Ritenute non certificate: scomputo in dichiarazione non più a rischio; ecco la prassi da seguire

in questo periodo di crisi economica è sempre più frequente il caso in cui il sostituto d’imposta non abbia versato le ritenute d’acconto sui compensi versati ai liberi professionisti: vediamo quali prassi deve attuare il professionista per attestare autonomamente di aver subito la ritenuta. Alleghiamo un fac-simile di dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

Scomputo delle ritenute d’acconto non certificate: come fare?

Lo scomputo di ritenute subite da un lavoratore autonomo, può rappresentare un problema, specialmente quando il sostituto non ha prodotto la certificazione relativa.

Nell’analisi seguente si intende fornire agli operatori un quadro di riferimento per orientarsi, in sede dichiarativa, proponendo soluzioni ed esempi.

 

Ritenute d’acconto e certificazione delle stesse: riferimenti normativi

In questa sede ci occuperemo unicamente della problematica relativa ai lavoratori autonomi, trascurando gli agenti e rappresentanti: sono infatti i primi che, avendo una schiera più o meno numerosa di clienti, talvolta occasionali, vedono reiterarsi annualmente il problema.

L’articolo 25 del D.p.r. n. 600/73 impone di operare una ritenuta a titolo di acconto alle imprese ed ai lavoratori autonomi che erogano compensi di lavoro autonomo (anche occasionale):

“I soggetti indicati nel primo comma dell’articolo 231, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati … per prestazioni di lavoro autonomo, ancorchè non esercitate abitualmente … devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa”.

 

Oltre all’obbligo di operare le predette ritenute a titolo di acconto, viene altresì previsto quello, per i medesimi sostituti d’imposta, di produrre, entro il 28 febbraio di ogni anno, una certificazione attestante l’entità dei compensi sottoposti a ritenute, l’importo delle stesse, il netto corrisposto: quanto precede, ai sensi dell’articolo 4, d.p.r. n. 322 del 22 luglio 1998 .

Stante la natura ascrivibile a dette ritenute, che costituiscono “acconti” sull’imposta sul reddito delle persone fisiche, i “sostituiti” che le subiscono hanno tutto l’interesse a dedurle dall’imposta lorda complessivamente determinata.

Quanto precede trova il proprio riferimento normativo nell’articolo 22 del d.p.r. n. 917/86, Testo Unico delle Imposte sui Redditi vigente:

“Dall’imposta determinata a norma dei precedenti articoli si scomputano nell’ordine: … c) le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo…”.

 

 

Quali rimedi quando manca la certificazione?

Purtroppo, nella prassi operativa, sovente ci si imbatte in sostituti non così solerti nel predisporre ed inviare le certificazioni, che spesso non pervengono affatto agli interessati.

D’altra parte va riconosciuto che, anche questi ultimi, usualmente non se ne accorgono, se non quando la questione emerge, perchè evidenziata dal soggetto cui hanno affidato l’approntamento della dichiarazione dei redditi, e quindi, tardivamente.

E’ a questo punto che emerge la “minaccia”, rappresentata dall’attività di controllo formale delle dichiarazioni, e specificamente, da quanto contemplato dall’articolo 36-ter, comma 2, lettera a, del d.p.r. n. 600/73, che testualmente recita:

“… gli uffici possono: a) escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta … o dalle certificazioni richieste ai contribuenti”.

A questo punto, in mancanza delle certificazioni, come deve comportarsi il lavoratore autonomo interessato?

 

 

La tesi del Notariato e la giurisprudenza di merito prevalente

Il presupposto che attribuisce il diritto a scomputare le ritenute d’acconto, nel senso di considerarle in diminuzione delle imposte da versare in base alla dichiarazione annuale, è fondato sulla circostanza che le stesse siano state correttamente ed effettivamente operate dal sostituto d’imposta.

Pertanto lo scomputo delle ritenute sarebbe legittimo, a prescindere, non soltanto dall’esibizione delle relative attestazioni da presentare all’Erario, ma anche dal versamento delle somme interessate, ad opera del sostituto d’imposta.

In tal senso si è pronunciata la commissione studi tributari del Consiglio Nazionale del Notariato, con lo studio 192-2007/T, denominato Scomputo delle ritenute d’acconto non certificate e non versate a cura del sostituto d’imposta, approvato il 7 dicembre 2007.

Tale interpretazione è conforme a quanto statuito letteralmente dall’articolo 22 del vigente TUIR, che consente lo scomputo delle

“… ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo…”.

