Quando è valida la delega di firma: avvisi sottoscritti dal capo dell'Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato

la validità o meno della delega di firma in fase di processo tributario sta assumendo sempre più importanza: una rassegna di pronunce di Cassazione che spiegano quando è valida la delega al dipendente dell’Agenzia che sottoscrive l’accertamento.

Con la sentenza n. 21991 del 17 ottobre 2014 (ud. 29 maggio 2014) la Corte di Cassazione, partendo dal dettato normativo di riferimento (art.42 D.P.R. n. 600/73) secondo cuigli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato … l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo…“, ha rilevato che la detta “sanzione di nullità si riferisce solo all’ipotesi di mancanza della firma o di firma da parte di dipendente non appartenente alla carriera direttiva, ed ha precisato che siffatte ipotesi non si pongono nel caso di specie; dette affermazioni (e, in particolare, l’appartenenza del delegato alla carriera direttiva) non è stata specificamente censurata dal contribuente, con conseguente passaggio in giudicato (sul punto) della gravata sentenza”.

Brevi note

La Corte di Cassazione, nel corso di questi anni, ha avuto modo di far sentire la sua voce.

  • Con la sentenza n. 13512 del 18 maggio 2011 la Corte di Cassazione ha affermato che “l’avviso di accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, deve essere sottoscritto dal capo dell’Ufficio .. o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato nell’esercizio dei poteri amministrativi “(Cass. n. 18515 del 2010); che gli ordini di servizio emessi dal direttore a tal fine hanno valore di delega, derivando dal potere organizzativo ad esso proprio, ed in quanto tale idonea a trasmettere il potere di sottoscrizione ai sensi di cui sopra; che quindi, ove sia esplicitata la volontà dirigenziale (requisito non contestato in sentenza) l’atto ha necessariamente valenza esterna derivando tale valore direttamente dal comma 1 della legge citata; che la mancanza di una sottoscrizione del direttore sugli ordini di servizio non ha rilievo, in quanto, in mancanza di espressa disposizione di legge che ponga tale requisito a pena di nullità (a differenza dalla ipotesi di cui sopra) vale il consolidato principio che “ l’atto amministrativo esiste come tale allorchè i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a formarlo. Ne consegue che il difetto di sottoscrizione autografa dell’atto amministrativo non è, di per sè, motivo di invalidità dello stesso. “(Cass. n. 13375 del 2009); che pertanto, non essendo stata contestata la provenienza dell’atto, e comunque non avendo il giudice provveduto all’accertamento, la delega è valida e così pure l’atto impugnato”.

  • Con la sentenza n.17400, pubblicata l’11 agosto 2012, la Corte di Cassazione ha annullato gli avvisi di accertamento, non validamente sottoscritti, poichè firmati dal responsabile del procedimento, la cui delega non è stata però esibita. La Corte Suprema, facendo propri due precedenti (Cass. nn. 14626/2000 e 14195/2000) ha affermato che l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42, del D.P.R. n. 600/73, “se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui al D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, comma 1, lett. a) e b), è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio”.

  • Con l’ordinanza n.19739 del 13 novembre 2012 la Corte di Cassazione da un canto, afferma che la pronuncia del giudicante (per implicito concludente circa la nullità del provvedimento non sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro funzionario specificamente delegato) è conforme alla giurisprudenza ripetuta della Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14626 del 10/11/2000; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14195 del 27/10/2000), senza che si ravvisino ragioni per mutare detto orientamento, giurisprudenza secondo la quale: “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma primo, lett. a) e b) del d.P.R. 8 maggio 1987 n. 266, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere; il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio”. D’altro canto, la censura concernente la violazione dell’art.58 D.Lgs. 546/1992, per la Corte “avrebbe necessitato l’assolvimento di un onere di autosufficienza nell’allegazione sia delle modalità di produzione che del contenuto del documento di cui si lamenta il diniego di ammissibilità e l’omesso esame (con specifico riferimento alla decisività e sufficienza delle circostanze oggetto della produzione documentale, in punto di loro coerenza con la previsione del comma 1 dell’art. 42 ridetto) a cui la parte ricorrente non ha provveduto”. Viene quindi richiamato l’insegnamento della Corte secondo il quale: “Con riferimento al regime processuale anteriore al d.lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione dev’essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi del n. 3 dell’art. 360 o di un vizio integrante error in procedendo ai sensi dei numeri 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio n. 4 dell’art. 369, secondo comma, cod. proc. civ., che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi del primo comma dell’art. 372 cod. proc. civ.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12239 del 25/05/2007; con differenti sfumature argomentative, concordano anche Cass., Sentenza n. 4840 del 07/03/2006; Cass., Sentenza n. 17424 del 29/08/2005; Cass., Sentenza n. 6972 del 04/04/2005; Cass., Sentenza n. 6225 del 23/03/2005).

