i soggetti esteri che compiono operazioni rilevanti ai fini IVA in Italia hanno la possibilità di procedere all’identificazione diretta ai fini dell’imposta, ovvero di costituire formalmente una stabile organizzazione o, infine, di nominare un rappresentante fiscale: proponiamo una guida a questa importante figura
Aspetti generali
I soggetti esteri che compiano operazioni rilevanti ai fini IVA in Italia hanno la possibilità di procedere all’identificazione diretta ai fini dell’imposta, ovvero di costituire formalmente una stabile organizzazione o, infine, di nominare un rappresentante fiscale.
A questo riguardo occorre considerare quanto stabilito dall’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 (primo comma, primo periodo), ove è disposto che «i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate ovvero ad un ufficio provinciale dell’imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia…».
L’art. 17, c. 2, dello stesso decreto IVA, stabilisce che l’assunzione dei diritti e degli obblighi IVA può conseguire anche dall’identificazione diretta del soggetto estero in Italia (ex art. 35-ter, D.P.R. n. 633/1972), ovvero dalla nomina di un rappresentante fiscale nelle forme previste dall’art. 1, c. 4, del D.P.R. 10.11.1997, n. 441.
Secondo la disposizione normativa richiamata, «il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto. La nomina del rappresentante fiscale è comunicata all’altro contraente anteriormente all’effettuazione dell’operazione. La nomina del rappresentante è obbligatoria qualora il soggetto non residente, che non si sia identificato direttamente ai sensi dell’articolo 35-ter, effettui nel territorio dello Stato cessioni di beni o prestazioni di servizi soggette all’imposta sul valore aggiunto nei confronti di cessionari o committenti che non agiscono nell’esercizio di imprese, arti o professioni. Le disposizioni che precedono si applicano anche alle operazioni, imponibili ai sensi dell’articolo 7, quarto comma, lettera f), effettuate da soggetti domiciliati, residenti o con stabili organizzazioni operanti nei territori esclusi a norma del primo comma, lettera a), dello stesso articolo 7».
La nomina del rappresentante fiscale
Secondo quanto è stato affermato dalla Corte di Giustizia Europea1, uno Stato membro dell’UE non può imporre a un residente al di fuori della Comunità l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale quando si effettuano operazioni imponibili all’interno del suo territorio.
Queste conclusioni sono state raggiunte dai giudici comunitari ravvisando nella normativa interna finlandese un contrasto con gli artt. 21 e 22 della Sesta direttiva2.
La nomina del rappresentante fiscale deve essere effettuata anteriormente al primo passaggio di beni e va comunicata al competente ufficio fiscale con atto pubblico, scrittura privata registrata o lettera annotata in un apposito registro presso l’ufficio.
Le fatture emesse e ricevute dal rappresentante devono contenere gli estremi sia del rappresentante che del soggetto rappresentato.
La nomina di un rappresentante fiscale «leggero» – con rappresentanza limitata alla fatturazione e alla compilazione degli elenchi Intrastat – è consentita, ai sensi dell’art. 44, terzo comma, del D.L. n. 331/1993), se sono effettuate solo operazioni che non comportano versamento dell’Iva. In tale ipotesi, anche il gestore di depositi Iva può assumere la veste di rappresentante fiscale.
Le operazioni anteriori alla nomina del rappresentante
In un caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate (nella risoluzione n. 301/E del 12.09.2002) una società spagnola aveva effettuato direttamente acquisti in Italia; a tale riguardo, la predetta società aveva chiesto se, una volta nominato il rappresentante IVA in Italia, esso avrebbe potuto, previa registrazione delle fatture emesse nei confronti della società «madre», procedere a computare in detrazione l’IVA relativa alle operazioni effettuate, ai fini del calcolo dell’imposta dovuta.
In questa fattispecie, il rappresentante non era quindi stato nominato anteriormente agli acquisti, ma in un momento (pur di poco) successivo.
La risoluzione ha osservato al riguardo che, ai sensi dell’art. 1, quarto comma, del D.P.R. 10.11.1997, n. 441, la rappresentanza deve risultare da un atto pubblico, da una scrittura privata registrata o da una lettera annotata nell’apposito registro presso l’ufficio fiscale, in data precedente rispetto a quella in cui è avvenuto il passaggio dei beni.
In tale contesto il rappresentante, che tra l’altro risponde in solido con il rappresentato, non può considerarsi «un ausiliario esecutore di puri adempimenti formali, né (essere) gravato di responsabilità per operazioni effettuate precedentemente alla sua nomina».
