Il problema della deducibilità dei compensi all’amministratore unico

Si conferma l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il compenso agli amministratori è soggetto alla valutazione di congruità, in rapporto alle dimensioni dell’impresa, da parte dei funzionari del Fisco.

compensi degli amministratoriCon l’ordinanza n. 25572 del 14 novembre 2013 (ud 23 ottobre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che,

“in tema di imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione di quello d’impresa, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 62, il quale esclude l’ammissibilità di deduzioni a titolo di compenso per il lavoro prestato o l’opera svolta dall’imprenditore, limitando la deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro a quelle sostenute per quello dipendente e per compensi spettanti agli amministratori di società di persone, non consente di dedurre dall’imponibile il compenso per il lavoro prestato e l’opera svolta dall’amministratore unico di società di capitali.

Infatti la posizione di quest’ultimo è equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell’imprenditore, non essendo individuabile, in relazione alla sua attività gestoria, la formazione di una volontà Imprenditoriale distinta da quella della società, e non ricorrendo quindi l’assoggettamento all’altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 24188 del 13/11/2006, n. 21155 del 2005)”.

Inoltre, aggiunge la Corte ad abundantiam,

“in tale materia, rientra nei poteri dell’amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, ancorchè non risultino irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa.

Ne consegue che la deducibilità, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 62, dei compensi degli amministratori delle società (nella specie una s.r.l.) non implica che gli uffici finanziari siano vincolati alla misura indicata in deliberazioni sociali o contratti, competendo all’Ufficio la verifica dell’attendibilità economica dei predetti dati (V. pure Cass. Ordinanza n. 9036 del 15/04/2013, Sent. n. 13478 del 2001).

Del resto il fatto che la deducibilità del compenso all’amministratore ormai possa essere eccepita anche con riferimento alle società di capitali, non cambia affatto il quadro complessivo della fattispecie in esame, dal momento che si tratta di innovazione, introdotta al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 95 dal D.Lgs. n. 247 del 2005, art. 6, comma 6, ed entrata in vigore soltanto l’1.1.2004, giusta il disposto del comma 13, senza possibilità quindi di efficacia retroattiva”.

Nota sulla deducibilità del compenso dell’amministratore unico

La problematica relativa all’indeducibilità o meno del costo del lavoro dell’amministratore unico è da diversi anni alla ribalta.

Già la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24188, depositata il 13 novembre 2006, aveva infatti ritenuto indeducibile dal reddito d’impresa i costi sostenuti a titolo di compenso per il lavoro subordinato prestato dall’amministratore unico di una società di capitali, poiché l’attività gestoria svolta è stata equiparata sotto il profilo giuridico a quella dell’imprenditore individuale. I giudici supremi osservano che secondo giurisprudenza consolidata della Suprema Corte

“la qualifica di amministratore unico di una società non è compatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società, non potendo ricorrere in tal caso l’effettivo assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare di altri, che si configura come requisito tipico della subordinazione (cfr., per tutte, Cass. n. 13009/2003) e tanto per il contenuto sostanzialmente imprenditoriale dell’attività gestoria svolta dall’amministratore unico in relazione alla quale non è individuabile la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione dipendente-amministratore unico (vd. in tal senso Cass. n. 1662/2000 e n. 381/2001)”.

Prosegue la Corte:

“la riconosciuta equiparazione, sotto il profilo giuridico, tra l’attività gestoria svolta dall’amministratore unico di società e quella svolta dall’imprenditore comporta, pertanto, che a norma dell’art.62 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale prevede la deducibilità per spese di lavoro dipendente e per compensi agli amministratori, escludendo espressamente la deducibilità del compenso per l’opera prestata o per il lavoro svolto dall’imprenditore, deve ritenersi non ammessa in deduzione la spesa per compenso di lavoro prestato e dell’opera svolta dall’amministratore unico di società di capitali considerato che l’attività svolta a tale titolo rientra in quella svolta dall’imprenditore”.

