Cooperative in crisi e sospensione del rapporto di lavoro col socio

anche le società cooperative, in fase di crisi aziendale, possono interrompere il rapporto di lavoro col socio lavoratore: vediamo quali sono le condizioni richieste per tale opzione

Il ministero del Lavoro (Interpello Min. Lavoro e politiche sociali 24.1.2013 n. 1), a seguito di un’istanza di interpello presentata dalle associazioni del Movimento cooperativo Agci – Confcooperative-Legacoop, ha fornito importanti chiarimenti in merito all’istituto della sospensione del rapporto di lavoro da parte della cooperativa con i propri soci lavoratori ed, in particolare, sulla possibilità di inserire la sospensione in parola nel regolamento interno approvato in sede assembleare, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 142/2001.

Si rammenta, in estrema sintesi, che il predetto regolamento può attribuire all’assemblea dei soci della cooperativa, la facoltà di deliberare all’occorrenza un piano di crisi aziendale, volto alla salvaguardia dei livelli occupazionali, mediante il quale stabilire la possibilità di una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi (trattamenti riconosciuti in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30% delle retribuzioni complessive – art. 3 c. 2 lett. b della legge n. 142/2001) ovvero il divieto di distribuzione degli eventuali utili per l’intera durata del piano di crisi aziendale.

In altre parole, in particolari situazioni di crisi aziendale, il regolamento interno dell’ente cooperativo, che deve in ogni modo garantire il rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento nei confronti dei soci lavoratori (Cass. sent. n. 22816/2009), può consentire all’assemblea dei soci la possibilità di deliberare un piano che, con l’obiettivo di salvaguardare per quanto possibile i livelli occupazionali, possa prevedere la riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi, ovvero il divieto di distribuzione degli utili.

In ogni caso, il principio generale che deve essere sempre tenuto presente, anche in stato di crisi, è che il trattamento economico minimo previsto per i soci lavoratori, trattamento che deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore (art. 3 co. 1 legge n. 142/2001), non può essere derogato in pejus. Peraltro, il ministero del lavoro, in epoca abbastanza recente (interpello n. 7/2009) ha avuto modo di precisare che, al fine di evitare possibili abusi a danno dei soci lavoratori, la deliberazione del “piano di crisi aziendale” deve contenere elementi adeguati e sufficienti tali da esplicitare:

  • l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge;

  • la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi;

  • uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi in esame.

Tuttavia, preso atto che le esigenze delle imprese appaiono mutate e il predetto piano di crisi non pare più idoneo ad arginare la grave situazione di crisi in cui versano molte cooperative, in caso di riduzione dell’attività lavorativa per cause di forza maggiore o di circostanze oggettive, ovvero nelle ipotesi di crisi determinate da difficoltà temporanee della cooperativa, il Ministero del lavoro ritiene possibile che il regolamento interno della cooperativa possa prevedere anche l’istituto della sospensione del lavoro e, quindi, delle reciproche obbligazioni contrattuali, al fine di evitare il rischio di licenziamenti.

Tale interpretazione è supportata, peraltro, dal dettato normativo dell’art. 1, c. 2, lett. d) della legge n. 142/2001, laddove è stabilito che i soci lavoratori “mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa”.

In conformità ai citati principi di trasparenza e parità di trattamento e di trasparenza richiamati anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 22816/2009), il Ministero del lavoro, in via meramente prudenziale, afferma che le cause legittimanti la sospensione temporanea dell’attività, per le quali non è stata presentata richiesta di ammortizzatori sociali, debbano comunque essere specificatamente individuate dal regolamento interno ed essere di volta in volta deliberate dal consiglio di amministrazione della cooperativa o comunque da chi abbia titolo secondo statuto.

Peraltro, unitamente alle previsioni di cui sopra, risulta di fondamentale importanza che nell’ambito del regolamento interno, vengano riportate in modo non equivoco le condizioni che consentano, nel periodo di sospensione concordata delle reciproche prestazioni, un equilibrato utilizzo di tutta la forza lavoro della cooperativa, mediante specifica individuazione di criteri oggettivi di turnazione e/o rotazione del personale.

 

30 aprile 2013

Sandro Cerato