Tuttavia, la mancata nomina del rappresentante fiscale (anteriormente alle operazioni effettuate) non preclude il diritto alla detrazione spettante alla società spagnola, comportando solamente una diversa metodologia del rimborso IVA relativa agli acquisti effettuati nell’attività di impresa, ai sensi degli artt. 19 e 38-ter del DPR n. 633/1972.
Il rapporto tra il rappresentante e il mandante comunitario
In un ulteriore caso esaminato dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate (risoluzione 09.01.2003, n. 4/E) una società disponeva di un deposito IVA in Germania, Paese nel quale era identificata ai fini di tale imposta.
Da questo deposito la società movimentava le merci per la vendita in Italia e in altri Paesi europei. I beni erano direttamente inviati dal deposito IVA tedesco ai clienti italiani, soggetti passivi IVA nello Stato.
La società aveva anche nominato un rappresentante fiscale in Italia per la gestione delle vendite nei confronti dei clienti italiani (e per la gestione di tutti gli adempimenti relativi agli acquisti intracomunitari3 posti in essere).
Nel caso prospettato, secondo l’Agenzia, il perfezionamento dell’acquisto intracomunitario «non è ostacolato dalla circostanza che i beni vengano inviati direttamente al cliente finale soggetto passivo d’imposta in Italia».
In tale contesto, a fronte di un unico spostamento fisico dei beni (dal cedente comunitario al cliente finale in Italia), avvenivano:
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un acquisto intracomunitario da parte del rappresentante fiscale in Italia del soggetto comunitario;
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una cessione interna nei confronti del cliente finale nazionale.
Dovevano quindi venire emesse due distinte fatture:
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la prima, senza applicazione dell’imposta, dal soggetto comunitario al proprio rappresentante fiscale in Italia che provvederà agli adempimenti relativi all’acquisto intracomunitario;
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la seconda, con addebito dell’IVA, per la cessione interna, dal rappresentante fiscale al cliente soggetto passivo in Italia.
Le ulteriori precisazioni sugli «acquisti anteriori»
La risoluzione n. 31/E del 1° marzo 2005 è intervenuta fornendo alcune puntualizzazioni relativamente alla questione già focalizzata dalla sopra richiamata risoluzione n. 301/E del 12.9.2002, ossia alla problematica degli acquisti effettuati in epoca anteriore alla nomina del rappresentante fiscale.
A tale riguardo, l’Agenzia ha posto in evidenza quanto segue:
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le disposizioni sui rimborsi ai non residenti di cui all’art. 38-ter del decreto IVA disciplinano l’ipotesi in cui il soggetto non svolga attività in Italia;
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se invece il non residente intenda intraprendere un’attività nel territorio dello Stato, deve nominare un rappresentante fiscale o identificarsi direttamente ai sensi dell’art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972, al fine di esercitare i medesimi diritti cui sono ammessi i contribuenti nazionali e, in particolare, il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti, con possibilità di ottenere il rimborso dell’imposta eccedente (art. 38-bis) nei limiti consentiti dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972.
Se è stato nominato il rappresentante fiscale, questo può esercitare il diritto al rimborso o alla detrazione secondo le ordinarie disposizioni, in relazione alle operazioni compiute successivamente alla sua nomina.
Per quanto attiene invece agli acquisti avvenuti anteriormente alla nomina del rappresentante, il recupero della relativa imposta può avvenire secondo la procedura dell’art. 38-ter, fino al giorno antecedente la nomina del rappresentante fiscale.
L’identificazione diretta costituisce uno strumento alternativo alla nomina del rappresentante, del quale il soggetto non residente può avvalersi per esercitare i diritti ed assolvere gli obblighi IVA. Anche in tal caso, il diritto al rimborso ex art. 38-ter può esercitarsi soltanto per il periodo antecedente l’identificazione diretta.
L’Agenzia ha inoltre precisato che, ai sensi dell’art. 38-ter, la domanda di rimborso deve essere presentata annualmente per importi inferiori a 200 euro, mentre per importi pari o superiori a tale cifra la stessa istanza può essere presentata anche in relazione a periodi inferiori all’anno.
Se però il soggetto non residente, pur avendo effettuato operazioni attive e passive nel territorio dello Stato, ha adempiuto all’obbligo di identificazione solo dopo l’effettuazione delle medesime, l’identificazione tardiva comporta una violazione degli obblighi del contribuente. In tale ipotesi, se il soggetto non residente intende far valere il proprio diritto al rimborso, ha l’onere di dimostrare di avere effettuato gli acquisti in relazione a un’attività economica avviata4.