Ma la sentenza che si annota conferma l’indirizzo giurisprudenziale che si è formato nel corso di questi ultimi anni, secondo cui il compenso agli amministratori è soggetto alla valutazione di “congruità”, in rapporto alle dimensioni dell’impresa, da parte dei funzionari del Fisco, in quanto la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi rientrano fra i poteri di accertamento previsti dal D.P.R. n. 600/1973.

Proprio di recente l’Amministrazione finanziaria aveva ancora confermato tale posizione.

Con l’ordinanza n. 3243 dell’ 11 febbraio 2013 (ud. 10 gennaio 2013):

Questa Corte ha affermato (Sez. 5, Sentenza n. 9497 del 11/04/2008), che rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa, con possibile negazione della deducibilità di un costo ritenuto insussistente o sproporzionato, non essendo l’Ufficio vincolato ai valori o ai corrispettivi indicati nelle delibere sociali o nei contratti…; e che, poichè rientra nei poteri dell’amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi…

Ed invero dall’eliminazione (in sede di redazione del Tuir) del riferimento del limite delle ‘misure correnti per gli amministratori non soci’ consegue solo la liberalizzazione del concetto di spettanza ai fini della deducibilità. Il mancato riferimento a tabelle o altre indicazioni vincolanti, che pongano limiti massimi di spesa, oltre i quali essi non possano essere deducibili, non confligge con i suesposti principi generali”.

D’altro canto, prosegue la sentenza, è inopponibile all’Amministrazione finanziaria il risultato elusivo ottenuto dall’impresa nel

conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici (cfr. Cass. Sez. 5 20/7/2012 n. 12622; Cass. SU 2.1.12.2008 n. 30055)”.

Talchè viene riaffermato che la deducibilità dei compensi degli amministratori

non implica che gli uffici finanziari siano vincolati alla misura indicata in delibere sociali o contratti (conf. Sez. 5, Sentenza n. 13478 del 30/10/2001; Cass. 27 settembre 2000 n.12813), rientrando nei normali poteri dell’ufficio la verifica dell’attendibilità economica delle rappresentazioni esposte nel bilancio e nella dichiarazione”.

Con l’ordinanza n.9036 del 15 aprile 2013

la Corte di Cassazione ha confermato l’indeducibilità dei compensi elevati dati agli amministratori.

“Questa Corte ha affermato (Sez. 5, sentenza n. 9497 del 11/04/2008), che rientra nei poteri dell’Amministrazione Finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa, con possibile negazione della deducibilità di un costo ritenuto insussistente o sproporzionato, non essendo l’Ufficio vincolato ai valori o ai corrispettivi indicati nelle delibere sociali o nei contratti.

Ha altresì ripetutamente ritenuto (di recente, Sez. 5, sentenza n. 4554 del 25/02/2010; Sez. 5, sentenza n. 26480 del 30/12/2010), che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, incombe al contribuente l’onere della prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina del d.P.R. n. 597 del 1973 e del d.P.R. n. 598 del 1973, che del d.P.R. n. 917 del 1986; e che, poiché rientra nei poteri dell’Amministrazione Finanziaria, in sede di accertamento, la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi”.

Per la Corte, tali principi non risultano incompatibili con la formulazione dell’art. 95, vigente pro tempore, secondo cui

“I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 72, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti”.

Ed invero, il mancato riferimento a tabelle o altre indicazioni vincolanti, che pongano limiti massimi di spesa, oltre i quali essi non possano essere deducibili, non confligge con il suesposto principio generale;

“di talché va in questa sede riaffermato che la deducibilità ai sensi dell’articolo 62 del DPR n. 917 del 1986 dei compensi degli amministratori non implica che gli uffici finanziari siano vincolati alla misura indicata in delibere sociali o contratti (conf. Sez. 5, sentenza n. 1348 del 30/10/2001; Cass. 27 settembre 2000 n. 12813), rientrando nei normali poteri dell’ufficio la verifica dell’attendibilità economica delle rappresentazioni esposte nel bilancio e nella dichiarazione”.

8 gennaio 2014

Gianfranco Antico