 

In verità il Notariato ha assunto un’interpretazione “audace”.

Ma va detto che anche la giurisprudenza di merito prevalente si è mossa in direzione conforme, seppur limitandosi ad asserire che l’assenza delle certificazioni non costituisce elemento di rilevanza imprescindibile ai fini del predetto scomputo.

In tal senso, a titolo esemplificativo, si sono pronunciate la Commissione Tributaria di II Grado di Treviso, decisione 2999 del 3 febbraio 1995 ; la Commissione Tributaria di II grado di Piacenza, con decisione 72 del 30 maggio 1989, commissione tributaria provinciale di Milano, sentenza 490 del 9 ottobre 1998, commissione tributaria regionale della Lombardia, sentenza 188/2001. Si tratta, in verità, di decisioni datate, come, peraltro, quella della Cassazione che, con propria sentenza n°3725 del 3 luglio 1979, ha stabilito che

“il mancato rilascio della dichiarazione attestante l’avvenuta ritenuta da parte di colui che ha effettuato la ritenuta medesima non può comportare per il contribuente (che ha subito la ritenuta)l’obbligo di pagare nuovamente l’imposta”.

Vedremo nel prosieguo che, purtroppo tale sentenza verrà successivamente “smentita” dalla stessa Cassazione, che assumerà un orientamento più restrittivo in merito.

 

 

Ritenute non certificate: la tesi della Cassazione diverge da quella del Notariato

sentenza corte di cassazione

Circa il caso in cui un lavoratore autonomo non riceva la prescritta certificazione da parte del sostituto d’imposta, attestante le ritenute da questi operate, e nel caso in cui lo stesso sostituto non risulti aver neppure versato le stesse ritenute, abbiamo visto quanto asserito dal Notariato, ma ben diverso è l’assunto dei Giudici di legittimità.

La Cassazione, con sentenza n. 14033/2006, ha preso le mosse dall’analisi del disposto di cui all’articolo 64 del decreto sull’accertamento, per affermare quanto segue:

“il fatto che l’articolo 64, primo comma, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 definisca il sostituto d’imposta come colui che ‘in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri…ed anche a titolo di acconto’, non toglie che anche il sostituito debba ritenersi fin dall’origine (e non già solo in fase di riscossione) obbligato solidale al pagamento dell’imposta: in tale qualità, anch’egli è pertanto soggetto al potere di accertamento ed a tutti i conseguenti oneri, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo aver eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’Erario, in tal modo esponendolo all’azione del fisco”.

La logica è quella secondo cui chi subisce le ritenute deve ritenersi, sin dall’origine (e non solo nella fase di riscossione), obbligato in solido al pagamento dell’imposta, con chi le ha operate, con tutte le implicazioni di quanto precede. In sostanza, quindi, il sostituito è soggetto all’accertamento ed al pagamento dell’imposta (anche se ha già subito le ritenute), ferma restando l’azione di regresso verso il sostituto: il terrificante “solve et repete” di latina memoria!

La stessa Cassazione, con sentenza n. 12072 del 14 maggio 2008, ha affermato ulteriormente che

“la certificazione delle ritenute d’acconto non può essere sostituita da documentazione equipollente. Tale certificazione deve essere infatti rilasciata dal sostituto ed a nulla rileva il fatto che la normativa attuale non richieda più l’allegazione della medesima come adempimento del contribuente dichiarante.”

 

In sintesi, quindi, non soltanto i Giudici di legittimità paiono attribuire alla certificazione del sostituto un valore costitutivo, con riferimento al diritto di scomputo, ma si spinge oltre, individuando un vincolo di coobbligazione tra sostituto e sostituito, pur in presenza di rapporti non riconducibili alla sostituzione totale, con rivalsa obbligatoria, ma soltanto ad ipotesi di sostituzione parziale, consistenti nelle ritenute d’acconto.

In relazione all’assunto della Cassazione appena richiamato, possono addursi diverse argomentazioni, tese a confutarne la validità.

In primis, le norme vigenti prevedono la solidarietà tributaria del sostituito soltanto con riferimento alle ritenute a titolo d’imposta, in base al disposto di cui all’articolo 35 del d.p.r. n. 602/73.

Non esiste una norma similare in materia di ritenute a titolo di acconto e, pertanto, pare irrilevante, nella suddetta fattispecie, e con riferimento al sostituito, l’omissione di versamento posta in essere dal sostituto.