Secondo l’Agenzia, poi, «l’assenza di identificazione presuppone verosimilmente la mancata emissione delle fatture, nonché l’omessa tenuta della contabilità secondo le modalità previste dalla legge; in aggiunta alla sanzione per omessa comunicazione d’inizio dell’attività prevista dall’art. 11, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, potrebbero risultare applicabili anche le sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione IVA (art. 5 del D.Lgs. n. 471/1997) nonché per violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed indicazione delle operazioni soggette all’IVA (art. 6) e di quelli relativi alla contabilità (art. 9)»
Il plafond di esportatore abituale per i non residenti
La territorialità delle prestazioni di servizi in ambito IVA è stata oggetto di modificazioni in attuazione delle previsioni comunitarie.
Le innovazioni consistono nell’introduzione di regole – decorrenti dal 2010 – che assicurano l’individuazione dello Stato in cui la prestazione di servizi deve essere assoggettata ad imposta, e promanano dalla direttiva n. 2008/8/CE del Consiglio del 12.2.2008 (c.d. direttiva servizi), la quale ha apportato modifiche alla direttiva «di rifusione» n. 2006/112/CE del Consiglio del 28.11.2006.
Con riferimento alla territorialità, la direttiva servizi ha previsto la distinzione tra prestazioni «business to business» (B2B), per le quali occorre guardare alla residenza del committente-soggetto passivo (tenuto ad autofatturare l’acquisto), e «business to consumer» (B2C), per le quali viene confermata l’attuale regola generale fondata sul luogo di domicilio del prestatore (se il committente non è un soggetto passivo).
Il 22.1.2010, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di recepimento delle direttive 12.2.2008, n. 2008/8/CE e 2008/9/CE, e 16.12.2008, n. 2008/117/CE (D.Lgs. 11.2.2010, n. 18).
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 4.8.2011 n. 80/E è intervenuta dopo le cennate modificazioni normative precisando che anche nel nuovo contesto il soggetto non residente, identificato nel territorio dello Stato tramite un rappresentante fiscale, può continuare a beneficiare del plafond di esportatore abituale e acquistare beni e servizi senza applicazione dell’IVA, ai sensi dell’art. 8, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972.
La questione esaminata dall’Agenzia riguardava una società svizzera, identificata ai fini IVA nel territorio dello Stato tramite un rappresentante fiscale, il quale procedeva all’assolvimento degli obblighi IVA per la rivendita di beni depositati in magazzini situati in Italia, a favore di altre società del gruppo.
Giacché le operazioni effettuate dalla società svizzera per mezzo del rappresentante fiscale comprendevano anche cessioni intracomunitarie ed esportazioni, venivano per essa a realizzarsi i requisiti previsti per la maturazione dello status di esportatore abituale, con diritto al relativo plafond ai sensi dell’art. 8, secondo comma, del D.P.R. n. 633/19725.
Per effetto però delle modificazioni introdotte dal menzionato D.Lgs. n. 18/2010, il previgente secondo comma dell’art. 17, che attribuiva al rappresentante fiscale l’esercizio dei diritti per le operazioni compiute nel territorio dello Stato dal mandante, è stato trasferito nel successivo terzo comma. In relazione a questa innovazione normativa, la società svizzera istante aveva chiesto all’Agenzia delle Entrate se il proprio rappresentante fiscale potesse continuare a utilizzare il plafond di esportatore abituale anche dal 2011 in poi.
Nella risoluzione citata è stato precisato che del plafond possono sicuramente fruire i soggetti esteri identificati nel territorio dello Stato, sia direttamente che a mezzo di rappresentante fiscale, e che questa possibilità deve ritenersi confermata anche nel mutato quadro normativo, successivo all’entrata in vigore delle nuove regole relative alla territorialità delle prestazioni di servizi.
È però necessario evidenziare che dal 2010 il soggetto estero, tramite il proprio rappresentante fiscale, che continua a maturare plafond in relazione alle cessioni intracomunitarie, alle esportazioni e alle altre operazioni non imponibili di cui agli artt. 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972, non può maturare più tale diritto in relazione alle cessioni di beni e di servizi che sono divenute territorialmente rilevanti in Italia se effettuate a favore di committenti nazionali, per le quali dal 1 gennaio 2010 gli obblighi di assoggettamento ad imposta ricadono obbligatoriamente sul cessionario o committente nazionale (art. 17, c. 2, del D.P.R. n. 633/71972).