  • Con la sentenza n. 14942 del 14 giugno 2013 (ud. 21 dicembre 2012) la Corte di Cassazione ha confermato che è onere dell’ufficio produrre in giudizio la delega di firma. Per la Suprema Corte, nella individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’avviso di accertamento, in forza del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, incombe all’Agenzia delle entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega”.

  • Con la sentenza n. 17044 del 10 luglio 2013 (ud. 27 aprile 2011) la Corte di Cassazione ritorna ad affrontare la questione relativa alla delega di firma degli atti di accertamento. In base alla norma … l’atto impositivo può essere sottoscritto anche da ‘impiegato della carriera direttiva … delegato’ dal ‘capo dell’ufficio’ (il quale, per Cass., trib., 10 agosto 2010 n. 18515, non deve affatto ‘rivestire la qualifica dirigenziale’), con il conseguente corollario per il quale, in carenza di qualsivoglia specificazione normativa, deve ritenersi sufficiente l’esistenza, in fatto (cfr. Cass., trib., 20 giugno 2011, n. 13512, che richiama il principio secondo cui ‘l’atto amministrativo esiste come tale allorchè i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive’), della delega (anche a carattere generale) e non necessaria nè la menzione della stessa nell’atto nè, tanto meno, la specificazione che il delegato appartiene alla ‘carriera direttiva’: ovviamente ‘in caso di contestazione … incombe all’amministrazione provare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega’ (Cass., trib., 10 novembre 2000 n. 14626)”. La “delega a sottoscrivere un avviso di accertamento“, inoltre, non attiene affatto “alla legittimazione processuale” (quindi ad un “presupposto processuale“) perchè lo “avviso di accertamento” non è atto del processo: lo stesso, infatti, ha natura sostanziale e non processuale. La “legittimazione processuale” dell’ente impositore, poi, “non va verificata in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, ma sulla scorta del (diverso) disposto dettato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, sul controllo della cui esatta osservanza non esercita nessuna influenza l'(accertamento della) eventuale carenza di delega del sottoscrittore dell’atto impositivo”. La sussistenza della “delega a sottoscrivere un avviso di accertamento“, pertanto, non deve affatto “esistere” nè “essere dimostrato in caso di contestazione … fin dal giudizio di primo grado” (salvo ipotesi, non verificata nella specie, di ostativo giudicato interno sul punto specifico). La sentenza evidenzia, quindi, alcuni passaggi significativi che meritano di essere portati all’attenzione:l’atto impositivo deve essere sottoscritto dal capo ufficio, il quale può pure non essere dirigente; così come il delegato non deve essere necessariamente dirigente. Basta che sia un funzionario della carriera direttiva. In caso di contestazione spetta all’A.F. provare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega;nel caso di contestazione sulla delega l’A.F. non è tenuta a dimostrare la sussiste

    nza della delega, trattandosi di atto che non attiene alla legittimazione processuale.

  • Con la sentenza n. 654 del 15 gennaio 2014 (ud. 6 novembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che “l’atto tributario è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poichè il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (v., dopo Cass. n. 14626-00 e n. 14195-00, soprattutto Cass. n. 14942-13 e n. 17400-12)”. Pur se detto orientamento è stato messo in discussione da una recente che ha affermato che, “ferma la nullità dell’atto che non rechi la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato l’amministrazione non sarebbe tenuta, in verità, a dimostrare la sussistenza della delega in caso di contestazione, avendo l’atto natura sostanziale e non attenendo, la questione, al profilo della legittimazione processuale (Cass. n. 17044-13)“, osserva il Collegio che il contrasto sulla questione della prova della delega non rileva nel caso di specie, “giacchè la commissione tributaria regionale ha accertato … che gli atti erano stati comunque nella specie sottoscritti nell’esercizio del potere sostitutivo da parte del funzionario sottoscrittore, per essere sia il direttore dell’ufficio, sia il capo area, assenti per ferie. La commissione regionale al riguardo ha evidenziato essere stata riscontrata l’avvenuta comunicazione dirigenziale, con apposita nota, del periodo di assenza dall’ufficio per spese. E non connota di insufficienza una simile motivazione la circostanza che non sia stato specificato ‘a quale ufficio e a quale periodo di ferie facesse riferimento la comunicazione’ detta”.

16 dicembre 2014

Roberta De Marchi