Lavoro accessorio, prestazioni occasionali: sanzioni pesanti se si supera il limite annuale di compensi

l’utilizzo di collaboratori con le modalità del cosiddetto lavoro accessorio al di là dei limiti previsti per tale tipologia di forma di collaborazione, implica importanti sanzioni per i datori di lavoro

La nuova formulazione del lavoro accessorio, in vigore dal 18 luglio 2012, prevede che per prestazioni di lavoro accessorio si debbano intendere attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a € 5.000 nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente”.

In deroga alla disciplina “generale” appena richiamata, la norma prevede ulteriori limitazioni: fermo restando il limite complessivo di Euro 5.000, le prestazioni rese a favore dei committenti imprenditori commerciali (qualsiasi imprenditore, persona fisica o giuridica, che svolge una qualsivoglia attività economica in qualsiasi settore produttivo) e professionisti (coloro che svolgono un’attività di prestazione d’opera intellettuale, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione), possono essere svolte per compensi non superiori a € 2.000 a favore di ciascun singolo committente. In altre parole, il prestatore potrà svolgere prestazioni occasionali nel rispetto dei seguenti vincoli reddituali:

  • 5.000, valore massimo dei compensi annui complessivamente percepiti;

  • 2.000, valore massimo dei compensi annui complessivamente percepiti da ciascun singolo committente.

Sul punto, è opinione diffusa che i predetti limiti debbano intendersi al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali; pertanto, il limite lordo per ciascun committente sarà di € 2.660 (corrispondenti ad € 1.995 netti), ovvero nel limite lordo annuale per il prestatore di € 6.660 (corrispondenti ad € 4.995 netti) complessivamente percepiti. L’utilizzo del lavoro accessorio – alla luce dei recenti chiarimenti del Ministero del Lavoro (circolare n. 4 del 18.01.2013) – potrebbe, però, riservare particolari sorprese alle imprese e professionisti, tali da rendere del tutto rischioso il ricorso a questa tipologia contrattuale. Infatti, secondo quanto precisato dal Ministero del lavoro nella richiamata circolare, l’utilizzo del lavoro accessorio oltre i limiti quantitativi (e pertanto qualificatori dell’istituto) relativi al compenso erogabile o percepibile dal lavoratore, potrebbe comportare la trasformazione del rapporto di lavoro accessorio, in un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, con applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative. Tuttavia, tale conseguenza è limitata al caso in cui il prestatore sia impiegato in un’attività funzionale all’attività di impresa o professionale, cioè quando le mansioni svolte dal lavoratore occasionale sono “veramente fungibili con le prestazioni rese da altro personale già dipendente dell’imprenditore o del professionista”.

Nel caso di prestazione di giardinaggio presso un’impresa metalmeccanica, ad esempio, non appare possibile la conversione del rapporto di lavoro appena indicata. Tuttavia, per ovviare alla predetta sanzione, il Ministero dei lavoro consiglia ai committenti di farsi rilasciare (dai lavoratori) un’autodichiarazione ai sensi dell’art. 46, c. 1, lett. o del DPR n. 445/2000, nella quale questi attestino di non aver ancora superato, per l’anno in corso, il limite complessivo di € 5.000, nonché, si aggiunge, l’indicazione di quanto sinora percepito dagli stessi, in modo da permettere al committente di quantificare correttamente per quanto tempo ancora potrà impiegare il medesimo prestatore (tale ultima verifica potrebbe, peraltro, essere effettuata direttamente dallo stesso datore di lavoro).

Ad ogni modo, non si avranno conseguenze in capo al datore di lavoro che ricorre al lavoro accessorio, in caso di dichiarazioni mendaci rilasciate dal prestatore con riferimento al mancato superamento dei limiti: in tal caso il lavoratore potrà incorrere in conseguenze penali previste in caso di false dichiarazioni. Importanti chiarimenti vengono forniti dal Ministero del Lavoro con riferimento all’introduzione del cd. “regime orario” dei buoni lavoro ( o “voucher”), ovvero l’indicazione di una precisa corrispondenza tra il valore di un buono lavoro e la prestazione lavorativa: ogni buono lavoro deve necessariamente corrispondere ad una prestazione di lavoro almeno pari ad un’ora lavorativa (60 minuti). Nello specifico, la richiamata circolare ribadisce che la quantificazione del compenso a favore del lavoratore occasionale non deve essere più lasciata alla “negoziazione” tra le parti (committente e prestatore) ma è ancorata alla durata della prestazione stessa sulla base del parametro orario: il prestatore ha diritto, per ogni ora di lavoro, ad almeno un buono lavoro del valore di € 10 nominali, ferma restando una diversa (maggiore) quantificazione del valore della prestazione lavorativa.

Ai fini della verifica circa la ricostruzione della durata della prestazione, viene introdotto un limite temporale alla validità del voucher: dal momento dell’acquisto dello stesso, il buono avrà validità per massimo 30 giorni e non potrà essere utilizzato per prestazioni lavorative successive a tale termine. In buona sostanza, la modifica introdotta rende utilizzabile il buono lavoro limitatamente per 30 giorni dalla data di acquisto. Ciò comporta che il committente che ha necessità di ricorrere periodicamente al lavoro accessorio dovrà procedere a più acquisti di buoni lavoro, essendo gli stessi validi solo per 30 giorni.

Per quanto riguarda gli aspetti sanzionatori previsti per l’utilizzo del buono lavoro al di fuori del periodo consentito (30 giorni dal momento dell’acquisto), il Ministero del lavoro precisa che trova applicazione la medesima sanzione prevista per il superamento dei limiti quantitativi di lavoro accessorio, ovvero la trasformazione del rapporto di lavoro accessorio, in un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, con applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative.

Infine, la circolare n. 4/2013 ricorda che i voucher già richiesti prima dell’entrata in vigore della legge di riforma del mercato del lavoro, ovvero quelli già acquistati prima del 18 luglio 2012, possono essere utilizzati entro il prossimo 31.05.2013 rispettando la precedente disciplina anche e soprattutto in relazione al campo di applicazione del lavoro accessorio (ciò significa che valgono le distinzioni di attività per lavoratori e committenti per importo e per periodo ecc.). A ciò si aggiunga che i buoni acquistati prima del 18 luglio 2012 non devono essere conteggiati ai fini del raggiungimento dei nuovi limiti di € 5.000 e di € 2.000 e che rispetto ad essi non sussiste alcun vincolo di parametrazione oraria.

 

18 febbraio 2013

Sandro Cerato