentivato

Nell’ambito degli strumenti volti a favorire una maggiore flessibilità nella modulazione degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti territoriali, i commi da 484 a 488 della Legge di stabilità ripropongono anche per il 2015 la disciplina del cosiddetto Patto verticale incentivato.

La versione per il 2015 dell’istituto, introdotto dalla Legge di stabilità 2013, prevede l’attribuzione di un contributo, dell’importo pari ad un miliardo di euro (finanziato dalla decurtazione della disponibilità in conto residui del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti delle Regioni e degli enti locali ex articolo 1, comma 10 del D.L. n. 35/2013), in favore delle Regioni. Le Regioni a loro volta utilizzeranno le risorse ricevute nel pagamento dei propri debiti, impegnandosi a girare propri spazi finanziari valevoli ai fini della verifica del rispetto del Patto di stabilità ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane insistenti sul proprio territorio. Se si considera che il contributo ricevuto dalle Regioni deve essere pari all’83,33% degli spazi concessi, si può comprendere come di fatto il meccanismo potrebbe liberare spazi finanziari per un importo massimo di 1.200 milioni di euro. Gli spazi ai fini del Patto ceduti dalle Regioni, dovranno essere di seguito utilizzati dalle amministrazioni locali per il pagamento dei propri debiti commerciali di parte capitale maturati al 30 giugno 2014.

Va tuttavia tenuto in considerazione che di fatto l’edizione 2015 del Patto verticale incentivato potrebbe invero non incontrare l’interesse delle amministrazioni locali, che in seguito all’allentamento degli vincoli di bilancio loro richiesti per il 2015 dovrebbero avere meno difficoltà rispetto agli anni passati nel rispettare gli obiettivi di Patto, limitando pertanto l’ammontare delle richieste di spazi finanziari aggiuntivi.

Certificazione semestrale di rispetto del Patto

I commi da 494 a 496 introducono una serie di disposizioni volte a snellire la procedura per l’aggiornamento dei termini e dei prospetti relativi al monitoraggio e alla certificazione del Patto di stabilità interno delle Regioni e degli enti locali.

Nello specifico il comma 494 interviene attraverso un modifica del comma 19 dell’articolo 31 della Legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012) sui termini per la trasmissione della certificazione semestrale di accertamento del rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità da parte delle singole amministrazioni locali. Alla luce delle modifiche apportate il prospetto relativo al primo semestre va trasmesso entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del MEF che approva lo schema del certificato. Il prospetto relativo al secondo semestre va invece necessariamente trasmesso entro 30 giorni dalla fine del periodo di riferimento.

Pagamento dei debiti delle PA

Il comma 497 modifica i commi 5 e 6 dell’articolo 4 del D.L. n. 133/2014, convertito dalla Legge n. 164/2014 (Legge Sblocca Italia) che sancivano l’esclusione dal Patto di stabilità dei pagamenti sostenuti successivamente allo scorso 13 settembre 2014, relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015. L’importo dei pagamenti da non considerare ai fini della valutazione del rispetto del Patto per il 2015 si riduce da 100 milioni di euro a 40 milioni di euro, e viene attribuito interamente agli enti locali.

I suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti in conto capitale:

a) certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013;

b) per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013;

c) riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013 ovvero che presentavano i requisiti per il riconoscimento di legittimità entro la medesima data.

Gli enti interessati sono tenuti a comunicare al Ministero dell’Economia e delle finanze, mediante il sito web http://certificazionecrediti.mef.gov.it della Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015.

Patto nelle Province e nelle Città Metropolitane

Il comma 498 operando un’opportuna modifica al comma 23 dell’articolo 31 della Legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012), chiarisce che le Città Metropolitane e le nuove Province oggetto del processo di riordino di cui alla Legge n. 56/2014 (Riforma Delrio) sono soggette all’applicazione del Patto di stabilità già a partire dall’esercizio 2015.

Esclusione dal Patto delle spese dei Comuni colpiti da eventi sismici

Il comma 502, esclude per l’anno 2015 dal Patto di stabilità interno le spese sostenute dai Comuni interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012 con risorse proprie provenienti da erogazioni liberali e donazioni da parte di imprese e privati, purché finalizzate a fronteggiare gli eccezionali eventi sismici e la relativa ricostruzione, per un importo massimo complessivo pari a 5 milioni di euro.