Ancora, sulla stessa tematica, potrebbe validamente argomentarsi che la mancanza di coobbligazione tra il sostituto e il sostituito può essere ulteriormente dimostrata osservando come il debito riferito alla ritenuta, potrebbe non coincidere affatto (ed è così, normalmente) con l’Irpef dovuta dal sostituito, che non concerne il solo imponibile assoggettato a ritenuta, ma l’intero imponibile complessivo riconducibile al soggetto passivo d’imposta.

Del resto, nella sostituzione a titolo di acconto è assente l’identità della prestazione, cui fa appello l’articolo 1292 del codice civile, per affermare il sussistere di coobbligazione tra due soggetti.

In conclusione, in aperto dissenso con l’impostazione adottata dalla Cassazione, possono effettuarsi due richiami normativi:

  • va ribadito che il contenuto letterale dell’articolo 22 del TUIR vigente fa riferimento alle “ritenute operate”, e non anche a quelle versate, come presupposto per dare2 il “via libera” allo scomputo da parte del soggetto che le ha subite;

  • occorre infine evidenziare che secondo l’articolo 4, comma 6-ter, del d.p.r. n. 322 del 22 luglio 1998, il sostituto d’imposta deve attestare l’ammontare delle ritenute operate, senza alcun riferimento a quelle effettivamente versate.

 

 

La Risoluzione n. 68/E del 19/03/09: “boccata d’ossigeno” o soluzione definitiva?

agenzia delle entrate chiarimentiL’Agenzia delle Entrate, con il documento di prassi appena richiamato ha aperto uno spiraglio, offrendo la possibilità, per il sostituito, di accedere allo scomputo in discussione, sia pure nell’impossibilità di esibire le tanto agognate certificazioni.

La Risoluzione prende le mosse dal disposto normativo di cui all’articolo 36-ter del d.p.r. n.600/73, che, al proprio comma 2, lettera a, dispone che in sede di controllo formale delle dichiarazioni, gli uffici possono

“escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta … o dalle certificazioni richieste ai contribuenti…”.

 

Secondo l’Agenzia la locuzione “certificazioni richieste ai contribuenti”, utilizzata dall’articolo 36-ter del d.p.r. n. 600/73, va riferita non soltanto a quelle previste dall’articolo 4, commi 6-bis e 6-ter, del d.p.r. 22 luglio 1998, n. 322 , ma

… assume una portata più ampia, idonea a consentire anche l’utilizzo di certificazioni diverse”.

 

Quanto precede appare di particolare rilievo, specialmente con riferimento alla fattispecie oggetto di analisi, quella in cui chi ha subito le ritenute non disponga delle certificazioni utili ad attestarlo.

Infatti, prosegue la risoluzione,

“in tale caso, si ritiene che il contribuente sia comunque legittimato allo scomputo delle ritenute subite, a condizione che sia in grado di documentare l’effettivo assoggettamento a ritenuta tramite esibizione congiunta della fattura e della relativa documentazione, proveniente da banche o altri intermediari finanziari, idonea a comprovare l’importo del compenso netto effettivamente percepito, al netto della ritenuta, così come risulta dalla predetta fattura”.

 

L’Agenzia, in sintesi, ritiene di superare l’impostazione “formale”, legata alla presenza della certificazione rilasciata dal sostituto, per aderire ad una soluzione che privilegi l’effettività e sostanzialità del rapporto in esame : lo scomputo delle ritenute subite, non è più indissolubilmente connesso alla disponibilità delle certificazioni, quanto, piuttosto, all’aver di fatto sopportato il gravame economico rappresentato dalla ritenuta subita.

La risoluzione n. 68/2009 procede quindi, gravando il contribuente di un ulteriore onere procedurale e documentale:

“nell’ipotesi in cui fattura e documentazione siano prodotti in sede di controllo, ai sensi dell’articolo 36-ter del d.p.r. n. 600 del 1973, alle stesse andrà, inoltre, allegata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui il contribuente dichiari, sotto la propria responsabilità, che la documentazione attestante il pagamento si riferisce ad una determinata fattura regolarmente contabilizzata”.

 

Sotto tale aspetto, la richiesta di una dichiarazione sostitutiva d’atto notorio pare sinceramente ridondante rispetto ai risultati che l’amministrazione intende conseguire.

La stessa dichiarazione, infatti, nulla aggiunge di nuovo, rispetto all’esibizione della fattura e della copia della documentazione bancaria, se non la responsabilità penale del dichiarante in cado di attestazioni mendaci.