La successione tra il rappresentante fiscale e la stabile organizzazione
Nel caso in cui il soggetto IVA non residente che si identificava per le operazioni nello Stato in maniera diretta, ovvero per mezzo di un rappresentante fiscale, abbia chiuso la partita IVA, la stabile organizzazione successivamente attivata dal medesimo soggetto estero può detrarre l’imposta relativa agli acquisti precedentemente effettuati nell’altra forma.
È questo il senso delle precisazioni che sono state fornite dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 108/E del 24.11.2011.
La soluzione indicata origina dalla lettura della sentenza della Corte di Giustizia in esito alla causa C-244/08.
Questa pronuncia della CGCE ha dichiarato incompatibile con le norme comunitarie le disposizioni IVA nazionali nella parte in cui queste prevedevano che l’imposta relativa agli acquisti effettuati direttamente in Italia da un soggetto estero doveva essere chiesta a rimborso all’Amministrazione fiscale italiana, a norma dell’art. 38-ter del decreto del D.P.R. n. 633/1972, anche nell’ipotesi in cui tale soggetto avesse istituito in Italia una stabile organizzazione, anziché essere recuperata con il meccanismo della detrazione dell’imposta a monte della stabile organizzazione.
In attuazione della sentenza comunitaria, l’art. 11 del D.L. 25.9.2009, n. 135, ha modificato sia l’art. 38-ter, consentendo al soggetto estero di recuperare l’IVA sugli acquisti di beni e servizi da soggetti d’imposta nazionali tramite la propria stabile organizzazione, sia l’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, prevedendo che se un soggetto estero ha una stabile organizzazione in Italia non può al contempo nominare un rappresentante fiscale o identificarsi direttamente, assumendo una duplice posizione IVA.
I principi espressi nella citata sentenza della Corte di Giustizia consentono di ritenere che sia del tutto lecito far confluire nella stabile organizzazione di una società non residente le posizioni debitorie e creditorie riferibili alla precedente posizione IVA, senza ricorrere quindi alla procedura di rimborso.
Per quanto attiene agli adempimenti dichiarativi, l’operazione di chiusura della partita IVA relativa all’identificazione diretta o al rappresentante fiscale del soggetto non residente con contestuale costituzione di una stabile organizzazione italiana può essere assimilata «a una trasformazione sostanziale soggettiva in cui si riscontra una situazione di continuità tra i soggetti partecipanti».
Anche in questa ipotesi, infatti, non si ha estinzione di un ente preesistente con costituzione di un soggetto nuovo, bensì la prosecuzione della società con una differente veste giuridica, senza variazioni nel patrimonio o nei rapporti giuridici con i terzi.
4 aprile 2014
Fabio Carrirolo
1 Cfr. sul punto la sentenza emessa in esito alla causa C-249/05.
2 Cfr. R. Portale, «Rappresentante fiscale soltanto facoltativo», Il Sole 24 ore, 30.06.2006, pag. 23. Si rammenta che la Sesta direttiva è stata sostituita, a partire dal 1° gennaio 2007, della direttiva n. 2006/112/CE.
3 La società istante riteneva applicabile alla fattispecie l’art. 38, c. 3, lett. b, del D.L. n.331/1993, che assimila agli acquisti intracomunitari l’introduzione in Italia da parte di un soggetto passivo di imposta di beni provenienti da altro Stato membro per esigenze della sua impresa.
4 A tale riguardo, può evidenziarsi che nell’ambito dell’IVA, secondo quanto è stato affermato nella sentenza della CGCE del 14.2.1985, relativa alla causa 268/83, «Rompelman», la Corte di Giustizia ha stabilito quanto segue:
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le attività economiche di cui all’art. 4, n. 1, della Sesta Direttiva, possono consistere in vari atti consecutivi;
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gli atti preparatori, come il procurarsi i mezzi per esercitare tali attività e, pertanto, anche l’acquisto di un bene immobile, devono già ritenersi parte integrante delle attività economiche.
Anche le prime spese di investimento effettuate ai fini di una data operazione possono quindi essere considerate come attività economiche ai sensi dell’art. 4 della Sesta direttiva (ora dall’art. 9 della direttiva del 2006); in tale contesto, l’Amministrazione deve prendere in considerazione la dichiarata intenzione dell’impresa.
5 La maturazione del plafond conferisce all’operatore il diritto di acquistare e importare beni e servizi senza applicazione dell’IVA nell’anno solare successivo, nei limiti del volume del plafond stesso.