Le corrispondenti spese da escludere dal Patto di stabilità interno sono determinate dalla Regione Emilia-Romagna nei limiti di 4 milioni di euro e dalle regioni Lombardia e Veneto nei limiti di 0,5 milioni di euro ciascuna. Entro il 30 giugno 2015 le Regioni dovranno comunicare al Ministero dell’Economia e delle finanze e ai Comuni interessati gli importi delle spese da escludere dal Patto.

Proroga dei mutui dei Comuni colpiti dal sisma

Il comma 503, posticipa di due anni, senza applicazione di sanzioni e interessi, il pagamento delle rate scadenti nel 2015 dei mutui concessi da Cassa Depositi e Prestiti agli enti locali interessati dagli eventi sismici del maggio 2012 ed attualmente trasferiti presso il Ministero dell’Economia e delle finanze.

Il successivo comma 504, mediante una modifica al comma 356 dell’articolo unico della Legge n. 147/2013 (Legge di stabilità 2014), opera un ulteriore differimento di un anno dei termini di pagamento delle rate in scadenza nel 2013 e nel 2014 dei mutui concessi agli enti locali interessati dal sisma del maggio 2012, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Compensi straordinari nei Comuni colpiti dal sisma

Il comma 544 proroga fino al 31 dicembre 2015, in luogo del 31 dicembre 2014, il termine per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per attività connesse allo stato di emergenza, per gli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e il 29 maggio 2012.

Election day

Il comma 501, al fine di consentire l’accorpamento di tutti i tipi di elezioni in un’unica data, stabilisce che le elezioni per il rinnovo dei Consigli regionali abbiano luogo entro 60 giorni a decorrere della scadenza della durata in carica dei Consigli precedenti. La disposizione consente la riunificazione in un’unica data delle elezioni comunali e delle elezioni dei 7 Consigli regionali in scadenza nel 2015.

Armonizzazione

Disavanzo

La Legge di stabilità introduce una serie di correzioni al D.Lgs. n. 118/2011 (modificato in ultimo dal D.Lgs. n. 126/2014) volte ad attenuare l’impatto, per alcune amministrazioni sicuramente dirompente, che i nuovi principi contabili dell’armonizzazione produrranno sui bilanci degli enti locali.

Il comma 507 concede più tempo agli enti locali per la copertura dell’eventuale disavanzo di amministrazione che dovesse emergere in seguito all’operazione di riaccertamento straordinario dei residui al primo gennaio 2015, da effettuare obbligatoriamente in tutti quegli enti chiamati per la prima volta all’applicazione dell’armonizzazione.

In base alle modifiche introdotte, il disavanzo emerso potrà essere risanato in un periodo massimo di 30 esercizi a quote costanti (anziché in 10 esercizi, come previsto in precedenza). La copertura del disavanzo da riaccertamento straordinario in trenta anni è estesa anche agli enti che avevano aderito alla sperimentazione ai sensi dell’articolo 36 del citato D.Lgs. n. 118/2011.

Nella Legge di stabilità trovano conferma gli impegni assunti dal Governo, tesi a definire con un apposito decreto attuativo tempi e modalità di copertura dell’eventuale maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui. In tal senso il comma 538 modifica l’articolo 3 del D.Lgs. n. 118/2011 prevedendo innanzitutto l’emanazione di un Decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze chiamato a dettare le modalità e i termini per l’acquisizione delle informazioni da parte degli enti riguardanti il maggior disavanzo al 1° gennaio 2015 emerso presso le singole amministrazioni a seguito delle operazioni di riaccertamento straordinario, nonché delle informazioni relative agli enti che hanno partecipato alla sperimentazione, compreso l’importo dell’accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità.

Sulla base delle informazioni raccolte si procederà all’emanazione di un Decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze che si occuperà dell’effettiva definizione delle procedure e dei tempi di copertura dell’eventuale maggiore disavanzo rispetto al risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014, da attuare secondo modalità differenziate in considerazione dell’entità del fenomeno e della dimensione demografica e di bilancio dei singoli enti. Il comma 538 pone a carico degli enti che non dovessero trasmettere le informazioni riguardanti il maggiore disavanzo emerso l’obbligo di effettuarne il ripiano nella tempistica più breve che sarà prevista da questo secondo Decreto ministeriale.