Viene infine fatta un’ulteriore precisazione in merito al contenuto della citata dichiarazione:

“… con la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà il contribuente è tenuto a dichiarare, sotto la propria responsabilità, che la documentazione prodotta è riferita esclusivamente alla fattura, e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto.”

 

La dichiarazione, pertanto, non dovrà limitarsi ad individuare le fatture che hanno formalizzato il rapporto tra sostituto e sostituito, dovendo ulteriormente attestare che, tra i soggetti interessati non sono intervenuti altri pagamenti. Tale ultima richiesta parrebbe rivestire un duplice profilo:

  • da un lato potrebbe interpretarsi come una sorta di impegno da parte del dichiarante, ad attestare l’inesistenza di rapporti tra le parti non debitamente formalizzati e conosciuti dal fisco;
  • dall’altro una sorta di “monito” allo stesso dichiarante, nel senso che, se a fronte di successivi accertamenti (ad esempio svolti a mezzo di indagini finanziarie…), emergessero transazioni finanziarie non giustificate tra gli stessi contribuenti, si profilerebbero responsabilità penali, da aggiungere alle sanzioni di carattere amministrativo, ordinariamente comminate in ipotesi di omessa o infedele dichiarazione.
  •  

 

 

Una dichiarazione sostitutiva non priva di insidie: suggerimenti ed esempi

In merito all’aspetto da ultimo evidenziato in chiusura del precedente paragrafo, va detto che quanto letteralmente richiesto dalla risoluzione, potrebbe rivelarsi davvero “insidioso”, anche per soggetti privi di intenti frodatori od evasivi.

E’ noto, infatti, come, ad esempio, nella prassi di alcune categorie professionali, esista la possibilità di differire la fatturazione, quando ricevano somme “indistinte” (comprensive di onorari ed anticipazioni di spese in nome e per conto del cliente) che cofluiscono in un fondo spese generico, senza essere immediatamente fatturate3.

E’ per fronteggiare spiacevoli contestazioni od equivoci che, in luogo di attestare quanto letteralmente richiesto4, si potrebbe dichiarare che la documentazione prodotta in allegato consta della copia della fattura emessa, e della documentazione rilasciata dall’Intermediario Finanziario, attestante lo specifico incasso della sola fattura così identificata, peraltro regolarmente contabilizzata dal dichiarante.

Tale soluzione permette di rispettare la realtà dei fatti, evitando di cadere in “trappole” potenzialmente pericolose, tese dalla “letteralità” del contenuto del documento di prassi: da rilevare, peraltro, che una simile soluzione operativa è pacificamente accettata dagli uffici.

Volendo produrre un esempio tratto dalla prassi, si veda quanto di seguito sinteticamente proposto:

 

 


DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI ATTO NOTORIO

(ai sensi dell’articolo 47 del d.p.r. n°445 del 28.12.2000)

Il sottoscritto XX esercente l’attività di ingegnere libero professionista

PREMESSO

  • che è in corso di effettuazione un controllo della dichiarazione Modello Unico Persone Fisiche da me presentata con riferimento all’anno solare 2010, ai sensi dell’articolo 36-ter del d.p.r. n. 600/73;

  • che, a seguito del predetto controllo mi è stato richiesto di produrre le certificazioni relative ai compensi assoggettati a ritenuta a titolo di acconto Irpef, rilasciate dai sostituti d’imposta ai sensi dell’articolo 4, commi 6-bis e 6-ter del d.p.r. n. 322/1998 ;

  • che, alla data odierna non dispongo delle citate certificazioni, con riferimento ad alcuni sostituti;

alla luce di quanto premesso, ed in conformità a quanto previsto dall’Amministrazione Finanziaria, con la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n°68/E del 19.03.2009,

DICHIARO

Sotto la mia personale responsabilità che, con riferimento ai soli sostituti d’imposta che non mi hanno fatto pervenire le rispettive certificazioni, elenco di seguito le fatture e la documentazione bancaria attestante l’incasso delle stesse, al netto delle ritenute a titolo di acconto irpef in esse evidenziate. Preciso altresì che tutte le fatture di seguito analiticamente richiamate risultano regolarmente contabilizzate ed annotate nei registri contabili obbligatori; aggiungo che, ad ogni fattura descritta nella seguente elencazione, segue la documentazione di riferimento, rilasciata dall’Intermediario Finanziario, e riportante lo specifico incasso, riferito alla sola fattura interessata.