Accantonamento

Il comma 509 introduce una maggiore gradualità nell’applicazione delle nuove regole sullo stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità nel bilancio preventivo, previste in attuazione del nuovo principio della contabilità finanziaria rafforzata. Nello specifico si riduce la percentuale minima di accantonamento, prevedendone al tempo stesso una progressiva crescita nel corso degli anni con ritmi meno traumatici per le finanze dei singoli enti locali. Nel 2015 gli enti locali che non hanno effettuato la sperimentazione contabile sono difatti tenuti a stanziare a tale titolo almeno il 36 per cento (anziché il 50) dell’importo quantificato nel prospetto riguardante il Fondo crediti dubbia esigibilità da allegare al bilancio di previsione, mentre per gli enti sperimentatori tale percentuale è del 55 per cento.

Nelle annualità successive le percentuali di accantonamento al fondo si uniformano per tutti gli enti e passano nel 2016 al 55 per cento, nel 2017 ad almeno il 70 per cento, nel 2018 ad almeno l’85 per cento, mentre dal 2019 deve essere accantonato l’intero importo. Le stime sono state effettuate sulla base del valore medio determinabile secondo le tre diverse modalità di calcolo previste nell’appendice tecnica allegata al principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui al D.Lgs. n. 118/2011.

La novità dovrebbero permetterebbe ai sindaci di liberare, rispetto alla versione previgente del D.Lgs. n. 118/2011, circa 700 milioni di euro di minori risorse da accantonare nel bilancio preventivo nel Fondo crediti di dubbia esigibilità, subito utilizzabili dall’ente per spese correnti. Va tenuto tuttavia in dovuta considerazione il fatto che le modifiche introdotte dalla Legge di stabilità non permettono di alleggerire il concorso degli enti locali al contenimento della spesa pubblica. L’accantonamento al Fondo crediti dubbia esigibilità da determinare in sede di rendiconto di esercizio resta infatti commisurato alla percentuale di riscossione dei residui attivi negli ultimi cinque anni. Di conseguenza, pur potendo l’ente stanziare cifre minori nel bilancio di previsione, in sede di consuntivo occorrerà reperire ulteriori risorse per consentire la copertura da parte dell’avanzo di amministrazione dell’intero importo del Fondo crediti di dubbia esigibilità da accantonare.

Documenti di programmazione e adempimenti di bilancio

Il comma 510 modifica l’articolo 151 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), specificando che i Comuni, oltre a presentare il Documento unico di programmazione entro il 31 luglio di ogni anno, devono deliberare il bilancio di previsione finanziario entro il 31 dicembre (nel testo vigente non figura il termine “deliberano” e quindi il bilancio di previsione viene “presentato” entro il 31 dicembre).

La nuova versione del comma 8 dell’articolo 151 TUEL posticipa invece dal 31 luglio al 30 settembre il termine per l’approvazione del bilancio consolidato con i bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e partecipate, secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al D.Lgs. n. 118/2011, risolvendo in tal senso le difformità con il termine previsto dall’articolo 18, comma 1, lettera c), del medesimo D.Lgs. n. 118/2011.

Il successivo comma 543 chiarisce infine che il termine per sottoporre al rispettivo organo deliberante le proposte concernenti il bilancio di previsione 2015 e i connessi documenti di programmazione, anche pluriennali, è da intendersi collegato alla scadenza ordinaria fissata per l’approvazione del bilancio.

Spese di funzionamento degli uffici giudiziari

Il comma 526, novellando il testo del secondo comma dell’articolo 1 della Legge n. 392/1941, trasferisce a decorrere dal 1° settembre 2015 le spese di funzionamento degli uffici giudiziari dai Comuni al Ministero della Giustizia. Sempre a partire dal prossimo 1° settembre 2015 lo Stato non sarà più tenuto a corrispondere ai Comuni i canoni di locazione per gli immobili comunali adibiti a sede di uffici giudiziari.

Si chiarisce che, in ogni caso, il trasferimento delle spese obbligatorie non scioglie i rapporti in corso e di cui è parte il Comune per le spese degli uffici giudiziari in precedenza a carico degli enti stessi, né modifica la titolarità delle posizioni di debito e di credito sussistenti al momento del trasferimento (che rimangono pertanto in capo agli enti). All’atto del trasferimento nei rapporti relativi alle spese degli uffici di giustizia interessate il Ministero subentra automaticamente ai singoli enti, fatta comunque salva la facoltà di recesso.

Viene specificato infine che anche successivamente al termine del 1° settembre 2015 i locali demaniali adibiti ad uffici giudiziari conservano questa destinazione.

Si valuta positivamente la misura, che permette ai Comuni con sedi degli uffici giudiziari di sgravare i propri bilanci di questo consistente fardello di costi di gestione, stimato dall’ANCI in 300/350 milioni di euro e per i quali i Comuni hanno ricevuto (spesso anche con forti ritardi) contributi a ristoro pari mediamente al 60%/80% del loro ammontare.

Destinazione dei proventi da oneri di urbanizzazione

Il comma 536 estende al 2015 la possibilità per i Comuni di destinare i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal Testo Unico dell’edilizia, per una quota non superiore al 50 per cento al finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente a spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

Rinegoziazione dei mutui

Il comma 537 concede a Comuni, Province, Città metropolitane, Comunità montane ed isolane ed Unioni di comuni la possibilità di rinegoziare mutui già rinegoziati ai sensi del comma 2 dell’articolo 62 del D.L. n. 112/2008, convertito dalla Legge n. 133/2008, e ss.mm., per una durata massima di 30 anni dalla data di perfezionamento della nuova rinegoziazione.

Limite di indebitamento

La Legge di stabilità 2015 attenua i limiti alle facoltà di indebitamento degli enti locali, con lo scopo dichiarato di favorire gli investimenti pubblici. A tal fine il comma 539 modifica l’articolo 204 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) incrementando per il 2015 dall’8% al 10% il tetto massimo degli interessi passivi sul totale entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione dei mutui, al di sotto del quale le amministrazioni possono legittimamente contrarre nuovi mutui o accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato .

Il successivo comma 540 istituisce un Fondo con una dotazione di 125 milioni di euro per l’anno 2016 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020, finalizzato alla concessione di contributi in conto interessi ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane su operazioni di indebitamento attivate nell’anno 2015, con ammortamento decorrente dal prossimo 1° gennaio 2016. Si fa presente che i contributi in conto interessi eventualmente incassati vengono portati a decurtazione del computo degli interessi passivi rilevanti ai fini del computo del limite massimo di indebitamento di cui al citato articolo 204 TUEL consentendo agli enti beneficiari di espandere ulteriormente le loro capacità di finanziamento.

Anticipazioni di tesoreria

Il comma 542 proroga fino al 31dicembre 2015 l’elevazione da tre a cinque dodicesimi del limite massimo di ricorso degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria disposto dall’articolo 2, comma 3-bis, del D.L. n. 4/2014, convertito dalla Legge n. 54/2014 (cosiddetto Milleproroghe), al fine di agevolare il rispetto da parte degli enti medesimi dei tempi di pagamento dei propri debiti commerciali.

Piano di riequilibrio degli enti in predissesto

Il comma 546 amplia anche all’esercizio 2015 l’applicazione del comma 573-bis dell’articolo 1 della Legge di stabilità 2014 che consente agli enti locali in predissesto che hanno presentato i piani di riequilibrio finanziario, per i quali sia intervenuta una deliberazione di diniego da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti, di riproporre un nuovo piano di riequilibrio nuovamente approvato dall’organo consiliare.

Servizi pubblici locali di ambito

La Legge di stabilità 2015 detta un primo pacchetto di norme volte razionalizzare la gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, privilegiandone il modello di gestione secondo logiche d’ambito. In tal senso vanno lette le modifiche introdotte dal comma 609 all’articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011, convertito dalla Legge n. 148/2011 (cosiddetta Manovra di Ferragosto 2011) sulla specifica disciplina dei servizi a rete.