Procedo ad elencare, in ordine progressivo, le fatture di cui sopra:

 

Sostituti di imposta

Fatture

Imponibile

Ritenuta a titolo di acconto

Netto a pagare

Alfa s.p.a.

P.Iva e C.F.

N°10 de 30.01.2010

2000,00

400,00

1600,00

Beta s.r.l.

P.Iva e C.F.

N° 02 del 20.02.2010

4000,00

500,00

3500,00

Gamma s.r.l.

P.Iva e C.F.

N° 12 del 10.07.2010

3000,00

600,00

2400,00

 

In conclusione ribadisco che ogni fattura sopra elencata è stata da me incassata, nel corso dell’esercizio 2010, al netto delle relative ritenute a titolo di acconto Irpef. In attuazione del disposto di cui all’articolo 38, del d.p.r. n.445/2000, unisco alla presente copia fotostatica del mio documento identificativo (estremi del documento…).

 

Data e Firma

 


 

 

Il caso del “fondo spese” ricevuto da professionisti: deroghe alla fatturazione e determinazione del “momento” corretto in cui operare la ritenuta

Come si è avuto modo di accennare nel paragrafo precedente, esistono categorie professionali, che, usufruendo della facoltà in tal senso concessa loro dall’articolo 3 del dm 31 ottobre 1974, possono differire il momento di emissione della fattura, qualora abbiano percepito somme indistinte.

Con la predetta espressione si intende riferirsi a somme erogate senza distinguere la quota relativa ai compensi da quella relativa a spese da sostenere in nome e per conto dei clienti.

Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la fattura andrà emessa entro 60 giorni dalla data di costituzione del fondo generato con le somme versate.

Tale differimento è tuttavia subordinato all’annotazione della costituzione del predetto fondo nell’apposito registro delle “somme in deposito”, ovvero nel cronologico delle movimentazioni finanziarie, qualora il lavoratore autonomo libero professionista sia dotato di contabilità ordinaria, per obbligo o per opzione indifferentemente.

La problematica relativa alla ritenuta da operare ed al termine di versamento della medesima, trova soluzione a partire dall’esame dell’articolo 25 del d.p.r. n. 600/73:

“I soggetti indicati nel primo comma dell’articolo 235, che corrispondono …compensi comunque denominati…devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento”.

 

Perchè emerga l’obbligo di operare la ritenuta, è pertanto indispensabile che le somme percepite dai professionisti abbiano natura di compensi; si rende pertanto necessario individuare con precisione il momento in cui le somme percepite possano assumere natura di compenso; quanto precede, dal momento che un introito avente mera natura di debito, non genera alcun effetto in materia di obblighi gravanti sui sostituti d’imposta.

La costituzione di un fondo spese non ha alcuna rilevanza in tal senso, rendendosi invece determinante determinare il diverso momento in cui la qualificazione giuridica attribuibile alle somme in esso contenute (o di parte di esse) possa mutare rendendo obbligatoria l’effettuazione della ritenuta a titolo di acconto.

Si tratta di una questione che è stata oggetto di esame dalla commissione studi tributari del Consiglio nazionale del Notariato (su veda in merito lo studio 109/2001/T approvato il 22 marzo 2002).

Secondo il Notariato, la ritenuta potrà considerarsi operata, non a decorrere dalla costituzione del fondo spese, bensì da quando viene emessa la fattura, ad opera del professionista (entro i 60 giorni dalla costituzione del fondo).

E’ da tale momento, infatti, che quest’ultimo, avendo quantificato in via definitiva l’ammontare del proprio compenso, dovrà emettere fattura e far scattare in termine di versamento della ritenuta.

Quest’ultima dovrà essere versata entro il giorno 16 del mese seguente a quello di emissione della fattura, che si considera come data coincidente con quella di pagamento del compenso ivi rappresentato.

 

19.06.2013

Giuseppe Pagani

 

1 Principalmente si tratta, come anticipato, di società di persone e di capitali, imprese individuali e lavoratori autonomi : tutti i soggetti qualificabili come “sostituti d’imposta”.

2 Si tratta dell’articolo che tratta delle “Dichiarazioni e certificazioni dei sostituti d’imposta, nel d.p.r. n. 322/1998, contenente la previsione delle certificazioni da rilasciare da parte dei sostituti d’imposta che operino ritenute a titolo di acconto.

3 Ai sensi dell’articolo 3, dm 31 ottobre 1974.

4 Ci si riferisce alla richiesta di attestare che “non vi sono altri pagamenti da parte del sostituto”.

5 Si tratta, in sintesi, dei sostituti d’imposta.