Nella nuova versione del comma 3-bis si prevede espressamente l’obbligo per gli enti locali di partecipazione ai relativi enti di governo d’ambito, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 90, della Legge n. 56/2014 (Legge Delrio). Qualora gli enti locali non aderiscano entro il 1° marzo 2015 o entro sessanta giorni dall’istituzione o designazione dell’ente di governo, scatta l’esercizio, previa diffida di adempimento entro 30 giorno, del potere sostitutivo del Presidente della Regione. Ad ulteriore rafforzamento degli enti di governo dell’ambito si specifica che le loro deliberazioni devono intendersi validamente assunte nei competenti organi degli stessi, senza necessità di ulteriori deliberazioni, preventive o successive, da parte degli organi degli enti locali.

Gli enti di governo d’ambito divengono così i soggetti responsabili dell’intero processo di gestione dei servizi, a partire dalla predisposizione della relazione (già prevista dall’articolo 34 del D.L. n. 179/2012, convertito dalla Legge n. 221/2012) chiamata ad attestare la sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento comunitario per la forma di affidamento prescelta, nonché gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni. La relazione ai sensi delle modifiche introdotte dalla Legge di stabilità deve necessariamente includere un piano economico-finanziario con la proiezione dei costi, dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti inerente la gestione d’ambito del servizio. A garanzia dell’attendibilità del documento, si prevede che questo piano economico-finanziario deve essere obbligatoriamente asseverato da un istituto di credito, ovvero da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso e iscritte nell’albo degli intermediari finanziari o in alternativa da una società di revisione.

Ulteriori adempimenti e cautele vengono richieste qualora si opti per una gestione d’ambito in house providing: in tali ipotesi infatti il piano economico-finanziario deve altresì illustrare l’assetto economico patrimoniale della società, il capitale proprio investito e l’ammontare dell’indebitamento. In caso di gestione in house gli enti locali proprietari sono inoltre chiamati ad accantonare pro quota nel primo bilancio utile, contestualmente all’affidamento e successivamente ogni triennio, una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio nonché a redigere il bilancio consolidato con il soggetto affidatario.

Il novellato comma 4 ed il nuovo comma 4-bis inseriti nell’articolo 3-bis della Manovra di Ferragosto 2011 dalla lettera d) del comma 609 della Legge di stabilità si preoccupano di disciplinare i rapporti di finanziamento fra gli enti partecipanti e le amministrazioni d’ambito. Nello specifico si stabilisce che i finanziamenti relativi ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, ad eccezione di quelli derivanti da fondi comunitari, vanno attribuiti agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o ai relativi gestori del servizio a condizione che dette risorse siano aggiuntive o di garanzia a sostegno dei piani di investimento. Il comma 4-bis esclude le spese in conto capitale, ad eccezione delle spese per acquisto di partecipazioni, effettuate dagli enti locali con i proventi derivanti dalla dismissione totale o parziale (anche a seguito di quotazione) di partecipazioni in società, individuati dai codici SIOPE E4121 e E4122, e i predetti proventi, dall’applicazione dei vincoli del Patto di stabilità interno.

Il nuovo comma 6-bis aggiunto al citato articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011 dalla lettera e) del comma 609, amplia l’applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali a rete a rilevanza economica anche, salvo deroghe espresse, al settore dei rifiuti urbani e ai settori sottoposti alla regolazione ad opera di un’autorità indipendente.

La lettera b) del comma 609 inserisce nel citato articolo 3-bis anche una disciplina transitoria in base alla quale l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in via universale o parziale, a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste. In tale ipotesi il soggetto competente deve accertare la persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro rideterminazione, anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza di tutte o di alcune delle concessioni in essere, previa apposita verifica che l’Autorità di regolazione competente, ove costituita, deve effettuare ai sensi dell’articolo 143, comma 8, del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, anche con riferimento al programma degli interventi definito a livello di ambito territoriale ottimale sulla base della normativa e della regolazione di settore.

Cooperative sociali

Il comma 610 sancisce che le convenzioni stipulate dagli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, con le cooperative sociali che svolgono specifiche attività finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli sociosanitari ed educativi (a condizione che l’importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici e che tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate) possono essere stipulate solo previo lo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza.

Per leggere la terza parte clicca qui

 

13 gennaio 2015

Fabio Federici